Morte di un nemico del mondo libero

giovedì 7 marzo 2013


E’ morto uno dei nemici giurati del mondo libero. Hugo Chavez, presidente del Venezuela, era riuscito a riassumere, nella sua ideologia bolivariana, tutte le forme di pensiero antagonista. Socialismo del XXI Secolo: capendo che “chi controlla tutti i mezzi, controlla tutti i fini”, era partito con la nazionalizzazione dei mezzi di produzione. Non solo petrolio e industrie considerate “strategiche” sono state nazionalizzate, ma anche le piccole e medie attività sono state requisite, sequestrate, affidate a privati vicini al movimento bolivariano. Dopo il golpe che era stato tentato contro di lui nel 2002 (appoggiato anche dai sindacati dell’opposizione), ha preso il controllo delle organizzazioni sindacali. In totale ha espropriato 1168 aziende, nazionali e straniere. Gli imprenditori immigrati (fra cui molti italiani) sono diventati dei “nemici”, perseguitati dalle squadre paramilitari dei bolivariani, minacciati, cacciati dal Paese o costretti alla fuga. Militarismo: il fallito tentativo militare di rovesciare il suo potere, nel 2002, gli diede l’opportunità di militarizzare la società (con la diffusione delle squadre di paramilitari bolivariani) e di assumere poteri straordinari.

Ha acquisito un maggiore controllo sulla società, prima estendendo il termine del mandato presidenziale, poi abolendo ogni limite alla rielezione, preparandosi a governare a vita. Ha penetrato ideologicamente l’esercito, selezionandone gli ufficiali e sottoponendo i militari all’indottrinamento bolivariano. Ha occupato le scuole, imponendo un programma di studi ideologicamente orientato e inquadrando il più possibile gli studenti nelle organizzazioni paramilitari bolivariane . Ha occupato i media, imponendo loro palinsesti politicamente controllati, intimidendo i giornalisti vicini all’opposizione, facendo chiudere radio e Tv private (compresa la popolarissima Rctv) che considerava ostili. Le associazioni in difesa della libertà di stampa, considerano il suo regime uno dei peggiori del mondo in fatto di censura e controllo dei media. Comunismo: il suo patto con Cuba è stato uno dei più grandi fenomeni geopolitici dell’inizio del XXI Secolo. Finanziata dai petroldollari, si è venuta a creare una fitta rete di alleanze anti-statunitensi, incentrata sull’Alba, l’Alleanza Bolivariana per le Americhe. Nell’intento di Fidel Castro, nel Sud America avrebbe dovuto svilupparsi come un secondo Comecon (l’ex patto economico fra Paesi comunisti) e in futuro anche come un secondo Patto di Varsavia alle porte dell’America. Ma i fratelli Castro, sia Fidel che Raul, non avevano più la forza, né l’influenza necessarie per fare qualcosa del genere. Il più giovane Chavez, seduto sul maggior produttore di petrolio del Sud America, aveva l’una e l’altra.

Il suo decennio ha provocato anche una proliferazione di presidenti a sua immagine e somiglianza, tutti rigorosamente anti- capitalisti. Morales in Bolivia, Correa in Ecuador, Zelaya in Honduras, il redivivo Ortega (che pareva finito assieme alla Guerra Fredda) in Nicaragua. Nemmeno ai tempi in cui c’era l’Urss si era mai visto un simile blocco geopolitico anti- occidentale. Indigenismo: scalzando la Chiesa cattolica dal suo ruolo missionario, Chavez ha promosso l’identità degli indio. Ha riconosciuto i diritti comunitari degli indio nella sua riforma costituzionale del 2000. E nel 2006 era arrivato a proporre l’abolizione della moneta e la sua sostituzione con tradizionali metodi di scambio fra villaggi. Fin dal 1999, una volta vinte le sue prime elezioni, aveva iniziato a tassare pesantemente o espropriare le terre dei grandi proprietari, nazionalizzandole e affidandole in parte ai contadini indio. Cattocomunismo: Chavez si è sempre definito cristiano cattolico, ma ferocemente nemico della Chiesa, come da tradizione cattocomunista. I vescovi venezuelani, denunciando l’eccessiva concentrazione di potere nelle mani del presidente, già nel 2002 non avevano sostenuto il capo dello Stato nel corso del tentativo di golpe militare.

La Chiesa è sempre stata critica, anche se mai esplicitamente ribelle o dissidente. Nel 2007, l’allora cardinale di Caracas Rosalio Castillo Lara, aveva avvertito: “Se il popolo venezuelano non riesce a comprendere la serietà della situazione e non riesce ad esprimersi a favore della democrazia e della libertà, ci troveremo soggiogati a un regime di tipo marxista-leninista”. Il suo predecessore, Ignacio Velasco, nel 2002, diceva del rapporto fra Chiesa e Stato in Venezuela: “Ogni giorno porgiamo l’altra guancia, ma finiremo per non avere più guance”. Quando Velasco morì, Chavez gli augurò di andare “all’inferno” e al funerale del cardinale i bolivaristi fecero un’irruzione con lanci di pietre. Nel secondo mandato presidenziale (2006-2012), Chavez ha ulteriormente alzato i toni contro la Chiesa cattolica. Nel 2009 era scoppiato un grave conflitto, quando la Conferenza Episcopale si era opposta alla riforma dei governatorati, che avrebbe ridotto i poteri delle amministrazioni locali. Nel 2010 aveva proposto di rivedere il concordato. In quell’occasione, disconobbe Benedetto XVI: “E’ il capo di Stato del Vaticano, non l’ambasciatore di Cristo sulla terra: Cristo non ha bisogno di ambasciatori, Cristo è nel popolo e tra quelli che lottano per la giustizia e la libertà degli umili”. Islamismo: benché sia un’ideologia nata e cresciuta dall’altra parte del mondo, l’Islam fondamentalista sciita è stato una delle componenti dell’ideologia di potere di Hugo Chavez.

Hezbollah, in particolar modo, è una forza politica sempre più influente nel regime. Tanto da vedersi assegnare il sottosegretariato agli Interni dopo le elezioni presidenziali del 2006. Con l’Iran di Ahmadinejad, Chavez ha stretto un’alleanza strategica. Fondata, non solo e non tanto, su comuni interessi petroliferi, ma dal comune odio contro gli Stati Uniti. Si temeva che scoppiasse una seconda crisi dei missili di Cuba, a cinquant’anni dall’originale, se l’Iran avesse deciso di dispiegare le sue armi in territorio venezuelano. Non è successo nulla di simile. Forse la morte di Chavez preverrà un così infausto evento anche in futuro. Ma, detto tutto questo, i venezuelani stanno bene dopo 15 anni di potere bolivariano? Dall’ascesa al potere di Chavez ad oggi, il loro Paese è diventato il più violento dell’America latina. La diffusione dello squadrismo dei bolivariani e la loro impunità, la soppressione quasi totale del diritto di proprietà, hanno lasciato la società nel caos. Con 120mila omicidi denunciati dal 1999 ad oggi, il Venezuela è il Paese con il tasso di criminalità più alto del mondo. Nonostante le vantate politiche di lotta alla povertà, un Paese ricchissimo di petrolio deve ancora convivere con un terzo della popolazione al di sotto della soglia di povertà. Qui in Italia è diventato un mito. Qualcuno inizia a scrivere che “ci vuole un Chavez” anche per noi, a nemmeno 24 ore dalla morte dell’autoritario presidente. Ma nel Venezuela e, in genere, nell’America del Sud, cosa resterà mai di questo caudillo?


di Stefano Magni