La Nra teme la tirannia dell’Onu

sabato 30 marzo 2013


Commercio delle armi convenzionali: il trattato, all’Onu, non s’ha da fare. Al Palazzo di Vetro è mancata l’unanimità necessaria ad approvarlo. A bocciare il testo del Trattato sul Commercio delle Armi (Arms Trade Treaty, Att) sono stati tre regimi dittatoriali: Corea del Nord, Iran e Siria. Ma negli Stati Uniti c’è un gruppo, che non è certamente amico di questi regimi totalitari, che è soddisfatto dell’esito negativo: la National Rifle Association, la “potente lobby delle armi”. Ognuno ha le sue ragioni per opporsi all’Att. L’ambasciatore iraniano Mohammad Khazaee, ha dichiarato che l’Att possa essere «suscettibile di politicizzazioni e discriminazioni». Il regime di Teheran, infatti, teme che venga usato per rafforzare le sanzioni sugli armamenti in Iran e, allo stesso tempo, non fornisca adeguati appigli per condannare il trasferimento di armi leggere ai gruppi ribelli in Siria e altrove. Secondo Kazaee, l’Att non impedirebbe a «chi commette atti di aggressione» di reperire armi. La stessa preoccupazione è condivisa dall’ambasciatore siriano all’Onu, Bashar Jaafari, che vorrebbe veder incluso nel testo dell’Att anche un embargo totale sui trasferimenti di armamenti ed equipaggiamento a «gruppi terroristi e attori non statuali». Un chiaro riferimento ai ribelli, che iniziano ad essere sostenuti, anche militarmente, dagli Stati Uniti.

La Corea del Nord non si pronuncia, ma in questo periodo di forte tensione militare con gli Usa e la Corea del Sud, si opporrebbe, per principio, a qualsiasi proposta sia sostenuta da Washington. E la National Rifle Association? Da novembre, da quando è stato rieletto Barack Obama, sta facendo campagna perché il Senato non ratifichi il trattato. Non perché impedirebbe l’arrivo di armi ai regimi totalitari, né perché permetterebbe ancora (attraverso vie traverse) di armare gruppi di ribelli arabi. Ma perché l’Att può essere usato come uno strumento politico di Barack Obama nella sua lotta contro la diffusione delle armi. In questo periodo l’amministrazione democratica ha subito un primo rovescio: non è riuscita (almeno per ora) a proibire la vendita di fucili “d’assalto” nei negozi statunitensi. Il presidente del Senato, Harry Reid, ha escluso il divieto dalla nuova legge, tuttora in discussione.

Ma la Casa Bianca ha fatto sapere di non voler demordere e proprio ieri ha chiesto al Senato di votare di nuovo per il divieto, inserendolo come un “emendamento” alla norma attuale. Contemporaneamente, i principali media statunitensi, sostengono a modo loro la campagna di Obama: il processo a James Holmes, autore della strage del cinema di Aurora e il ritrovamento di un “arsenale” nella casa di Adam Lanza (lo stragista della scuola di Newtown) sono notizie sparate in primo piano, tutti i giorni. La proposta di Obama è definita come una legge di “senso comune”. Facendo passare, implicitamente, il messaggio che la contro-campagna della Nra sia una follia. Dopo l’inizio del dibattito all’Onu sull’Att, anche Amnesty International ha aggredito frontalmente la Nra, accusandola di essere complice dei regimi dittatoriali e dei signori della guerra: «Ogni giorno – si legge nel comunicato della Ong di difesa dei diritti umani – 1500 persone muoiono in conflitti armati in tutto il mondo, una persona ogni minuto. Queste armi vendute senza alcuna regola servono per costringere decine di migliaia di bambini ad arruolarsi e a violentare donne e ragazze nelle zone di guerra. Più di 26 milioni di persone in tutto il mondo sono sloggiate dalle loro case, le loro vite distrutte dai conflitti. La Nra deve immediatamente rinunciare alla sua campagna per il blocco dell’Att».

La Nra, però, non ci pensa nemmeno a sostenere quei dittatori e quei signori della guerra che stuprano le donne, costringono i bambini ad arruolarsi e provocano la morte di una persona al minuto. La “lobby delle armi” pensa solo a difendere il Secondo Emendamento della Costituzione statunitense, che garantisce la libertà individuale di portare armi. «Fra i punti più controversi del nuovo trattato – scrive la National Rifle Association – vi è quello in cui sono posti limiti e stabiliti nuovi controlli sugli “utilizzatori finali”, ovvero i proprietari delle armi». La bozza del trattato stabilisce che: “Ogni Stato firmatario deve aggiornare registri nazionali” in cui vengono raccolti i dati sui proprietari di armi, o “utilizzatori finali”. Questi registri nazionali devono essere conservati per un minimo di dieci anni. Da qui l’allarme della Nra: «Se questo obbligo dovesse essere implementato, ogni cittadino americano proprietario di armi dovrà essere registrato e controllato». Per di più dalle Nazioni Unite: l’incubo di ogni conservatore che si rispetti, quello di veder l’Onu trasformarsi in uno Stato mondiale, inizia a prender forma. In Italia stentiamo a capire questi timori di fondo, perché da noi la libertà di portare armi non è mai stata riconosciuta come un diritto, tantomeno nella Costituzione. Siamo abituati a pensare allo Stato come al monopolista pressoché assoluto della violenza e non ci viene neppure in mente di considerarlo come un possibile nemico. In America questa percezione è ribaltata sin dalla nascita degli Stati Uniti. Il Secondo Emendamento era stato introdotto nel 1791 proprio per garantire ai cittadini di difendersi dal pericolo di una nuova tirannia.

Nata dalla ribellione ad una potenza imperialista, la nuova repubblica americana temeva di ritornare sotto il giogo di un sovrano, non solo inglese, ma di qualsiasi altra provenienza. La possibilità di una tirannia nata in America, o avallata dall’Onu, è una paura che non è mai del tutto scemata negli ambienti libertari e conservatori. Come ricordano sempre, in ogni dibattito, tutti i dittatori (compreso Hitler) inaugurano la loro tirannia disarmando i cittadini: è la prima cosa che un tiranno deve fare, per garantirsi il pieno potere sulla società. Il dibattito sull’Att dà loro qualche ragione in più per continuare ad aver paura.


di Stefano Magni