La crisi nucleare vista Pyongyang

giovedì 31 gennaio 2013


Ora tocca anche alla Corea del Sud. Ieri ha lanciato in orbita il suo satellite meteorologico. In un qualsiasi altro momento e in un qualunque altro luogo del mondo, questa non sarebbe neppure una notizia. Ma il satellite è stato lanciato da Seul, all’indomani delle nuove sanzioni Onu contro la Corea del Nord, un mese e mezzo dopo il lancio di un missile nordcoreano e, soprattutto, alla vigilia del terzo test nucleare del regime di Pyongyang. «Il lancio del missile “Naro” da parte della Corea del Sud non costituisce alcun pericolo per il Nord – commentava ieri Yang Moo Jin, professore di Studi Nordcoreani all’Università di Seul – ma dà a Pyongyang l’opportunità di contestare la risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’Onu. Il Nord può criticare il doppio standard usato dalle Nazioni Unite, che permettono al Sud di effettuare il lancio di un satellite proprio mentre al Nord viene proibito».

Ora Pyongyang, non solo critica le Nazioni Unite (come farebbe chiunque), ma minaccia direttamente l’uso della forza contro il Sud. «I provocatori subiranno una rappresaglia spietata», si legge in un lungo proclama bellicoso pubblicato sulla Kcna, l’agenzia di notizie ufficiale del regime stalinista. In un altro lancio della stessa agenzia, le sanzioni dell’Onu vengono paragonate al Patto di Monaco del 1938, quando le grandi potenze imposero alla Cecoslovacchia di cedere la regione dei Sudeti a Hitler (dando a quest’ultimo il coraggio di alzare la posta, fino a far scoppiare la Seconda Guerra Mondiale). La logica di questo parallelo storico, alquanto contorto, è spiegata così da un ricercatore dell’Accademia delle Scienze Sociali di Pyongyang, Kim Ha-il: «La situazione che si è venuta a creare dopo il lancio del satellite della Repubblica Democratica Popolare della Corea, prova chiaramente che c’è un limite alla capacità delle parti in causa nel cercare una soluzione equa ed evitare un aggravarsi della situazione – perché, si legge in seguito – È chiaro come il sole che, se agli Usa verrà lasciata mano libera nel violare la sovranità della Corea, un’ulteriore umiliazione sarà subita dalla Corea e alle parti in causa saranno chieste ulteriori concessioni. Dai risultati del Patto di Monaco possiamo trarre la lezione che una singola concessione a una forza egemonica causa altre cento concessioni e, in ultima istanza, la morte. La Repubblica Democratica Popolare della Corea non può permettere ad altri di violare il proprio legittimo diritto di lanciare satelliti a scopo pacifico, non può permettersi di subire la stessa tragica fine che fecero altri dopo aver sacrificato la regione dei Sudeti nel nome del “patto” di Monaco».

Da questa analisi si può dedurre che la Corea del Nord stia cercando di chiamare in causa anche la Cina. Perché il discorso fa leva sul presunto espansionismo degli Stati Uniti, intenti, secondo l’articolo della Kcna a: «concentrare le loro forze armate nella regione dell’Asia orientale, comprese tutte le potenze regionali (Cina, ndr), creando una situazione di grave confronto militare». Il messaggio è chiaro: “Attenta Cina, se oggi ci obblighi a fare concessioni, domani gli americani verranno a bussare alla tua porta”. La propaganda nordcoreana sta anche rispolverando la paura di un immaginario imminente attacco nucleare statunitense. In un lancio di agenzia di due giorni fa, infatti, si legge che gli Usa avrebbero «Trasformato la Corea del Sud nel loro più grande deposito nucleare e base avanzata per le loro forze nucleari nell’estremo oriente. (Gli Stati Uniti, ndr) tutti gli anni conducono manovre per prepararsi a una guerra nucleare contro la Repubblica Democratica Popolare della Corea, sia nel Sud della Corea che nelle sue immediate vicinanze, con ampio uso di armi atomiche. (Per gli Usa, ndr) la Repubblica Democratica Popolare è il bersaglio di un attacco nucleare preventivo, come si legge, più volte nei rapporti sulla strategia atomica».

Visti con gli occhi di Pyongyang, anche gli Stati Uniti di Obama (che stanno facendo di tutto per ridurre i propri arsenali nucleari, soprattutto dopo il trattato Start) appaiono ancora come quelli degli anni più caldi della Guerra Fredda. Si legge infatti che, in America vengano condotti regolarmente «…serie di test nucleari, col pretesto di “garantire la sicurezza degli arsenali atomici”, mentre somme ingenti vengono spese per modernizzare le armi di distruzione di massa. Gli Usa stanno concentrando i loro sforzi nei preparativi di una guerra contro la Repubblica Democratica Popolare e stanno trasformando Giappone e Corea del Sud nelle loro basi avanzate, per condurre un attacco nucleare preventivo (…) È stato riferito, in un giornale sudcoreano, che il comando strategico statunitense abbia già predisposto il piano operativo Oplan 8010-08 nel 2009, che prevede un attacco agli obiettivi militari, politici e nucleari della Corea, usando armi sia convenzionali che atomiche (…) Più gli Usa saranno ostili nei confronti della Repubblica Democratica Popolare, più quest’ultima rafforzerà il suo deterrente nucleare per autodifesa. Le forze armate rivoluzionarie spazzeranno via gli imperialisti dalla faccia della Terra».

È sulla base di questa visione paranoica del mondo (che era tipica anche di Stalin, a suo tempo), che la Corea del Nord vede il lancio del missile civile sudcoreano come uno dei sintomi della guerra prossima ventura. Oltre a tutto, la Corea del Sud non è neppure riconosciuta come uno Stato indipendente e sovrano: Pyongyang la considera solo una “base avanzata” degli Stati Uniti, il governo di Seul come un “regime fantoccio”, costituito da “traditori”. È direttamente con gli Usa che i dirigenti nordcoreani credono di essere in guerra. Al fine di rafforzare un “deterrente per autodifesa”, i nordcoreani si stanno preparando a rispondere alle sanzioni Onu con un prossimo test nucleare sotterraneo. Non è detto che ci riescano, ma secondo stime dell’intelligence statunitense, avrebbero già accumulato abbastanza materiale fissile per confezionare 8 bombe atomiche. Non appena saranno tecnicamente in grado di farlo, le schiereranno. Come intendano usarle, non è dato saperlo.


di Stefano Magni