Stevens non è morto per caso

martedì 18 settembre 2012


L’ambasciatore americano Chris Stevens potrebbe essere stato violentato prima di venire linciato e ucciso. La notizia, ancora da verificare, viene da fonti vicine al governo libico, citate dal sito www.tayyar.org, che è un quotidiano online libanese.

C’è da dire che fin dai primi momenti della diffusione della notizia, dell’assalto dei terroristi al consolato di Bengasi, aveva molto meravigliato la reazione americana a caldo tutta tesa a fare credere che la colpa fosse del film “blasfemo” su Maometto, in realtà un trailer di 13 minuti e 51 secondi vagamente parodistico del kolossal “Risala” prodotto e finanziato proprio da Gheddafi nel 1976 in due versioni, una araba e una inglese, quest’ultima con protagonista Anthony Quinn.

Una reazione che ha compreso anche la diffusione di una versione anti semita dell’assalto: “Innocence of islam”, si disse all’inizio, sarebbe stato prodotto da un regista ebreo e finanziato da ricchi americani di origine americana. Poi è venuta fuori la storia del pamphlet cinematografico dei copti. Insomma la classica disinformazione che puzza un tantino di intelligence, magari non particolarmente intelligente.

E ora si capisce anche perché: l’ambasciatore in questione, con tutti i dovuti distinguo, era una specie di Arrigoni americano, non particolarmente amico di Israele, convinto che l’estremismo islamico e il terrorismo potessero essere curati con la medicina omeopatica di un regime change gestito dalla Fratellanza Musulmana. Uno che voleva diventare ambasciatore in Iran, dove gli americani non hanno alcuna rappresentanza diplomatica, per continuare la politica della mano tesa all’Islam propugnata da Obama nel famoso discorso del Cairo. Uno che aveva contribuito personalmente alla caduta di Gheddafi, e che ora sarebbe stato ringraziato e ripagato con lo scempio del suo corpo in vita e poi del suo cadavere nella stessa identica maniera che ha caratterizzato il linciaggio di Gheddafi.

Alla luce di queste sibilline rivelazioni, che vengono dal Libano (Paese pressoché controllato dagli Hezbollah, cioè dall’Iran), potrebbe essere messa in discussione la versione ufficiale della morte per asfissia: in realtà l’ambasciatore Stevens non sarebbe stato una vittima “casuale” di un assalto improvvisato, per vendetta all’oltraggio alla figura del Profeta, ma un bersaglio pianificato da tempo e forse dissimulato con questo pretesto. Proprio domenica alcuni giornali, anche italiani (vedi La Stampa), hanno anche rilevato una curiosa coincidenza: il film e il trailer erano in rete già da tre mesi ma nessuno se ne era accorto. In compenso, l’8 settembre, proprio tre giorni prima dell’attacco, qualcuno si è preso la briga di metterlo online proprio su un sito islamista.

Sia come sia, l’ultima parola sulle esatte circostanze e le cause della morte del diplomatico americano stanno per emergere e sembrano essere per l’amministrazione americana persino più imbarazzanti che il fatto in sé. Meglio dare la colpa al film “blasfemo” su Maometto che dovere ammettere l’ennesimo buco nell’intelligence per giunta in concomitanza con l’11 settembre.


di Dimitri Buffa