Quella rottura tra Ue e Israele

sabato 27 luglio 2013


Sono settimane, forse mesi, che vado convincendomi che esistano almeno due piani paralleli della realtà. Un universo fatto a due dimensioni, dove gli abitatori dell’un piano esistenziale e dell’ altro, pur avendo le medesime sembianze e conducendo una vita apparentemente simile, in effetti abbiano reazioni , stimoli e percezioni della realtà molto diversi.

In una dimensione è collocata la società italiana e, in primis, la sua politica. Con essa tutti gli attori e le comparse che la animano quotidianamente. Nell’altra dimensione, invece, c’è il resto del mondo con le sue dinamiche, distante anni luce dai “ragionamenti” e dagli scenari che quotidianamente vengono allestiti dai protagonisti del “teatro” italiano. Un esempio. La prosecuzione pubblica, da parte del nostro Ministro degli Esteri, della polemica sull’affare Shalabayeva con le autorità del Kazakistan appare una cosa folle, quasi lunare, dell’altro mondo. Tanto più perché rischia di ripercuotersi sulle relazioni di partnership ancora in essere tra i due Paesi. La Ministra, penso si dica così, ha detto in Parlamento che la vicenda della signora Shalabayeva non la fa dormire la notte. Per questa ragione la vicenda, lungi dal ritenersi conclusa, avrà, secondo la Bonino, un seguito anche a costo di decretare l’espulsione dall’ Italia dell’attuale ambasciatore, Andrian Yelemenessov.

Ministra, mi permetta, si rende conto delle conseguenze che potrebbero esserci per la sola minaccia di un atto tanto grave? Non sarebbe meglio, invece, stendere un velo di misericordioso silenzio sull’intera questione kazaka, dopo le ripetute figure barbine messe a segno dal nostro governo? Prima glie l’ abbiamo impacchettata e consegnata, la signora Shalabayeva, e dopo la volevamo indietro. L’abbiamo espulsa e poi le abbiamo detto”sei su scherzi a parte”, puoi tornare. Stiamo gridando da giorni, a tutto volume, che il Kazakistan, quello stesso Kazakistan con cui facciamo affari d’oro tanto da esserne partner privilegiati, è una sentina maleodorante e quel suo presidente, quel tale Nazarbayev, è un impresentabile, un dittatore, insomma una schifezza di persona che ordina il sequestro di suoi concittadini residenti all’estero, salvo poi a sentirci dire dagli “impresentabili” kazakistani ” scusate, ma la signora Shalabayeva l’avete espulsa voi”. Forse saremo contenti solo quando gli effetti di questa incredibile vicenda si faranno sentire sulla tenuta dei rapporti commerciali e strategici tra i due Paesi. Allora forse saremo soddisfatti del bel lavoro compiuto. Anche questa, certo, è una linea politica. Non saprei come classificarla in stretta terminologia tecnico-diplomatica. Dalle mie parti questo comportamento ha una sua specifica definizione, magari poco elegante ma efficace: essere cornuti e maziati.

Non sarebbe forse il caso di volgere altrove lo sguardo, visto che gli altri, a partire dai nostri partner europei, ne stanno combinando di tutti i colori? Naturalmente, poiché noi siamo tutti presi dall’altra dimensione, non ci curiamo di quel che accade nello spazio riservato al resto del mondo. E’ di queste ore la notizia, completamente passata sotto silenzio dalla stampa nostrana, che la UE avrebbe annunciato l’intenzione di tagliare i fondi di sostegno a Israele per quei progetti e quelle iniziative di sviluppo programmate nei territori occupati dopo il 1967. In particolare la questione riguarderebbe la parte occidentale di Gerusalemme, le alture del Golan e la Cisgiordania. Messa così, sarebbe come sganciare una bomba al centro dei negoziati di pace israelo-palestinesi. E’ credibile pensare che gli israeliani, per avere un po’ di finanziamenti, possano firmare aucertificazioni ai burocrati della UE con le quali dichiarino che i territori collocati oltre la linea verde non appartengono allo Stato di Israele ma sono illegalmente occupati? Si tratta di una scempiaggine priva di senso.

Nella parte occidentale di Gerusalemme è collocato il Muro del Pianto, il luogo più sacro per il popolo ebraico. Le alture del Golan, con la Siria sconvolta dalla guerra civile nel corso della quale le forze dell’islamismo radicale stanno interpretando un ruolo da protagonista, rappresentano la finestra aperta sui maggiori centri urbani dello Stato israeliano. La Cisgiordania è divenuta terra di scontro tra l’establishment dell’ Autorità palestinese controllata da Fatah e le milizie di Hamas, al punto che sarebbe francamente difficile anche individuare a chi eventualmente consegnare i territori. Di certo non a un’organizzazione che rinvendica al primo punto del suo statuto il diritto-dovere della distruzione dello Stato di Israele, a prescindere da ogni trattato di pace che possa essere firmato. Come se non bastasse, ad aggiungere benzina sul fuoco ci si mette anche la baronessa Catherine Ashton, diafana figura di rappresentante della politica estera della UE. Lady Ashton, lo riferisce il quotidiano olandese "Trouw", vorrebbe introdurre entro la fine dell’anno una specifica etichetta sui prodotti provenienti dai territori occupati, di modo che, rendendoli riconoscibili, i consumatori dall’area UE possano valutarne l’opportunità dell’acquisto.

A parte il cattivo gusto, l’idea neanche è tanto originale, già settantadue anni fa si pensò di etichettare gli ebrei per renderli immediatamente riconoscibili e non mi sembra che la cosa sia finita bene. Ma ciò che appare inaccettabile è questo intervento a gamba tesa dell’UE in un momento di particolare difficoltà del negoziato tra le due entità stanziate su quel fazzoletto di terra. Di buon senso appare l’ appello lanciato dal presidente Shimon Peres, che certo non può essere considerato un pericoloso oltranzista. Peres, in una dichiarazione riportata dal Jerusalem Post, rivolgendosi all’Unione Europea ha detto: “ Non varate sanzioni irresponsabili che potrebbero nuocere al processo di pace. La questione è complessa e delicata. Rimandate la vostre decisioni. Fate della pace una priorità e datele una possibilità. La vostra decisione potrebbe portare a un’altra grave crisi nella nostra regione”.

E’ una posizione tanto saggia quanto condivisibile che fa del realismo politico il cuore pulsante del campo dei negoziatori della pace. Non si avverte certo il bisogno di un intervento europeo da elefante nella cristalliera. O forse si dimentica che Israele è un avamposto della nostra civiltà in quella regione tanto ostile, e tanto lontana dagli ideali di libertà e di democrazia cari agli occidentali. La sicurezza d’Israele è la nostra stessa sicurezza. Oppure qualcuno pensa che non sia così? Allora lo dica e lasci stare le etichette. Sono cose da ricattatori, non da fari di civiltà.

Sarebbe, però, interessante conoscere il punto di vista del governo italiano posto che sia stato coinvolto in questa scelta di politica stera, francamente discutibile. Cosa sanno della questione la ministra Bonino e il suo collega per gli Affari Europei, l’avvocato Enzo Moavero Milanesi? Dicano, gli autorevoli esponenti del governo, se la decisione UE sia stata condivisa e fatta propria anche dall’Italia, oppure se tutto sia stato fatto all’insaputa del nostro governo. Vorremmo saperlo. O si pensa che la questione, riportata alla seconda dimensione, quella italiana, non sia così importante visto che, sempre in questa dimensione, stiamo preparando la onirica guerra al Kazakistan? Sarebbero gradite risposte convincenti.


di Cristofaro Sola