Scandalo Prism, è l’ora dei libertari

giovedì 13 giugno 2013


Una doccia fredda, prima o poi, fa bene alla libertà individuale. Negli Usa hanno scoperto improvvisamente di essere spiati e hanno riscoperto che il governo federale, anche se guidato da un presidente liberal, può essere un pericolo. È soprattutto la stampa liberal, per non parlare di quella (più piccola, ma esistente) libertarian, a gridare allo scandalo. E l’opinione pubblica le dà retta, una volta tanto. La notizia delle intercettazioni a tappeto è diventata uno scandalo soprattutto per il momento in cui è stata diffusa. Meno di un mese fa abbiamo avuto le rivelazioni sull’Irs (l’agenzia delle entrate statunitense) che abusava del proprio potere per punire i membri del Tea Party, nemici del fisco esoso e dell’amministrazione Obama.

Quasi simultaneamente erano emerse le notizie sulle intercettazioni telefoniche ai danni dei giornalisti dell’Associated Press e di Fox News. Nessun presidente, nemmeno il Nixon del dello scandalo Watergate, era arrivato a spiare i giornalisti. Prima ancora di questi due scandali era scoppiato il dibattito sull’uso dei droni in funzione anti-terrorismo. Sulla costituzionalità del metodo della “kill list”, nella quale il governo federale, senza passare dal Congresso, tantomeno da alcun tribunale, può tuttora inserire i sospetti terroristi da uccidere, colpendoli con missili lanciati dai droni, anche nel caso siano cittadini americani. Proprio all’inizio dell’amministrazione Obama, il senatore libertario Rand Paul, aveva tenuto il suo lungo discorso ostruzionista di 13 ore filate per cercare di bloccare la nomina di John Brennan a direttore della Cia, proprio sulla questione della kill list. Dopo tutto questo gran dibattere sugli abusi del potere governativo e sui possibili limiti da introdurre… arriva la doccia fredda delle intercettazioni a tappeto.

Debole la linea di difesa della National Security Agency, tutta intonata su una sola nota: “non leggiamo, né ascoltiamo i contenuti, raccogliamo solo metadati da analizzare”. La difesa si squaglia a fronte delle rivelazioni su come funzionano i programmi Prism e soprattutto Boundless Informant: il primo va a pescare i dati anche dai server delle grandi compagnie Internet americane, il secondo permette di classificarli per Paese di provenienza e contenuto (dunque qualcosa si legge del contenuto…). Non è la ricerca e l’analisi dei metadati che crea scandalo, ma il fatto che la raccolta avvenga a tappeto, su chiunque, sospetti o meno di terrorismo. Il Quarto Emendamento della Costituzione americana vieta di condurre ispezioni e sequestri se non vi è un’indagine in corso. Benché Obama insista nel dire che l’operazione sia legale e approvata dal Congresso, i suoi stessi metodi mettono in discussione la tenuta della Costituzione. Obama non è l’artefice di questa ricerca di dati a tappeto. È semplicemente il continuatore fedele di una politica avviata e voluta da George W. Bush.

Ma quel che conta di più, a livello emozionale, è, appunto, il momento in cui emerge la verità sull’Nsa: dopo il dibattito sulla kill list, dopo lo scandalo Ap e Fox, dopo lo scandalo Irs, gli americani (non solo i libertari e i membri del Tea Party) hanno la netta sensazione di vivere in un regime poliziesco di controllo. Ne stanno facendo le spese non solo l’amministrazione Obama, ma tutto l’arco costituzionale. Anche i Repubblicani si trovano in una posizione indifendibile, avendo approvato Prism in tempi non sospetti, con la giustificazione omnibus della lotta al terrorismo. Gli unici che possono cercare di uscire vivi da questa catastrofe di immagine e capitalizzarla al massimo sono solo i libertari. È in discussione anche l’identità stessa del Partito Repubblicano, dopo la batosta incassata nel 2012. Tea Party e libertari, finora marginalizzati come “estremisti” dalla classe dirigente del Gop, già erano stati gli artefici della vittoria alle elezioni di Medio Termine del 2010 ed ora hanno un’occasione più unica che rara per porsi alla testa di un rinnovamento ideologico del partito.

Rand Paul, forte dell’eredità lasciatagli dal padre, l’ex candidato presidenziale Ron Paul, è praticamente l’unico che può vantare la sua coerenza nella difesa dei diritti individuali. Ora si è posto alla testa di un movimento congressuale per l’introduzione di un “nuovo Quarto Emendamento” aggiornato ai tempi di Internet. Fra i conservatori che storcono il naso (anche sulla National Review compaiono commenti ironici e schizzinosi in merito) e i liberal imbarazzati dall’incoerenza di Obama, Rand Paul sta forse trovando il giusto cavallo di battaglia per presentarsi come un forte candidato alle presidenziali del 2016.


di Stefano Magni