Attacco a Israele: per Hamas è complotto

martedì 7 agosto 2012


Un misterioso commando ha dato l’assalto ad un check point dell’esercito egiziano, poco dopo il tramonto di domenica. I militari, che stavano consumando la loro tradizionale cena iftar (dopo il tramonto di un giorno di digiuno, nel mese sacro del Ramadan), sono stati colti completamente di sorpresa, da questi uomini dal volto coperto, in abiti beduini e pesantemente armati. Sedici egiziani hanno perso la vita nello scontro a fuoco. E, quel che poteva essere preludio di numerose nuove vittime, due loro mezzi blindati sono stati catturati e dirottati dal commando sulla frontiera con Israele. Uno dei due trasporto-truppe è esploso al valico di frontiera. Era imbottito di esplosivo e, probabilmente, il suo scopo suicida consisteva proprio nell’aprire un varco. L’altro mezzo, comunque, ha avuto solo il tempo di entrare in territorio israeliano, prima di essere centrato e distrutto dai missili dell’aviazione. Un sopralluogo delle Forze di Difesa Israele ha permesso di trovare otto cadaveri (tuttora non identificati) degli ex appartenenti al commando.

Non è il primo incidente di questo genere che coinvolge l’area di frontiera del Sinai, da un anno a questa parte uno dei territori più incontrollabili e pericolosi del mondo. È una triste tradizione fu inaugurata nel 1985 con il massacro di turisti a Ras Burqa ed è proseguita fino al recente attacco del 18 giugno scorso. Senza dimenticare l’altro recente (e gravissimo) attacco alla strada per Eilat del 18 agosto 2011: 8 morti e 40 feriti. E come non ricordare, poi, i numerosi sabotaggi ai gasdotti del Sinai per Israele?

In tutti i casi la matrice (sia secondo le autorità egiziane che per quelle israeliane) è il radicalismo islamico locale, talvolta affiliato ad Al Qaeda. Hamas è sospettato di collusione/promozione di queste azioni: è il partito islamista che governa Gaza che controlla quel settore della frontiera. Anche in quest’ultimo, grave, attacco alla frontiera, l’esercito egiziano punta il dito contro non ben specificati jihadisti. Il movente ci sarebbe. La settimana scorsa si era a lungo discusso sulla presunta lettera inviata dal neo-presidente egiziano Mohammed Morsi a Israele. Un documento in cui il nuovo capo di Stato prometteva la ripresa del dialogo con lo Stato ebraico. Morsi, per evitare critiche dai suoi stessi militanti dei Fratelli Musulmani, ha negato l’autenticità di quel testo. Ma gli israeliani hanno mostrata una copia ai media, dimostrando che si trattasse di un documento ufficiale. Qualcuno, negli ambienti islamici più militanti, non deve averla presa bene. L’agguato di ieri potrebbe essere letto come un avvertimento. Nel mondo della politica mediorientale, però, domina sempre la teoria del complotto sionista. Secondo Hamas e la Jihad islamica, infatti, i membri del commando sarebbero stati pagati da Israele, per rovinare i rapporti fra Gaza e l’Egitto. Dopo l’attacco, questi ultimi hanno certamente subito un danno: il valico di Rafah è stato chiuso e gli ultimi accordi commerciali sono andati in fumo. Pur essendo l’uno la filiazione degli altri, fra Hamas e i Fratelli Musulmani sono sorti, per lo meno, dei dubbi reciproci. Ma da qui a credere che gli israeliani abbiano pagato un commando terrorista per attaccarsi da soli…


di Stefano Magni