Irlanda alla svolta dell’aborto terapeutico

sabato 13 luglio 2013


“Ogni spermatozoo è sacro!” cantavano i Monty Python, prendendo in giro gli ultra-cattolici d’Irlanda, pieni di figli, obbedienti in modo dogmatico ai dettami della Chiesa contro contraccezione e aborto. Sul tema della vita e della famiglia, l’isola irlandese è veramente un’eccezione europea, più unica che rara, completamente in controtendenza rispetto alla laicità prevalente in tutte le classi politiche del Vecchio Continente. Ieri, però, un voto al Dail, il parlamento di Dublino, ha legalizzato l’aborto terapeutico. E potrebbe essere il primo segnale di inversione di tendenza. In Irlanda, infatti, l’aborto terapeutico era illegale fino a ieri. Ed è questa la vera notizia, considerando che in quasi tutti i Paesi cattolici, ormai, c’è libertà di scegliere fra la vita della madre o quella del figlio, se la gravidanza rischia di diventare mortale.

In Irlanda, invece, c’era una sola scelta possibile: la vita del figlio. Un caso recente, però, ha rimesso tutto in discussione. Lo scorso novembre 2012, a una dentista di origine indiana è stato negato l’aborto clinico, benché stesse subendo un aborto spontaneo con gravi complicazioni per la sua salute. I medici non volevano intervenire perché il cuore del bambino batteva ancora. “Non sono cattolica, né irlandese” avrebbe detto la donna ai medici, i quali le hanno risposto “ma questo è un Paese cattolico”. I medici sono intervenuti a rimuovere il feto solo quando il suo cuore ha smesso di battere. Ma era troppo tardi anche per la madre: la donna, Savita Halappanavar, è deceduta per setticemia. Non essendoci stata alcuna possibilità di scelta, sono morti entrambi: mamma e figlio. E quindi: che senso ha continuare a vietare l’aborto terapeutico? Il dibattito parlamentare che si è aperto sulla questione è stato uno dei più lunghi, convulsi e sofferti degli ultimi anni: 165 emendamenti votati e discussi.

Particolarmente controverso anche un passaggio della legge che permette l’aborto anche alle madri che sono a rischio di suicidio. Il suicidio, senza ombra di dubbio, è un atto che dipende dalla volontà di una persona, non dalla natura. Dunque, su questa base, come temono i cattolici irlandese, chiunque può dirsi in procinto di suicidarsi e chiedere di abortire. Per gli abortisti, invece, la legge è ancora troppo restrittiva, non permettendo l’interruzione della gravidanza nemmeno nei casi di stupro o di gravi malattie o anomalie del feto. Alla fine, ieri, ha prevalso definitivamente il sì: 127 voti a favore e 31 contrari. L’ha spuntata il primo ministro Enda Kenny, propositore della legge e leader di una coalizione formata da centristi (del suo partito, il Fine Gael) e laburisti. Il problema, adesso, è interno al partito di Kenny, cristiano democratico: cinque suoi deputati si sono ribellati alla posizione favorevole del partito votando contro il provvedimento e sono stati espulsi dal gruppo. Fra questi la sottosegretaria per gli Affari europei, Lucinda Creighton, che si è dovuta dimettere dopo la votazione. “Questa legge va contro un impegno che il partito si era preso alle ultime elezioni”, ha detto la Creighton. Ora la campagna si sposta di nuovo dal Parlamento alle piazze, dove gli anti-abortisti si sono riuniti in gran numero per protestare contro la “pena di morte” dei nascituri. Dopo questo voto parlamentare non tutti i feti saranno più sacri e inviolabili.


di Stefano Magni