Snowden a Mosca in un limbo libertario

sabato 13 luglio 2013


In Russia è quasi impossibile esprimersi liberamente, la stampa è sempre più controllata dallo Stato, le televisioni indipendenti sono quasi del tutto sparite, a parlare fuori dai denti contro il governo si rischia la galera. Ma un piccolo angolo di Russia, l’aeroporto di Mosca, è diventato un punto di riferimento per tutti i difensori della libertà di espressione. Perché? Perché lì è ancora rifugiato Edward Snowden, la “talpa” che ha rivelato alla stampa mondiale l’esistenza del programma statunitense di sorveglianza informatica. Snowden, ieri, ha incontrato un gruppo di attivisti russi dei diritti umani, fra cui Sergei Nikitin, capo della sezione russa di Amnesty International, l’avvocato Genri Reznik e Vladimir Lukin, l’ombudsman russo per i diritti umani. Edward Snowden ha detto loro che avrebbe voluto chiedere asilo politico in Russia.

Niente male, considerando che molti dei russi che loro difendono vorrebbero volentieri chiedere asilo politico in un Paese più libero. Se a Snowden è stato impedito di rimanere in Russia è solo perché gli Usa hanno fatto pressioni e perché il Cremlino ha posto come condizione, per la concessione dell’asilo politico, di smettere di rivelare segreti a tutto il mondo. Gli archivi del Cremlino sono ancora impenetrabili, magari a Snowden non interessano, ma ai vertici russi non piacciono gli uomini che ficcano troppo il naso negli affari di Stato. Snowden ha chiesto asilo politico a 21 Paesi, fra cui l’Italia. Gli è stato rifiutato ovunque, tranne che in Bolivia, Nicaragua e Venezuela, tre Paesi che non brillano affatto sulla difesa dei diritti civili. In ogni caso, Snowden deve restare ancora per un po’ in quello strano limbo dell’aeroporto di Mosca. Perché finché non avrà documenti in regola (un certificato che attesti la concessione dell’asilo politico, un passaporto valido e un visto russo) non potrà decollare per la sua prossima meta latino-americana. La burocrazia di uno degli Stati più potenti (e invadenti) del mondo sta impedendo l’uscita dell’uomo che ha messo in crisi i segreti di Stato. Ai suoi ospiti russi, difensori dei diritti umani, Snowden ha parlato male dell’America.

Riferendosi al suo caso, in particolare, ha dichiarato che è in corso una “campagna illegale” per impedirgli di ottenere l’asilo politico. “Questa pericolosa escalation rappresenta una minaccia, non solo per la dignità dell’America Latina, o della mia personale sicurezza, ma per il diritto basilare goduto da ogni persona vivente, a vivere libero dalla persecuzione”. Tutto ciò lo ha detto nel Paese in cui, appena 24 ore prima, era stato condannato post-mortem, da un tribunale di Mosca, l’avvocato Sergej Magnitskij, morto in carcere (probabilmente ucciso) nel 2009.


di Giorgio Bastiani