Mosca, cos'è cambiato dopo le elezioni

martedì 10 settembre 2013


Nulla di nuovo sotto il sole di Mosca? Non proprio. Il voto nella capitale russa ha di nuovo dato la vittoria del fronte di Putin (Russia Unita) con l’elezione del suo candidato Sergej Sobjanin. Tuttavia ci sono due grandi novità. Primo: ci sono state delle elezioni. Secondo: il candidato putiniano ha vinto, ma non trionfato. Ciò che invece resta costante è il timore e il sospetto (fondato) di brogli elettorali. La prima novità è più importante di quanto non si pensi. Le ultime elezioni dirette del sindaco di Mosca e dei presidenti delle regioni (oblast) russi erano avvenute nel 2003.

Nel 2004, dopo il massacro ceceno a Beslan, per paura della crescita di movimenti secessionisti e per coordinare meglio la lotta al terrorismo, Putin aveva abolito le elezioni locali, cancellando, di fatto, il federalismo dalla Repubblica Federale Russa. Quando quella riforma fu varata, giunse come se fosse il culmine di un lungo percorso autoritario del nuovo presidente: nel 1999 la seconda guerra in Cecenia, nel 2002 la brutale guerra al terrorismo (con la strage del teatro Dubrovka), nel 2003 l’inizio della lotta agli “oligarchi” con l’arresto dell’imprenditore e oppositore Khodorkovskij, nel 2004, dopo la strage di Beslan, la soppressione delle autonomie locali. La fine ufficiale della guerra russa al terrorismo è datata 2010.

Il pretesto per l’abolizione delle elezioni locali, dunque, non c’era già più. Nel 2012 il neo-ri-eletto presidente Vladimir Putin ha ripristinato la democrazia locale. Ora, è sempre possibile interpretare questa nuova riforma come un’astuta mossa da Kgb: si ripristina la democrazia a livello locale, quando si è certi di aver già fatto piazza pulita degli oppositori È anche probabile che, chi è nato, cresciuto, è stato educato e addestrato e ha lavorato sotto le insegne dell’ex servizio segreto sovietico, ragioni così. I precedenti ci furono, ma dimostrarono l’insuccesso di questa strategia.

Il Kgb, nel 1989, era ben contento della fine dei regimi del Patto di Varsavia, considerati ormai vetusti e inaffidabili. Il Kgb, indirettamente, favorì le elezioni nei Paesi che erano al di là della cortina di ferro. Ma i comunisti le persero tutte. Se l’ultimo presidente dell’Urss, Michail Gorbachev, almeno fino al 1989, si illudeva che il marxismo-leninismo potesse vincere in elezioni libere, dopo quella data scoprì che il suo sistema poteva stare in piedi solo con la forza. E i suoi ultimi due anni furono caratterizzati da repressioni sempre più dure (a Tbilisi, Baku, Riga, Vilnius) finché lui stesso fu vittima di un golpe di falchi più realisti del re. Putin, da un certo punto di vista, ha imparato la lezione. Prima di concedere di nuovo libere elezioni, ha fatto passare un decennio di “putinizzazione” della società.

 Il monopolio politico di Russia Unita, a livello locale e nazionale, ha penetrato ogni istituzione, televisione, giornale, burocrazia. Grazie a questo monopolio, Putin ha portato a compimento il suo disegno economico, con la centralizzazione della grande industria (specie quella energetica) e una progressiva liberalizzazione del commercio, fino all’ingresso nel Wto. Il relativo benessere che si è venuto a creare negli ultimi anni, la nascita di una vera classe media russa e la stabilità dei conti sono tutti fattori che dovrebbero favorire Putin, anche in elezioni libere. Dall’altra parte, gli oppositori più ricchi e “pericolosi” sono stati messi in condizioni di non nuocere.

Lo stesso candidato dell’opposizione a Mosca, Aleksej Navalnij, ha già una condanna per truffa sulla sua testa. Era libero solo per competere nelle elezioni. Ora che le ha perse … I risultati elettorali di Mosca costituiscono la seconda grande novità. Non c’è una vittoria di due terzi, ma di poco più della metà. Il sindaco post-comunista Luzhkov aveva vinto le ultime elezioni del 2003 con il 75% dei voti. Sobjanin, ieri, le ha vinte con il 51,2%. Navalnij denuncia brogli, chiede di annullare i voti spediti da casa (meno controllabili) e ricontare il tutto. Secondo il sondaggio commissionato dalla sua campagna, il risultato reale dava sempre Sobjanin in vantaggio, ma con il 46% dei voti.

 Un risultato che lo avrebbe costretto al ballottaggio nel secondo turno. La denuncia dei brogli sta diventando una costante nella Russia degli ultimi quattro anni. Lo sviluppo più probabile, visti i precedenti, è quello di un arresto di Navalnij (su cui pende la condanna a cinque anni di carcere) e nuove manifestazioni contro i brogli, già a partire da oggi. Ma è tutta vita. Almeno ci si batte. Non c’è più il monolitismo di uno Stato diretto interamente dalla classe dirigente del Cremlino.


di Stefano Magni