Una Cassandra avverte del pericolo coreano

sabato 2 marzo 2013


Se l’amministrazione Obama dorme sonni tranquilli, anche dopo il terzo test nucleare della Corea del Nord, c’è qualcuno, fra gli analisti militari, che fa da Cassandra. Ed esattamente come Cassandra, non viene assolutamente preso in considerazione, né dai media, né dall’amministrazione stessa. Questa Cassandra del XXI Secolo ha tanti nomi: sono gli analisti di think tank come la Heritage Foundation e l’American Enterprise Institute. Ma uno in particolare: Peter Vincent Pry. Esperto di strategia nucleare, analista della Cia nella fase finale e drammatica della Guerra Fredda, sa cose che noi comuni mortali non ci immaginiamo nemmeno. Ha ricevuto una serie di informazioni confidenziali su numerosi stati di allerta nucleari e si è precipitato più volte a far correre i suoi familiari nei rifugi, mentre noi continuavamo a dormire sonni tranquilli o a svolgere i nostri lavori quotidiani. Per non diffondere il panico, infatti, solo alcuni addetti ai lavori vengono inizialmente avvertiti del pericolo. Una volta uscito dalla Cia, Pry ha deciso di rendere pubbliche, almeno in parte, le sue conoscenze e le sue passate esperienze da incubo ad occhi aperti.

Nel 1999 ha pubblicato un libro, “War Scare”, che passa in rassegna tutti i casi in cui, all’insaputa del grande pubblico, abbiamo rischiato una guerra termonucleare globale con l’Urss prima e con la Russia poi. Ne individua almeno quattro: novembre 1983, agosto 1991, ottobre 1993 e gennaio 1995. Ha fatto parte della Commissione alla Camera sui Servizi Militari dal 1995 al 2001, della Commissione sul Pericolo di un Attacco EMP (elettromagnetico, ndr) dal 2001 al 2008, è stato direttore del Nuclear Strategy Forum dal 2005 al 2009 e della Commissione del Congresso per la Strategia degli Stati Uniti nel biennio 2008-2009. Attualmente dirige la Task Force per la Sicurezza Nazionale, un ente privato che studia gli effetti di un eventuale attacco EMP sugli Stati Uniti e suggerisce le linee guida per la sua prevenzione. Insomma, non stiamo parlando di un autore di fantapolitica, né di un nerd nucleare che ha paura del mondo esterno, bensì di uno dei massimi esperti in materia, riconosciuto tale dalle istituzioni degli Stati Uniti. Ebbene, secondo Pry, oggi dovremmo avere molta più paura della Corea del Nord di quanto non ne abbiamo oggi. Quando l’analista faceva parte della Commissione alla Camera sui Servizi Militari, durante la seconda amministrazione Clinton, «(nel 1994, ndr) avevamo avvertito la Casa Bianca e chiunque volesse darci retta, che la Corea del Nord stesse mentendo sulla sua accettazione degli accordi sulla denuclearizzazione.

Durante gli anni di Clinton, la Corea del Nord stava procedendo a gonfie vele nel suo programma nucleare, compresa la costruzione di una linea di produzione clandestina di uranio arricchito per compensare la più nota linea di produzione del plutonio (altro materiale fissile utile per le bombe atomiche, ndr)». Dunque: «La Corea del Nord ha acquisito una sua capacità nucleare durante gli anni dell’amministrazione Clinton e non durante la successiva amministrazione Bush. L’ha acquisita prima del suo primo test effettuato nel 2006. Noi sappiamo, dalla nostra stessa esperienza e da quella delle altre potenze nucleari, che un test non è necessario per lo sviluppo di una bomba atomica. Little Boy, per esempio, è stata sviluppata e usata con successo per distruggere Hiroshima, senza essere testata. Hiroshima è stato il suo test. Sappiamo anche, dalla nostra esperienza e da quella delle altre potenze nucleari, che non occorrono 20 anni per adattare una testata nucleare ai suoi missili vettori». La tesi di Pry, dunque, è che la Corea del Nord si sia già dotata di un arsenale nucleare pronto all’uso. Che i test siano solo delle dimostrazioni pubbliche di forza, ma celino un programma molto più avanzato di quanto non si creda generalmente.

E non è l’unico a dirlo. «Nel 2011, il direttore della Dia, il generale Ronald Burgess – ricorda Peter Vincent Pry – ha testimoniato di fronte al Senato che la Corea del Nord avesse già allora adattato le sue armi atomiche ai suoi missili balistici. Nel 2009, agenzie di intelligence europee con sede a Bruxelles e collegate alla Nato, avevano concluso che la Corea del Nord fosse già armata con missili Nodong dotati di testata nucleare e in grado di colpire il Giappone. Nel 2008, il principale analista della Cia per l’Estremo Oriente ha dichiarato in un’intervista che la Corea del Nord avesse già miniaturizzato con successo le sue testate nucleari, per poterle montare sui suoi missili». In genere, quando si guarda ai test nordcoreani, si notano due cose: le bombe che fa detonare sotto terra sono molto piccole (l’esplosione maggiore è stimata in 6 kt, la metà dell’energia sprigionata da Little Boy nel 1945) e i missili lanciati sono ancora ad una fase rudimentale di sviluppo e dunque non possiedono la precisione necessaria a colpire un obiettivo dall’altra parte dell’Oceano Pacifico.

Queste due constatazioni fanno, solitamente, tirare un sospiro di sollievo ad analisti e amministrazione americana. Perché indicano che la Corea del Nord sia ancora lontana dal possedere armi in grado di minacciare il territorio degli Usa. Ma Cassandra/Pry non è affatto rassicurato da questi dati. Per un attacco ad impulsi elettromagnetici (EMP) non servono grandi testate, né missili precisi. Basta far scoppiare una piccola bomba atomica a 500 km di quota, sopra il centro degli Stati Uniti, per provocare un blackout generale su tutta la nazione, parti del Canada e del Messico. A che quota i nordcoreani hanno lanciato il loro primo satellite? A 500 km dal suolo, guarda caso. Dunque sono perfettamente in grado di mandare in orbita bassa un satellite che arrivi sopra le teste degli americani, farlo detonare e spegnere la luce a 300 milioni di cittadini. Con un’economia e una società che si fondano sull’informatica e sulle telecomunicazioni, quali effetti provocherebbe lo possiamo soltanto immaginare. Quello di Pry è un sospetto fondato: già dal 2004 ha ricevuto numerose informazioni sul passaggio di progetti e consulenze dalla Russia alla Corea del Nord, proprio sulla costruzione di “bombe EMP”. Cioè di piccole bombe atomiche in grado di sprigionare un gran numero di raggi gamma, capaci di provocare un blackout generale su un’area continentale se fatte esplodere ad alta quota. Estremo allarmismo o estremo realismo? Purtroppo tutta la strategia nucleare si fonda sulla sorpresa. Solo in caso di un attacco all’America potremmo scoprire se Pry abbia ragione. Ma sarebbe comunque troppo tardi.


di Stefano Magni