Roosevelt nascose la strage di Katyn

mercoledì 12 settembre 2012


Un imbarazzante segreto del passato americano riemerge dagli archivi nazionali degli Stati Uniti: nel 1943 l’amministrazione Roosevelt contribuì a coprire il massacro sovietico di Katyn. Tre anni prima, nel 1940, i sovietici fucilarono, in quella foresta, 22mila prigionieri di guerra polacchi, tutti ufficiali.

Furono assassinati nel quadro di un progetto di occupazione ben preciso. Secondo il patto di non-aggressione Ribbentrop-Molotov, firmato dall’Urss e dalla Germania nazista nel 1939, Mosca avrebbe mantenuto il suo dominio su tutta la Polonia orientale. La regione occupata avrebbe dovuto essere immediatamente “sovietizzata”, tramite la liquidazione della nobiltà, del clero e della classe borghese, la nazionalizzazione dell’industria e la collettivizzazione delle terre. La fucilazione di massa degli ufficiali polacchi prigionieri, contraria ad ogni legge di guerra, doveva essere solo uno degli atti preliminari di questo programma.

Poi la situazione si ribaltò all’improvviso. Hitler, rompendo il patto Ribbentrop-Molotov, invase l’Urss nel giugno del 1941. E nel 1943, le truppe occupanti tedesche, trovarono le fosse comuni a Katyn, diffondendo subito la notizia del crimine commesso dai sovietici. Due ufficiali statunitensi, il capitano Donald Steward e il colonnello John Van Vliet, prigionieri dei tedeschi e testimoni della riesumazione delle salme a Katyn, confermarono la giustezza dell’accusa tedesca. Riuscendo a comunicare con l’America, tramite messaggi in codice, citarono numerose prove (fra cui lettere e diari degli ufficiali fucilati) che dimostravano il crimine sovietico.

L’amministrazione Roosevelt, dunque, era al corrente del crimine di Stalin. Ma preferì nasconderlo. La versione ufficiale degli Alleati, sin dopo la fine della guerra, fu la stessa data da Mosca: gli ufficiali polacchi sepolti a Katyn erano vittime delle SS tedesche. L’intento dell’amministrazione americana era chiaro: si doveva vincere la guerra al fianco dell’alleato sovietico e dunque Stalin non doveva essere disturbato.


di Stefano Magni