Comprendere le vere cause dell'odio

martedì 18 settembre 2012


Quanto accade nel mondo islamico, dal Marocco all’Indonesia, lascia di stucco coloro che vedevano, e forse continuano a vedere, nella Primavera Araba un risveglio in senso democratico dei popoli dell’Oriente Medio. La portata della violenza è indubbiamente eccezionale, ma non è la prima volta che per simili ragioni si infiammano i Paesi islamici ai danni di cristiani o occidentali. Accadde con le celeberrime vignette danesi e con il discorso di Benedetto XVI all’università di Ratisbona. In tutti i casi si è potuto vedere un palese e illogico scollamento fra le cause e gli effetti, fra coloro che si sono resi responsabili di aver vituperato, insultato, deriso o semplicemente criticato la religione islamica e chi invece, ahinoi, ha pagato il prezzo pensate della furia dei musulmani. Come si fa a spiegare una simile irrazionalità?

Fra il coro di esperti non manca mai una visione terzomondista che tramite le lenti del materialismo storico pretende di esaminare e ricondurci ad una visione chiara degli eventi e dei suoi sviluppi. Le basi di queste teorie partono da una presa di coscienza delle condizioni materiali delle popolazioni islamiche, dove un occidente depredatore, o quantomeno imprudente, ha sostenuto dittatori, sfruttato risorse naturali, e ingannato i popoli locali che, come unica loro possibilità di azione, non possono far altro che ripagarci con la stessa moneta. Conseguentemente per dare una virata seria e invertire la tendenza di quest’odio, la strada da percorrere è quella di una diversa politica libera dalla forza, che capisca e sostenga tutte le componenti e le aspirazioni del popolo. Quest’ultimo, come la buona tradizione marxista insegna, è naturalmente portato verso la tolleranza, l’eguaglianza, il rispetto delle minoranze, e la repulsione dell’aggressività. Questo rapido riassunto mostra idee non certo nuove, che trovano già fondamento nel pensiero di tanti nostri connazionali illustri, da Mazzini a Dario Fo.

L’analisi degli storico-materialisti trova tutti i suoi limiti nell’universalità della propria natura, e si arroga il diritto di poterla estendere anche a società culturalmente molto distanti dalle nostre. Questa certezza annebbia le capacità analitiche e impedisce di contemplare la possibilità che i desideri del mondo islamico possono differire da quelli dell’occidente, che i nostri stili di vita e non le loro condizioni economiche possano essere sufficienti per combatterci e volerci distruggere e che la religione non sia una sovrastruttura, ma generi e tracci le linee guida delle azioni di un popolo. Con tutta probabilità in maniera inconscia non ci si rende bene conto di quanto profonda sia l’arroganza di questo ragionamento, con il quale si afferma di interpretare i voleri di milioni di esseri umani privandoli allo stesso tempo di una loro propria volontà e capacità decisionale. La sicurezza incrollabile, che spesso sfocia  nella fede miope, cerca una risposta a tutto e su tutto, sempre esulando i popoli dalle responsabilità delle loro azioni, come se gli umani sentimenti di odio, rabbia, desiderio di conquista e brama di vittoria e potere gli siano naturalmente estranei.

Leggiamo con una certa frequenza che le dimostrazioni siano pilotate dai gruppi estremisti, senza riflettere che forse i milioni di persone che inneggiano alla morte dell’occidente lo facciano coscientemente, senza coercizione e in perfetta sintonia con la loro pluri-secolare etica religiosa. All’alba delle primavere arabe trionfavano le aspettative dei molti che finalmente vedevano nella fine di terribili dittature la strada verso la pace e la vittoria dell’Islam moderato, oggi si dovrebbe ammettere, sebbene sia un esercizio dolorosissimo, che tali aspettative sono state deluse, e che i giovani che hanno lottato per la liberazione dei loro Stati sono stati soppiantati da masse ben più numerose, e agguerrite, che preferiscono le scritture sacre a quelle illuministe. Proprio questa evidenza risulta difficilmente digeribile per tutti coloro che nelle dittature e nella mancanza di libertà trovano la chiave di lettura di quel mondo, dove i nostri valori, più che le nostre azioni sono motivo di astio e paura. È quantomeno singolare che la ragione occidentale, che sin dai tempi di Sant’Agostino si avvale del dubbio come prova dell’esistenza dell’uomo, si aggrappi così saldamente ad uno schema esaminativo ritenuto infallibile e con estrema riluttanza ne voglia accettare l’inutilità di fronte a simili inspiegabili manifestazioni.

Aprioristicamente si scarta la probabilità che i diritti per minoranze e omosessuali, la battaglia per l’emancipazione delle donne, la libertà sessuale e soprattutto una legge laica che spodesta la loro legge islamica siano i veri nemici contro cui combattono e che il nostro traguardo di voler relegare Dio semplicemente nella nostra vita privata sia il principale demonio da annientare. Ancor più inaccettabile risulta agli occhi dell’osservatore occidentale che simili cause bastino per scatenare violenze e bestialità come quelle di Bengasi e Khartoum. Eppure è successo, e verosimilmente ricapiterà per motivazioni analoghe che non serve continuare a incasellare in preconcetti e strutture difficilmente applicabili a chi con la ragione occidentale non ha mai avuto molto a che fare.

Detto questo sarebbe certo un errore pensare che l’opinione delle masse islamiche nei confronti dell’occidente non sia conseguenza anche delle nostre azioni, ma è necessario ricordare che nella lunga lista degli errori commessi in Medio Oriente, non ultimo è stato il nostro convincimento di conoscere il loro volere, indubbiamente un principio rassicurante, ma proprio per questo molto pericoloso in quanto si è ben lontani dal volerci rinunciare.


di Nicola Seu