La rivolta turca contro Erdogan

mercoledì 12 giugno 2013


L’immagine di una giovane donna vestita di rosso che veniva, nei giorni scorsi durante le manifestazioni in piazza Taksin a Istanbul contro il governo Erdogan, investita dagli spruzzi del gas urticante, tanto forti da sollevarle i capelli sul giovane volto, ha fatto il giro del mondo ed è destinata a rimanere per sempre nella memoria collettiva della comunità internazionale. In seguito si è saputo che si tratta di una giovane studentessa di urbanistica che studia presso l’università di Istanbul, il cui nome è Ceyda Sungur. Questa immagine ha assunto un grande significato simbolico, poiché mostra la durezza e la brutalità con le quali il governo di Erdogan ha affrontato e represso il movimento di protesta politica, nato per contestare ed opporsi ad alcune scelte politiche da poco adottate.

I giovani oppositori e chi teme che la Turchia possa pericolosamente avviarsi verso una islamizzazione della società si sono ritrovati a Piazza Taksin, situata nel cuore di Istanbul. Come ha ricordato in un suo splendido articolo, apparso sui principali giornali occidentali, il premio nobel della letteratura Orhan Pamuk, Piazza Taksin è sempre stata il luogo in cui, anche nel passato recente della storia turca, si sono tenute e svolte le manifestazioni politiche. La decisione politica, cha ha scatenato il movimento di contestazione che covava da tempo nella parte profonda del paese, prevede che il parco Cezi, che si trova al centro di piazza Taksin, sia abbattuto e distrutto, per fare posto ad un centro commerciale, ad una caserma e ad una moderna Moschea. Questo progetto, come hanno acutamente osservato e notato gli studiosi di geopolitica, simbolicamente evoca il coacervo degli interessi economici, il potere militare ed il ruolo della religione islamica nella società Turca, su cui Erdogan ha edificato e costruito il suo sistema di potere, grazie al quale ha ottenuto tre vittorie elettorali consecutive, dopo la prima che risale al 2002. Prima della decisione di sopprimere il parco Gezi in piazza Taksin, il governo aveva seguito uno stile di governo che a molti osservatori era sembrato incline a forme sempre più evidenti e smaccate di autoritarismo.

Infatti con decisioni politiche inaspettate e in contraddizione con la proclamata vocazione laica, il governo di Erdogan ha stabilito il divieto in pubblico dei baci e delle bevande alcoliche, tanto da alimentare il timore, nella parte più laica ed avvertita della società turca, che guarda verso la Francia e l’Occidente, di una inarrestabile deriva verso la islamizzazione della nazione a danno della laicità, il cui padre nazionale è Ataturk. In più sono state censurate le trasmissioni televisive, accusate di rivolgere critiche esagerate ed eccessive al passato ottomano della Turchia. Un altro episodio inquietante riguarda il caso di uno scrittore ed intellettuale di origine armena, condannato per un reato di opinione, con l’accusa di avere con un atto di blasfemia rivolto parole offensive verso il profeta. Lo stesso governo di Erdogan, prima che la protesta si manifestasse in piazza Taksin e divenisse palese ed incontenibile, si è inspiegabilmente rifiutato di riconoscere rilevanza culturale agli Aleuti, una minoranza delle religione islamica, che ha una visione laica dei rapporti tra lo stato e la sfera spirituale. Non bisogna trascurare la circostanza che Erdogan è riuscito, durante questi dieci anni in cui ha guidato il suo Paese, ad attuare una politica di modernizzazione e di sviluppo economico, che sta trasformando profondamente la Turchia. Tuttavia il suo partito politico denominato Akp ha la sua radice culturale originaria nella religione islamica.

Questo fatto ha grandi implicazioni e spiega che Erdogan non è nelle condizioni politiche per separarsi dalla tradizione religiosa islamica. Infatti, secondo i migliori studiosi e osservatori di geopolitica, Erdogan si trova di fronte ad un bivio e ad un dilemma: può scegliere la via del conservatorismo islamico, decidendo di governare in modo autoritario la modernizzazione della Turchia, oppure coniugare il cambiamento e l’innovazione politica con il moderatismo religioso ed islamico, preservando la laicità dello stato. Non bisogna dimenticare che Erdogan, rimanendo al vertice del potere Turco durante tutti questi anni, ha ridotto il ruolo politico dei contro poteri, custodi della laicità, quello militare, quello giudiziario e quello burocratico, che gestisce l’apparato pubblico. Se gli interessi che si sono coalizzati intorno al sistema di potere creato da Erdogan sono differenziati e diversi, pur essendo possibile individuarli, è non di meno significativo, come ha notato il nostro ministro degli esteri Emma Bonino, durante una intervista rilasciata al programma in mezz’ora di Lucia Annunziata domenica 9 giugno, che il Presidente della Turchia Abdullah Gul ha invocato la necessità di avviare un dialogo con i manifestanti, evitando di seguire la via sbagliata e aberrante della brutale e violenta repressione.

Quanto sta accadendo in queste ore ed in questi giorni in Turchia è importante, per le conseguenze che questi eventi avranno inevitabilmente in campo internazionale. Infatti la Turchia sta esercitando un ruolo politico di grande influenza sul medio oriente, ed in particolare sul fronte aperto della crisi Siriana, dove ancora imperversa la cruenta guerra civile, ed anche nell’area dell’Asia centrale. Per averne conferma, è sufficiente riflettere sulla circostanza che una parte delle armi, destinate ai ribelli ed agli oppositori del regime di Assad, passano attraverso il confine ed il territorio della Turchia. Gli stessi oppositori di Assad hanno trovato rifugio in Turchia. Secondo gli studiosi di geopolitica, visto che la Turchia è geograficamente situata lungo il confine che separa l’occidente dall’oriente, è fondamentale ed essenziale comprendere quale politica estera questo Paese deciderà di seguire rispetto alla Teocrazia che è al potere in Iran, nei riguardi dell’ Egitto, e nei confronti della Cina, la quale è una potenza emergente in grado, ormai, di sfidare apertamente l’egemonie degli Usa. Per molti ed attenti osservatori gli ultimi avvenimenti politici della Turchia mostrano, in modo innegabile, che questo Paese è ancora diviso sulla sua identità, poiché è sospeso tra il bisogno di modernizzarsi e la impossibilità di recidere i legami culturali con la sua atavica tradizione religiosa e politica.


di Giuseppe Talarico