Godfrey Bloom, l’uomo che diceva la verità

venerdì 9 agosto 2013


«Ma come sia possibile, quando abbiamo già un problema di debito, regalare un miliardo di sterline al mese per la terra del Bongo Bongo, va oltre la mia comprensione». Soldi che vengono usati «Per comprare occhiali Ray Ban, appartamenti a Parigi, Ferrari e il resto va nel calderone degli aiuti internazionali. Noi abbiamo bisogno di una nuova squadriglia di F-18. E a chi vanno gli F-18? Al Pakistan, che si prende i nostri soldi». Parole sante, verrebbe da dire, soprattutto quando pensiamo a quali realtà disgraziate, a quali regimi corrotti e anche ostili vanno i soldi del contribuente. Anche del contribuente italiano, non è solo un problema britannico. A pronunciare queste parole piene di buon senso è Godfrey Bloom, del partito euroscettico britannico Ukip, durante un comizio nel West Midlands. Eppure, proprio per questo motivo, per questo discorso, è stato accusato di razzismo e ha dovuto ritrattare e fare autocritica. Razzismo? Sì, tornate indietro all’inizio del suo discorso. Nella prima frase leggete “terra del Bongo Bongo”? Sì? Allora quello è già un peccato mortale di razzismo.

Anche se non si riferisce ad alcuna persona in particolare (non ha definito “orango” una ministra britannica), né alcun Paese in particolare, quel “Bongo Bongo” proprio non va detto, secondo i dettami del pensiero politicamente corretto. Qualcuno potrebbe identificarcisi e offendersi, a quanto pare. Il Pakistan, però, gli aerei se li prende veramente. E intanto ha ospitato Bin Laden sul suo territorio per 11 anni (offendendosi, persino, quando sono stati gli americani a ucciderlo). E quanti dittatori e dittatorelli del terzo mondo, con i loro amici, parenti e clienti, usano realmente i soldi della cooperazione internazionale per comprarsi Ray Ban, Ferrari e appartamenti a Parigi? Chiedetelo alla vedova di un noto leader palestinese per avere qualche dettaglio in più. Però definire queste disgraziate realtà (beneficiarie degli aiuti pagati dai nostri contribuenti) come “terre del Bongo Bongo”… no, questo no. È razzismo.

Anche se Godfrey Bloom è circondato da uno staff multirazziale, che include due uomini dal Kashmir. Ed è marito di una donna polacca (notoria “terra di idraulici e badanti”). La dittatura del pensiero politicamente corretto lo sta fulminando ancora. Perché ha osato addirittura prendere in giro le femministe: «Il femminismo moderno è nato nei falò dei reggiseni degli anni ’70, quelli fatti da alcune pigre donne della classe media, con certe caratteristiche fisiche, che non rappresentavano sicuramente la maggioranza». Insomma, complessate, pigre, minoritarie. E come non dargli ragione? Col senno di poi… L’attacco che ha offeso di più, però, è stato quando ha detto che «Nessun imprenditore sano di mente e dotato di autostima andrebbe ad assumere una ragazza che può rimanere incinta». Apriti cielo. Volano accuse di razzismo di genere.

Eppure è reale: soprattutto in tempi di crisi, nessuno si andrebbe a vincolare assumendo una donna che domani può rimanere in cinta e non puoi più licenziare. Col risultato che, se non puoi licenziare, non assumi. Bloom ha spiegato chiaro e tondo la sua posizione in merito: «Era un commento scherzoso – ma seriviva – a illustrare un problema molto serio: che la legislazione (europea, ndr) sull’eguaglianza dei diritti escluderà sempre più donne dal mondo del lavoro». Ma nessuno guarda ai contenuti. Tutti pensano al linguaggio e si scandalizzano. In realtà è per censurare contenuti considerati “scabrosi” (troppo liberali), ma senza attaccarli direttamente, cogliendo la scusa di un linguaggio “inaccettabile”. Così si muove la dittatura del pensiero politicamente corretto. E noi ci caschiamo. Fa bene l’euroscettico Bloom a rispondere, alle ultime critiche e accuse, con un laconico: «Se ho offeso qualcuno nella terra del Bongo Bongo, posso scrivere al suo ambasciatore e scusarmi personalmente». Peccato che poi, pressato dai vertici del suo stesso partito, abbia dovuto piegarsi e fare autocritica. Seguirà un periodo di rieducazione.


di Stefano Magni