Usa, proibire i coltelli oltre ai fucili?

sabato 12 gennaio 2013


Negli Usa è iniziato il primo round di negoziati sulle nuove leggi sulle armi da fuoco. Lo shock della sparatoria della scuola elementare Sandy Hook di Newtown è ancora molto vivo. E la volontà dell’amministrazione Obama a limitare il porto d’armi era ben evidente sin dalla sua prima campagna elettorale del 2008. Quindi vi sarebbero tutte le condizioni per una riforma. Ma quale? Qualsiasi legge deve comunque essere approvata dal Congresso e deve essere conforme al dettato costituzionale. Il Congresso è profondamente diviso. I Repubblicani sono assolutamente contrari e hanno la maggioranza alla Camera. E la Costituzione, in merito, è molto chiara: il Secondo Emendamento, da tre secoli, protegge il diritto individuale a portare armi.

Di conseguenza, Barack Obama non può cambiare la legge con una semplice decisione, deve trovare un accordo più ampio possibile. E ha sguinzagliato il suo vicepresidente, Joe Biden, alla testa di una commissione governativa, per dialogare sia con le associazioni delle vittime, sia con quelle che sostengono il diritto a portare armi, prima fra tutte la National Rifle Association (Nra). In un primo colloquio, giovedì, sono emerse alcune linee guida per un accordo possibile. Biden mirerebbe ad ottenere una riforma completa pur nei limiti del Secondo Emendamento: più controlli e più divieti, soprattutto sulle armi d’assalto e sulle munizioni potenziate, sui megastore di armi e sulla facilità del loro reperimento. Il presidente della Nra, David Keene esclude qualsiasi negoziato su questo secondo punto, ma sembra essere d’accordo sul primo.

«Non pensiamo che sia giusto demonizzare chi ha problemi mentali – ha dichiarato David Keene – ma il fatto è che esiste molta gente che si colloca in una zona grigia. E che non dovrebbe poter comprare armi». Lo dice constatando che tutti i pluri-omicidi di questi decenni mostravano seri problemi mentali. Tutti, nessuno escluso: dallo stragista della Columbine High School a quello del Virginia Tech, dal folle che ha ucciso il pubblico del cinema Aurora fino all’attuale massacratore dei bambini della Sandy Hook. C’è però, anche qui, un problema pratico: se un’arma viene venduta da un privato a un altro privato, come verificare che fra i suoi clienti vi siano persone mentalmente sane? Negli Usa non hanno la Stasi (la polizia politica della DDR) e non hanno neppure il redditometro. Per cui si dovrebbe mettere in piedi un apparato di controllo ex novo per verificare la salute mentale di tutti coloro che vendono o acquistano armi.

Un bel problema, anche per la libertà. Secondo: la definizione della “zona grigia” fra la salute mentale e la follia è abbastanza arbitraria e non sempre appropriata. Gli psicologi e gli psichiatri acquisterebbero, di colpo, un grande potere istituzionale. Meglio fidarsi di loro o del buon senso del negoziante texano che ti vende un’arma d’assalto? Infine, ma non da ultimo, chi vuole veramente procurarsi un’arma per ammazzare decine di bambini, non è detto che lo faccia attraverso canali tracciabili. Una pistola può sempre essere rubata (anche a tuo papà che in quel momento non è in casa) o procurata sul mercato nero. Una nuova legge che preveda la pubblicazione di un database sulla salute mentale di tutti i possessori di armi, permetterebbe di far luce solo sui cittadini che le acquistano regolarmente. Non sui veri criminali, né sui potenziali stragisti. Quanto al possesso di un tipo di arma piuttosto che un’altra, siamo sicuri che vietando solo le munizioni potenziate e le armi d’assalto si risolva il problema? In una statistica dell’Fbi sui delitti del 2011, leggiamo che più del 50% degli omicidi avviene col coltello. Solo 323 persone, su 3239, sono state uccise con armi da fuoco di tutti i tipi (d’assalto e non). Stando al criterio di rischio, si dovrebbero vietare i coltelli, non i fucili.


di Stefano Magni