Panico da Sequester? Sarà tutta salute

venerdì 1 marzo 2013


Un altro nodo viene al pettine negli Stati Uniti. Se i Democratici e i Repubblicani, a quest’ora, non hanno ancora trovato un accordo definitivo sul “fiscal cliff” (dunque sul rinnovo piuttosto che sull’archiviazione dei tagli al fisco e alle spese) oggi scatta il “sequester”: il taglio automatico di 85 miliardi di spesa pubblica per il 2013. Il panico, oltre che essersi diffuso nelle borse di tutto il mondo, sta dilagando negli Usa. Fino a ieri sera, ciascuno stato e ciascun americano ha visto l’arrivo della temuta mannaia come una tempesta in rapido avvicinamento e già ben visibile all’orizzonte. Per sensibilizzare i governi locali, Barack Obama, nei giorni scorsi, ha convocato tutti i governatori ed ha elencato loro la lista dei risparmi che dovranno affrontare.

Parlando agli operai dei cantieri navali della Virginia, il presidente ha paventato il rischio della perdita di 200mila posti di lavoro per i tagli al Pentagono. Altri 50mila (sempre a causa della riduzione del budget della Difesa) verrebbero bruciati in Texas. Scuole e servizi sociali verrebbero falcidiati per ogni dove. E si prevede una contrazione del Pil americano prevista fra l’1,5% e il 2%. A coronamento di uno scenario da film horror, già circola la notizia che i risparmi siano iniziati dalle carceri: molti pericolosi individui sono stati liberati e sarebbero pronti ad uccidere i nuovi disoccupati. Come sempre, come per il “fiscal cliff”, come per il “debt ceiling” (il tetto fissato al debito pubblico), come per la stessa nomina del nuovo segretario alla Difesa Chuck Hagel, il Congresso si riduce all’ultimo. Ormai dovremmo abituarci: è la strategia adottata dai Repubblicani, per logorare la Casa Bianca. Il presidente, dal canto suo, fa leva sul terrore.

Se non passano i suoi provvedimenti, dice lui, sarebbe una catastrofe. Michael Moore accusava l’ex presidente George W. Bush di seminare volutamente il panico per ottenere quel che voleva (nel 2008 si parlava del bailout per il salvataggio delle banche), ma è stranamente silente sull’identica strategia della paura adottata da Barack Obama. Eppure gli effetti sono gli stessi: il terrore stesso di effetti negativi e imprevedibili, condiziona il mercato e le scelte dei politici. Ma questa percezione è fondata? Il “sequester”, in realtà, potrebbe non essere così catastrofico come lo si pensa. Prima di tutto si tratta di tagli alla spesa pubblica. Quando si parla di riduzione dei costi dello Stato, gli americani realizzano quanto sono diventati dipendenti dal settore pubblico. Ma non dimenticano che ognuno dei servizi che verrebbero a mancare potrebbe anche essere sostituito dai privati. E che l’unico settore realmente pubblico, la Difesa, può anche essere ridotto senza mettere a rischio la sicurezza nazionale degli Stati Uniti.

L’economista Michael Tanner, del think tank Cato Institute, è convinto che la paura creata dal “sequester” sia solo una “fiaba” per spaventare politici e cittadini. Prima di tutto fa constatare come non si tratti di un vero e proprio “taglio”, semmai una “riduzione di incremento” della spesa pubblica. Nel 2013, il budget sarà più alto che nel 2012, anche sottraendo gli 85 miliardi “sequestrati”. E la spesa pubblica sarà in costante crescita di qui fino al 2023, secondo le proiezioni dell’Ufficio della Commissione del Budget del Congresso: fra dieci anni il governo federale americano spenderà quasi 2400 miliardi di dollari in più rispetto ad oggi. La riduzione (sull’aumento della spesa pubblica), ammontando a 85 miliardi di dollari, è pari ad appena il 2,3% del budget. «Per rendere l’idea delle dimensioni – spiega Tanner – il governo federale si indebita di 85 miliardi di dollari ogni 28 giorni». Fra l’altro, occorre anche considerare che, nel 2013, 44 miliardi verranno tagliati in caso di “sequester”, mentre le altre riduzioni saranno spalmate nel corso dei prossimi anni. Quindi la riduzione (ricordiamolo: sulla crescita della spesa pubblica) sarà pari ad appena l’1,2% del budget e dunque allo 0,03% del Pil americano.

La Difesa è il capitolo più doloroso, soprattutto per i Repubblicani che vorrebbero aumentare le spese in quel settore. È il più doloroso in termini assoluti: con una riduzione del 13% rispetto al budget previsto, è sicuramente il “taglio” più consistente. Ma, anche in questo settore, non ci si deve fasciare troppo la testa. La Difesa verrebbe infatti riportata al livello di spesa del 2007. L’anno del “surge” in Iraq e dell’inizio dell’escalation in Afghanistan. Il Cato Institute constata, comparando i dati, che il livello complessivo del budget della Difesa sia attualmente molto più alto rispetto a quello del 1985, l’apice della spesa militare nella seconda amministrazione Reagan, al culmine della Guerra Fredda, proprio nell’anno in cui non pochi analisti temevano lo scoppio di una terza guerra mondiale. Oggi, tra parentesi, non vi sono pericoli altrettanto gravi. Insomma, se il governatore repubblicano del Nebraska, Dan Heinemann, dichiara che il “sequester” possa essere «molto salutare», dobbiamo aspettare prima di dargli del pazzo o del cocciuto, limitandoci a seguire la vulgata obamiana. Perché potremmo scoprire che ha ragione.


di Stefano Magni