L’Iran prende tempo e lavora alla sua atomica

venerdì 8 febbraio 2013


Anche la seconda amministrazione Obama, esattamente come la prima, si apre all’insegna del dialogo con l’Iran. Ma più che dialogo si dovrebbe parlare di monologo. Perché, nel momento in cui il vicepresidente Joe Biden tende la mano, ci pensa subito il grande ayatollah Alì Khamenei, guida suprema dell’Iran, a rispondere col pugno chiuso. «Una pistola puntata contro l’Iran»: così il sito ufficiale della Guida Suprema definisce la proposta di negoziato. La mossa di Biden era priva di precedenti. Finora, infatti, gli Usa avevano invitato alla ripresa di colloqui multilaterali, nell’ambito della struttura del “5+1”, i membri permanenti del Consiglio di Sicurezza dell’Onu più la Germania. Il presidente Ahmadinejad aveva sempre lasciato intendere di preferire colloqui diretti con gli Stati Uniti. Ora, la proposta da Washington era arrivata.

«L’offerta è sempre valida – aveva dichiarata Joe Biden – Ma deve essere vero e dimostrabile che vi sia un’agenda su cui discutere. Non siamo solo preparati a fare esercizi di stile». In un primo momento, domenica scorsa, il ministro degli Esteri iraniano, Alì Akhbar Salehi, aveva concesso una lieve apertura alla proposta negoziale, affermando che l’Iran non abbia delle sue “linee rosse” inviolabili. Dunque, nessun pregiudizio. Ma: «Dobbiamo render chiaro che l’altra parte debba giungere con intenti sinceri per risolvere la questione (nucleare, ndr)». Poi, alla parziale apertura del governo è seguita, ieri, la chiusura totale da parte della Guida Suprema. Ed è Khamenei, non Ahmadinejad l’unico vero responsabile del programma atomico. Non c’è neppure da pensare che vi sia un conflitto fra governo e Guida Suprema. Il primo è l’emanazione della seconda. Nonostante la persistenza di numerosi scontri fra fazioni, il parlamento attuale di Teheran è l’espressione dei partiti più conservatori, vicini all’ayatollah.

Ahmadinejad stesso (espressione della linea rivoluzionaria) è messo in minoranza. La divergenza fra esecutivo, legislativo e Guida Suprema, è solo nel linguaggio. Per il governo è più opportuno presentare un profilo con meno spigoli e lasciare sempre aperta una porticina per il dialogo. La Guida Suprema, al contrario, deve esprimere una linea ideologica, dottrinaria, religiosa, di lungo termine e non può neppure permettersi di scendere a compromessi. In ogni caso, qualcuno sta mentendo. Nel migliore dei casi, mente Khamenei, mentre l’Iran si appresterebbe a iniziare una trattativa seria. Nel peggiore, il governo sta prendendo tempo ed è Khamenei a dir la verità. L’esperienza del passato (tutti i colloqui, finora, sono falliti) fa temere che sia vera la seconda ipotesi e che l’idea stessa della trattativa fosse solo un bluff. C’è ancora tempo per rimediare da qui al prossimo vertice del “5+1”, che si terrà in Kazakhstan il prossimo 26 febbraio. Ma, a meno che non si verifichino colpi di scena o non si svolgano colloqui segreti fra Usa e Iran, si delinea lo scenario di sempre: il regime iraniano prende tempo e prosegue, indefesso, verso il completamento del suo programma nucleare. D’altra parte, perché mai dovrebbe cambiare rotta proprio adesso, ad un passo dal suo obiettivo? Secondo gli ultimi rapporti dell’Aiea (Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica), ci sono almeno due siti sospetti in cui potrebbe essere completato un programma nucleare anche militare.

A Fordo, dentro una montagna, è raddoppiato il numero delle centrifughe per l’arricchimento dell’uranio. L’uranio arricchito può essere utilizzato per la fabbricazione di testate nucleari. A Parchin, invece, l’Aiea ci vede ancora meno chiaro. E sospetta che, in quel sito militare, siano già stati condotti in passato dei test per la fabbricazione delle testate vere e proprie, utilizzando (per ora) solo esplosivi convenzionali. In sintesi, a Fordo si prepara la materia prima e a Parchin il suo contenitore. Terzo: già a settembre sarebbe stato prelevato del plutonio dalla centrale di Bushehr. E anche il plutonio è materiale fissile adatto per la costruzione di bombe atomiche. Quali sarebbero i tempi previsti? Non lunghi. Gli analisti sono divisi. Secondo la stima del Mossad (solitamente più pessimista), l’Iran sarà pronto per il suo primo test nucleare per il 2015. Precedenti stime parlavano del 2012, o addirittura (nei primi anni 2000) del 2010. Ma l’allungamento dei tempi previsti non è dovuto ad una passata sopravvalutazione israeliana sulle capacità industriali iraniane. Bensì sul rallentamento effettivo del programma atomico di Teheran, dovuto, prima di tutto, ai sabotaggi e ai disordini interni: virus informatici, uccisione di scienziati nucleari, ondate di proteste che hanno costretto il regime a “distrarre” le proprie risorse per mantenere il potere.

L’Iran potrebbe rinunciare al programma atomico a causa delle sanzioni? Finora le misure restrittive dell’Onu sono state facilmente aggirate. Così come le navi cambiano bandiera, anche le banche possono aggirare i limiti. E prova ne è che sono stati colpiti, dal nuovo round di sanzioni, alcuni istituti creditizi nordcoreani, che facevano affari con le banche iraniane… due settimane fa. L’economia iraniana è duramente colpita. La popolazione ne soffre. Ma non al punto da far scoppiare una rivoluzione. Il programma nucleare, in sé, non pare proprio soffrirne. D’altra parte non c’è alcun embargo. Teheran può ancora rifornirsi di tutto ciò di cui ha bisogno dalla Russia e dalla Cina, i suoi principali fornitori di tecnologia sia nucleare che militare. Le sanzioni, piuttosto, sono un valido pretesto per bloccare ogni trattativa. Anche nel prossimo round negoziale del “5+1” c’è da attendersi che la proposta del regime iraniano suoni all’incirca come un: “prima levate tutte le sanzioni, poi riparleremo del resto”. Prendere tempo e poi mostrare agli altri il fatto compiuto: questa potrebbe essere, con tutta probabilità, la strategia di Khamenei. E una volta che l’Iran sarà diventata una potenza nucleare, nessuno può garantire come userà il suo nuovo potere. Come un deterrente per garantire la propria incolumità internazionale, o per annientare Israele, per manifestare (col suo solo possesso) la propria potenza agli altri Paesi musulmani e tornare alla guida della rivoluzione islamica o per ricattare i Paesi del Golfo. O tutte queste cose assieme. Nessuno lo può prevedere.


di Stefano Magni