Sono davvero cattivi questi israeliani ?

giovedì 3 gennaio 2013


Lui si chiama Jihad, è un bambino palestinese, e soffre di una rara sindrome che se non curata lo porterà a restare alto al massimo un metro e venti e a diventare cieco. L’Anp non può assisterlo e quelli di Hamas pensano solo alla “jihad” di cui proprio questo piccolo porta l’orrendo nome. Chi lo salverà allora? Giudichi il lettore: la commissione nazionale israeliana dei farmaci ha fatto entrare nella lista dei farmaci a carico del contribuente israeliano una medicina che costa più di 200.000 euro a confezione per curare una malattia rarissima e salvare la vita all'unico ammalato che ne soffra nel paese, un bambino arabo di Gerusalemme est. Altro giro, altro caso: agli inizi del dicembre 2012 un bambino palestinese di due anni proveniente dalla Cisgiordania ha subito un trapianto di midollo osseo in Israele, al Chaim Sheba Medical Center di Tel Hashomer. La procedura era stata finanziata dalla amministrazione civile cittadina, dopo che l'Autorità palestinese aveva rifiutato la richiesta della famiglia di finanziare l'intervento. A quelli d’altronde i soldi sembrano servire solo o per arricchimento personale, vedi Arafat e coniuge, o per finanziare la lotta armata.

I su citati sono solo due delle migliaia di esempi che si potrebbero fare e che sfatano le leggende della cattiveria degli israeliani verso i bambini palestinesi. Che certo possono venire uccisi se i genitori fanatici religiosi li mettono a guardia dei lancia razzi che sparano kassam a raffica su Ashkelon e Ashdod, ma che sicuramente vengono trattati con i guanti quando si rivolgono alla sanità pubblica di Gerusalemme. Il caso di Jihad sicuramente è clamoroso: quale governo mondiale metterebbe a spese del contribuente un farmaco che costa per ogni anno di cura oltre un milione e mezzo di euro per salvare la vita di un solo essere umano? Certo, Israele in questo momento è in crescita economica e otto milioni di abitanti non sono 80, da assistere. Ma rimane il gesto. Che ovviamente i detrattori e gli anti semiti già bollano come “propagandistico”. Chi però comincia ricredersi sono i genitori degli interessati.

Quelli di Jihad ad esempio furono consigliati sottobanco di portare il bambino in America, sempre che ne avessero avuto i soldi. Ma nemmeno negli Stati Uniti esiste una cura per chi ha questo rarissimo deficit dell’enzima che in ebraico è stato denominato “Arilsolftaz”. «I medici mi hanno spiegato che lui crescerà soltanto fino all'altezza di 1,20 metri, e avrà problemi con il cuore, i reni, gli occhi e le ossa. Davvero mi sono sentito perso quando l'ho sentito», dice oggi il padre ai media israeliani. Sammy e Iman erano disperati e impotenti contro la malattia del figlio, poi hanno sentito che forse in Israele c’era una cura, già usata in passato per uno che soffriva la sua stessa rarissima sindrome. In particolare venne fuori il nome di questo farmaco, “Nglziim”, che costava, per la cura di un anno, ma Jihad dovrà essere curato per tutta la vita, oltre un milione e duecentomila euro.

Detto fatto, la coppia che ama tanto gli ebrei da avere chiamato il figlio Jihad, si trasferisce nella parte ovest di Gerusalemme e ottiene immediatamente assistenza. Non solo: il terribile governo di destra di Nethanyahu fa approvare a tempo di record l’inserimento del farmaco nel prontuario a rimborso totale a spese della collettività, benché serva solo a un bambino palestinese, un unico bambino, non mille. Ecco questo è un esempio che da solo combatte centomila leggende metropolitane sui maltrattamenti di cui sarebbero oggetto i “poveri bambini palestinesi” di Gaza o della West Bank da parte dei perfidi israeliani. Non a caso la notizia sui media italiani ed europei fatica a trapelare. E magari la prossima volta che faranno un figlio Sammy e Iman invece di chiamarlo Jihad gli daranno un nome più bene augurante per la pace e la concordia tra i due popoli che dovrebbero vivere in due stati confinanti e in sicurezza.


di Dimitri Buffa