Clinton e Carter benedicono Obama

venerdì 7 settembre 2012


Gli ex presidenti democratici danno il loro endorsement a Barack Obama e sperano in lui. Il giorno dopo l’intervento video di Jimmy Carter, ieri era il turno di Bill Clinton.

Carter, se vogliamo fare i superstiziosi, sta portando sfortuna a Obama. Lo ha infatti paragonato a se stesso: «Trentasei anni fa, nel bicentenario della nostra nazione, ho accettato la vostra nomination di candidato presidente degli Stati Uniti – ha detto Carter – Dissi che l’America aveva bisogno di un presidente capace di condividere i vostri sogni, che fosse capace di assorbire la forza e la saggezza da tutti voi americani. Signore e signori, sia adesso che i prossimi quattro anni, abbiamo questo leader alla Casa Bianca». Carter, nel 1980, non fu rieletto alla Casa Bianca. La sua amministrazione è tuttora ricordata come una delle meno efficaci e popolari della storia recente degli Stati Uniti.

Bill Clinton è stato certamente un esempio di maggiore successo. Eletto nel 1992, è stato riconfermato nel 1996, nonostante la bruciante sconfitta subita alle elezioni di medio termine (per il rinnovo di parte del Congresso) del 1994. Nel 2000, quando si presentò il suo vice Al Gore, Bush riuscì a batterlo di un soffio, dopo il riconteggio dei voti in Florida, in una tornata elettorale la cui regolarità fa ancora discutere. Bill Clinton, nella Convention di Charlotte, ha gettato, a favore di Obama, il suo peso di presidente invitto. Prende atto della difficoltà economica in cui si trovano, oggi, gli Stati Uniti, dopo quattro anni di amministrazione democratica. Ma giustifica questi risultati facendo presente le condizioni in cui Obama ha assunto l’incarico: «…eletto solo sei settimane dopo il peggior collasso dai tempi della Grande Depressione». L’altra giustificazione è la non-collaborazione dei Repubblicani al Congresso: «Avremmo potuto fare meglio- dice Clinton – se i Repubblicani non avessero bloccato il piano presidenziale per il lavoro, cosa che è costata alla nostra economia la perdita di 1 milione di posti di lavoro. Ma ecco un’altra statistica: Obama ha creato 4,5 milioni di posti di lavoro. I Repubblicani al Congresso: 0». Clinton passa poi ad elencare le opportunità di impiego create o salvate dall’amministrazione: 250mila posti di lavoro nel settore automobilistico, altri 250mila nel settore manifatturiero… oltre a possibili altri 500mila posti in più nel nuovo settore delle energie rinnovabili, nei prossimi 20 anni. Un mercato, però, che non sta in piedi sulle sue gambe, ma richiede aiuti di Stato. Quindi: tasse.

Bill Clinton sposa senza riserve la visione dell’America del XXI Secolo di Barack Obama: «Una nazione dalle opportunità condivise, dalle responsabilità condivise, dalla prosperità condivisa e dal condiviso senso di comunità». E così facendo, supera (o rinnega del tutto) quello che fu il segreto del suo successo: coniugare gli ideali progressisti con il libero mercato. Clinton fu un “neo-liberal”, in grado di mantenere intatta la riforma economica di Reagan aggiungendovi leggeri interventi di Stato a favore della crescita. Sposando la ricetta di Obama, anche Clinton dimostra di voler accettare il nuovo volto, molto più socialista, del Partito Democratico. E con questo si capisce perché i Repubblicani (come lamenta Clinton) non vogliano più collaborare con spirito bi-partisan.


di Stefano Magni