I segreti degli Usa violati da due ragazzi

giovedì 1 agosto 2013


Chiudere la stalla quando i buoi sono fuggiti. I “buoi”, in questo caso, sono centinaia di migliaia di documenti e di informazioni segrete sfuggite al controllo dell’intelligence statunitense. Il processo a Bradley Manning e la caccia a Edward Snowden (il cui padre è stato contattato ieri dall’Fbi per cercare di “redimere” il figlio) sono provvedimenti tardivi, a danno ormai fatto. Bradley Manning ha ceduto tutto quel che aveva per le mani a WikiLeaks, compromettendo agenti, operazioni segrete, comunicazioni riservate fra le ambasciate e il Dipartimento di Stato. Edward Snowden ha rivelato al grande pubblico internazionale l’esistenza di un intero sistema elettronico di monitoraggio delle informazioni. Senza scendere in dettagli ed evitando di esprimere un giudizio sulle operazioni stesse (cosa già fatta in altre occasioni in questo giornale), si è trattato certamente di due grandi falle dell’intelligence americana. Ad aprirle sono stati due “signor nessuno”.

Un soldato semplice (Manning) privo di grandi responsabilità e un tecnico informatico (Snowden) che non era nemmeno alle dipendenze dirette dell’Nsa, essendo un impiegato di una compagnia privata a cui era stato appaltato parte del lavoro. Due personaggi totalmente al di fuori del processo decisionale, hanno aperto una crisi diplomatica senza precedenti. Il caso più grave, nel passato recente, era stato quello di John Walker, alto ufficiale della marina, aveva spiato i segreti del comando navale per conto dei sovietici. Arrestato nel 1985, si era parlato anche di pena di morte (pena che poi non gli era stata comminata). Ma almeno era un alto ufficiale. E i sovietici avevano dovuto fare un gran lavoro per reclutarlo e coprirlo per 18 anni. Un altro mondo. Dietro Manning e Snowden, al contrario, non c’è alcun addestramento, alcun accesso ufficiale ai documenti segreti, alcun grande servizio segreto straniero e nemico, alcuna grande copertura. Dietro ai due casi recenti di “gola profonda” ci sono solo giovani uomini, praticamente dei ragazzi, forti della loro convinzione personale di dover rivelare al mondo grandi segreti. Nel nome della trasparenza, promessa da Obama e mai realmente ottenuta.

Nel nome della democrazia, che Internet illude di poter rendere veramente universale. Nel nome della libertà, che è alla base del sistema americano, anche se quest’ultimo deve essere difeso da un esercito e da un servizio segreto. Questi sono gli “spioni” del XXI Secolo. Dietro di loro c’è un solo grande punto di domanda: come è stato possibile che avessero accesso a tutti quei dati? Per Bradley Manning l’accusa chiede 136 anni di carcere, almeno due volte tanto la sua vita residua. Passerebbe il resto dell’esistenza in galera. Se dovesse essere confermata, la sua sentenza dovrebbe servire a scoraggiare altri futuri Manning. L’accusa ritiene che “grazie al suo addestramento nel ruolo di intelligence”, il soldato avrebbe dovuto sapere di quali conseguenze era foriero il suo gesto. Ci mancherebbe altro: chi ha la possibilità materiale di mettere le mani su un tesoro di dati segreti di quel calibro, non dovrebbe neppure sapere a cosa servono? Il vero mistero riguarda semmai l’assenza di responsabilità dei (e di relative indagini sui) suoi superiori.

Chi gli ha permesso di accumulare e spedire centinaia di migliaia di documenti? Bradley Manning, almeno, era un militare, anche se la sua responsabilità era limitata. Per Snowden non vale neppure questo discorso. È un tecnico, un civile, non è un agente segreto, né un alto funzionario della National Security Agency. E quindi come era possibile che venisse messo a conoscenza di tutto il funzionamento di un sistema di sorveglianza “segreto”? Al punto da poterne pubblicare le schede illustrative in Power Point? Senza entrare nel merito delle informazioni rivelate, l’unica realtà e l’unico vero pericolo che gli Usa dovranno fronteggiare, d’ora in avanti, è capire come mai il suo sistema sia così facilmente penetrabile. La prima potenza del mondo, impegnata in un lungo conflitto contro il terrorismo e in una seria competizione militare con la Cina e con la Russia, non può più permettersi di trascurare questo “dettaglio”.


di Stefano Magni