E scoppiasse una guerra in Corea?

sabato 9 marzo 2013


Minaccia di usare preventivamente le armi atomiche contro gli Stati Uniti. Rottura di tutti i patti di non aggressione con la Corea del Sud. Interruzione della linea rossa, che, dal 1971, metteva in comunicazione Seul con Pyongyang per evitare incidenti militari. Chiusura di tutti i valichi di frontiera. A voler pensar male, queste sono tutte le mosse che di solito precedono una guerra. Ma a compierle, con discorsi incendiari e azioni plateali, è il regime della Corea del Nord. Che ormai ci ha abituati a provocazioni anche più gravi, come quando bombardò un’isola sudcoreana nel 2010. Kim Jong-un, mercoledì, è andato a parlare proprio alle unità responsabili di quell’atto di guerra, sollecitandole a tenersi “pronte ad annientare il nemico”. Allora, dopo il bombardamento, che non è stato unico nel suo genere in una lunga storia di incidenti militari, non è seguito nulla. La guerra non è scoppiata nel 2010 ed è probabile che non scoppi nemmeno in questo 2013. Per questo, sia la Corea del Sud che gli Stati Uniti stanno reagendo con una calma serafica e la comunità internazionale procede come previsto.

Al Consiglio di Sicurezza dell’Onu è passata la nuova Risoluzione 2094, votata all’unanimità. Non si tratta di una netta presa di posizione, non più delle tre risoluzioni che l’hanno preceduta. Ai governi si danno maggiori poteri di ispezione sulle navi nordcoreane, per identificare eventuali materiali utili al programma missilistico e nucleare. E alle stesse navi viene proibito l’accesso ai porti di tutto il mondo. Così come agli aerei nordcoreani, o a quelli sospettati di portare materiale proibito nel “regno eremita”, verrà negato il decollo o l’atterraggio in tutti i Paesi del mondo. Vengono congelati altri fondi, punite altri istituti finanziari nordcoreani, sanzionati alti funzionari. Nulla di realmente diverso da quello che c’è già. Considerando, soprattutto, che non è ancora stato invocato il Capitolo VII della Carta dell’Onu (che autorizza l’uso delle risorse militari per l’implementazione della Risoluzione) non c’è alcuna implicita o esplicita dichiarazione di guerra della comunità internazionale contro lo “Stato canaglia”. L’amministrazione Obama, alle provocazioni di Pyongyang, ha fatto rispondere a Victoria Nuland, ambasciatrice all’Onu.

La quale ha chiaramente detto che, sì «Si ha il dovere di prendere seriamente le parole pronunciate da un governo», ma «Vorrei anche ricordare che questo tipo di retorica incendiaria non è inusuale per questo regime, purtroppo». Anche Park Geun-hye, la presidente sudcoreana, dopo aver definito “seria” la minaccia del Nord, ha comunque preferito adottare una linea morbida, considerando possibili futuri negoziati. Il suo ministero della Difesa, piuttosto, per bocca del portavoce Kim Min-seok, ha giocato il ruolo del “poliziotto cattivo”, dichiarando in conferenza stampa che in caso di attacco nucleare alla Corea del Sud, il Nord «sarà fatta estinguere sulla terra con il consenso di tutta l’umanità». Parole non certo gentili, ma capaci di far intendere alla Corea del Nord che una sua aggressione non rimarrebbe impunita. E se il Nord attaccasse veramente? Nessuno si è seriamente posto questa domanda? Vi sono alcuni aspetti inediti in questo 2013, rispetto alle crisi del passato.

Per la prima volta la Corea del Nord è riuscita a testare un missile balistico intercontinentale e a mandare un primo carico nello spazio. Per la prima volta, in un test nucleare, ha fatto esplodere un ordigno miniaturizzato, adatto all’uso in guerra. Se Pyongyang ritenesse (anche illudendosi) di poter colpire fino negli Usa, in caso di conflitto con la Corea del Sud, potrebbe ritenere che il momento sia giunto. Perché la capacità di terrorizzare gli Stati Uniti è l’unico tassello che manca nella preparazione alla guerra dell’esercito nordcoreano. Tutto il resto è già in pista: una superiorità numerica schiacciante, una capacità di mobilitazione rapidissima, un intero popolo richiamabile sotto le armi, una potenza di fuoco tale (concentrata nella regione di frontiera) da poter radere al suolo Seul in poche ore. Senza l’aiuto americano, il Sud verrebbe spazzato via nel giro di alcune settimane. È un’ipotesi che sembra ancora remota. Ma sarebbe sin troppo comodo escluderla.


di Stefano Magni