Perché abbiamo perso la bussola

mercoledì 17 luglio 2013


C’è sempre qualcuno che attraversa la cortina di ferro, ma nella direzione opposta. La vecchia classe dirigente della Germania dell’Est, dissanguata dalla continua fuga di cittadini nell’Ovest (non potendo votare con le mani, votavano coi piedi, sfuggendo alle pallottole della polizia di frontiera) poteva consolarsi pensando che almeno uno, Bertold Brecht, aveva passato il confine dall’Ovest all’Est. Lo aveva fatto per convinzione ideologica, perché convinto che il sistema comunista fosse già migliore, pur con tutti i suoi difetti, del capitalismo. Sbagliava, come la storia dimostrò con la caduta del Muro, ma almeno ci credeva e lo sapeva spiegare bene. Adesso l’era delle ideologie è finita, ma gli esuli ci sono ancora. Ci sono i fuggitivi dalla Russia, tanti e anche famosi, che scappano dal carcere di un regime che non ha più un progetto rivoluzionario, ma resta nostalgico dell’Urss. E c’è anche qualcuno che fugge in Russia, non perché ne condivida il progetto politico (che non c’è), ma perché stanco di un Occidente che si dice libero, ma a volte risulta più repressivo dei Soviet.

Il Bertold Brecht dei giorni nostri si chiama Edward Snowden. Ha chiesto l’asilo politico alla Russia di Putin, gli è stato rifiutato, allora l’ha chiesto ancora. Ha compilato tutte le scartoffie burocratiche all’aeroporto di Sheremetevo, Mosca, dove vive in un limbo a-territoriale da tre settimane. Il presidente russo, Vladimir Putin, dopo essersi fatto riprendere in versione avventurosa a bordo di un batiscafo in immersione, ha dichiarato che gli Usa stiano intimidendo tutti i Paesi. Lui, Putin, sotto i riflettori per l’invasione “di punto in bianco” della Georgia, per la brutale guerra in Cecenia, per i giornalisti politici che muoiono come mosche e per gli oppositori politici nelle carceri di Mosca, ha l’occasione più unica che rara di presentarsi al mondo come il salvatore della libertà di espressione. Ha la possibilità di offrire rifugio a un “dissidente”, dimostrando così che anche l’Occidente è repressivo, che quando Washington parla di diritti umani pecca di ipocrisia. Karl Marx scrisse che la storia si ripete due volte: prima come tragedia, poi come farsa. Ora che Marx è morto e la tragedia della Guerra Fredda è finita, la farsa è sotto gli occhi di tutti, in questi giorni.

È la farsa di una Russia che bracca e a volte assassina i suoi cittadini, non perché siano una “minaccia”, ma perché vuole tener vivo, a tutti i costi, un passato che non passa. Gli ex alti papaveri del Kgb, fra cui lo stesso Putin, non hanno perdonato il tradimento dei loro ex colleghi, fra cui Oleg Gordievskij (fuggito in Gran Bretagna nel 1985) sui cui pende ancora una condanna a morte. Non accettano la concorrenza di rivali troppo potenti, fra cui Boris Berezovskij, deceduto in esilio a Londra, pare per suicidio, il 23 marzo scorso. Non ammettono che ci siano storici che vanno a ravanare nei segreti del loro passato, come Vladimir Bukovskij, tuttora esule. E usano gli stessi metodi di allora per ammazzare “traditori” e “dissidenti”: Alexandr Litvinenko assassinato col veleno radioattivo, nella Londra del 2006, 15 anni dopo la fine dell’Urss. Non ci sarebbe nulla di “farsesco” in tutto ciò, se non che c’è ancora una classe dirigente della Russia che si vede ancora Sovietica, pur senza credere nella Rivoluzione. E perché c’è ancora qualcuno che, per sfuggire alla delusione dell’Occidente, vede ancora un rifugio sicuro in un Est che non c’è più.

O in improbabili governi rivoluzionari (fuori tempo massimo) dell’America Latina. Edward Snowden è certamente un uomo deluso dall’Occidente. Ha visto e sentito cose che ci fanno capire come i nostri governi ci trattino da sudditi, ci sospettino e ci controllino uno ad uno, passando sopra ai nostri diritti di privacy. Il sistema di sorveglianza messo in piedi dalla National Security Agency statunitense, con cui collaborava, è il contrario di quel che ci possiamo attendere da uno Stato di diritto: una pesca a strascico di dati personali, senza far distinguo, per cercare di ottenere informazioni sensibili di intelligence. Spiace che l’Occidente, gli Usa in particolar modo, deludano le aspettative di libertà fino a questo punto. Edward Snowden è paragonabile, in questo, a un altro caso di fuggitivo post-ideologico: Gerard Depardieu, anche lui accolto a braccia aperte dalla Russia di Putin. Il motivo della sua delusione non è lo spionaggio interno, ma una tassazione di tipo sovietico, voluta da un governo democraticamente eletto in Francia, che gli avrebbe portato via i due terzi del reddito.

La violazione della privacy, così come quella dei diritti di proprietà (tramite una vera e propria confisca fiscale) non sono e dovrebbero continuare a non essere caratteristiche della nostra società aperta, la stessa che attirò milioni di esuli volontari dell’Est, attratti dal sogno realizzabile della libertà individuale. Gli Stati che si credono onnipotenti sono piuttosto i tipici aspetti dei regimi comunisti dei tempi che furono, delle velenose iniezioni di socialismo reale. Ma per questo dobbiamo dire “allora meglio la Russia”? Fuggire in Oriente perché delusi dall’orientalizzazione delle nostre società, è veramente la beffa che segue il danno. E la dimostrazione che, dopo la fine della Guerra Fredda, abbiamo perso la bussola.


di Stefano Magni