Strage di Boston, è caccia ai fantasmi

mercoledì 17 aprile 2013


Bombe a Boston e nessuno le rivendica. Probabilmente oggi si saprà qualcosa di più sull’autore del terribile attentato che ha stroncato, sulla linea d’arrivo, la Maratona di Boston, la gara podistica più antica del mondo, seconda solo a quella di Atene. Due bombe quasi sincronizzate sono esplose in mezzo alla folla, proprio nei pressi del traguardo. Una terza esplosione è avvenuta vicino alla Biblioteca John Fitzgerald Kennedy. I morti sono tre (fra cui un bambino di otto anni), i feriti 144. Ma parlare solo di “feriti” non rende l’idea. Perché 17 di questi versano in gravissime condizioni. Dieci, fra cui alcuni atleti che partecipavano alla Maratona, hanno subito amputazioni di arti e la loro vita, da ora in avanti, è stata rovinata dai misteriosi assassini. Si è trattato di un massacro deliberato. Un’azione pianificata apposta per provocare più vittime possibili.

Per tutta la giornata di ieri, le ipotesi su chi possa essere il mandante si sono sprecate, ma nessuno vuol più puntare il dito su un nemico chiamato per nome, cognome e sigla terroristica. È troppo recente lo shock di Oslo (2011), quando tutti già davano per scontata la matrice islamica del terrore, già ci si scrivevano sopra editoriali… e poi si scoprì che l’autore era un norvegese folle che odiava l’Islam. In America è sempre viva la memoria gli attentati di Oklahoma City (1995) e dell’Olympic Park di Atlanta (1996), dove i terroristi erano americani e di estrema destra. Certo è che, da allora ad oggi (e sono passati 17 anni dall’ultima bomba) non è più avvenuto nulla del genere. Mentre, anche dopo l’11 settembre 2011, gli Usa hanno subito altri tentativi di attacco, nell’ordine delle decine, finora sventati dai servizi segreti, o anche da comuni cittadini particolarmente attenti. La prudenza nelle dichiarazioni è tale che il presidente Barack Obama ha evitato di parlare nei termini di “attacco terroristico”. Lo ha fatto l’Fbi, che esclude ogni dubbio sul fatto che si tratti di terrorismo.

L’ex direttore della Cia, il generale in pensione Michael Hayden, pur non dicendolo con certezza, ipotizza che si tratti di un attentato di Al Qaeda. O, piuttosto, avverte che in questa fase della guerra al terrorismo, gli Usa potrebbero attendersi questo tipo di attentati, meno spettacolari dell’11 settembre, ma altrettanto destabilizzanti. Dal momento che l’organizzazione orfana di Bin Laden non è più in grado di organizzare azioni complesse, come quelle dell’11 settembre, «questo sarà, con tutta probabilità – dice Hayden – il tipo di attacco a cui ricorrerà per cercare di raggiungere i suoi obiettivi. Gli attacchi non saranno estremamente sofisticati, per lo meno non così sofisticati da richiedere l’impegno di cellule terroristiche numerose». Di sicuro è stato raggiunto l’effetto destabilizzante e la chiusura a riccio di attività civili e commerciali. Chiuso lo spazio aereo di Boston. Blindato il centro di New York, per timore di un bis esplosivo anche nella Grande Mela. Grandi e costosi (e postumi) schieramenti di polizia. Mentre Wall Street subisce una grave flessione. Chiunque sia stato il terrorista, ha ottenuto un grande effetto con pochi, pochissimi, mezzi. L’Fbi ha ancora pochi elementi a sua disposizione. Un cittadino saudita, uno dei feriti nell’esplosione, è in custodia. Un uomo “dalla pelle scura” è stato identificato fra i sospetti, grazie alle telecamere di sorveglianza ed è ricercato. Ma è troppo poco per capirci qualcosa. Dianne Feinstein, presidente della Commissione per l’Intelligence del Senato, dichiara che né la Cia, né le altre agenzie avessero ricevuto o scoperto avvisaglie. La sorpresa è stata totale, purtroppo per le vittime.


di Stefano Magni