Siria: la diplomazia temporeggia ancora

martedì 16 ottobre 2012


Ci risiamo. Così come è stato per molto tempo, prima dell’intervento militare, in Libia, anche per la crisi siriana, oramai da mesi, il balletto inconcludente delle diplomazie mondiali appare sempre più somigliante al celeberrimo (quanto storicamente fasullo) ordine della marina borbonica, Facite ammunina. Dichiarazioni, prese di posizione, accuse, denunce di massacri, misure di embarghi o restrizioni commerciali, più annunciate che perseguite, rendono l’attuale situazione in quell’area, se non fosse sul campo drammaticamente disastrosa, assolutamente ridicola.

L’immobilismo americano pre-elezioni presidenziali, lo scacco pressochè continuo e costante sotto cui la Russia tiene quasi l’intero continente europeo, con le sue riserve energetiche e la generale disastrosa situazione economica che attanaglia e preoccupa i governi del vecchi continente, tutto questo impedisce per ora che la crisi siriana si possa ragionevolmente risolvere in tempi brevi, non solo dal punto di vista militare, anche da quello politico. L’intrecciarsi ed il sovrapporsi delle dichiarazioni e delle prese di posizione diplomatiche non fa intravedere infatti alcuna direzione comune e condivisa.

Il ministro degli Esteri russo, Serghei Lavrov, per esempio, ha smentito le informazioni diffuse dall’ong statunitense Human Rights Watch, secondo la quale il regime di Damasco utilizzerebbe contro i ribelli bombe a grappolo di fabbricazione russa. Stando a un rapporto di Hrw, diffuso ieri, l’aviazione siriana avrebbe infatti già sganciato cluster bomb di origine sovietica sulle città di Tamanea, Taftanaz e al-Tah.

«Non vi è conferma di questo», ha replicato Lavrov da Lussemburgo, dove ieri sera ha partecipato a una cena di lavoro sulla crisi siriana con i ministri degli Esteri dell’Unione Europea. «Ci sono molte armi in Siria e in altri Paesi della regione, e si tratta di armi fornite in grandi quantità e illegalmente», ha sottolineato Lavrov. Come riportato dall’agenzia di stampa statale Ria-Novosti, il capo della diplomazia russa ha poi aggiunto che «è molto difficile stabilire da dove e in che modo arrivano armi e munizioni» in quelle zone.

Va detto che la Convenzione sulle munizioni cluster di Oslo, firmata anche dall’Italia nel 2008 e ratificata nel 2011, proibisce produzione, commercio e stoccaggio di questo tipo di ordigni.

La Siria non ha mai firmato il trattato che mette al bando le bombe a grappolo, come pure altre nazioni rilevanti sullo scacchiere politico internazionale: dalla stessa Russia, alla Cina, fino agli Stati Uniti. 

Altro giro, altra corsa sull’ottovolante diplomatico. L’inviato delle Nazioni Unite e della Lega Araba per la pace in Siria, Lakhdar Brahimi, a Baghdad per proseguire i colloqui istituzionali mirati alla soluzione della crisi siriana (ulteriore tappa del suo tour nella regione che lo ha portato prima in Arabia Saudita, quindi in Turchia, poi in Iran) incontrerà il primo ministro Nuri al-Maliki. «Brahimi non ha finora proposto, né intende proporre ai suoi interlocutori l’invio di una forza internazionale in Siria» ha spiegato il suo portavoce al presidente della Conferenza nazionale siriana, Ammar Qurabi, come riporta Al Arabiya. Il ministro degli Esteri iraniano Ali Akbar Salehi, dal canto suo, ha proposto a Brahimi una soluzione politica per la fine della crisi in Siria, suo alleato chiave. Due giorni fa, Brahimi aveva anche incontrato il presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad.

Nulla all’orizzonte, insomma, mentre le violenze ed i massacri continuano, da una parte all’altra. Forse dopo le presidenziali USA... chissà.


di Luca Albertario