Siria, un dramma con tanti possibili finali

domenica 5 agosto 2012


Le immagini e le notizie provenienti dalla città di Aleppo in Siria, dove nei giorni scorsi con inusitata crudeltà e spietatezza è stata attuata la repressione violenta contro i ribelli che invocano la fine del regime di Bashar al Assad, ha provocato indignazione e orrore nella comunità internazionale. Viste le dimensioni che sta assumendo il conflitto all’interno dei confini della Siria, dove sono state uccise, in oltre 17 mesi di duri combattimenti, 20mila persone, non è pensabile che la comunità internazionale rimanga inerte. Né è immaginabile che le maggiori potenze mondiali possano continuare a tollerare il regime dispotico e illiberale di Assad.

Infatti nel corso della campagna elettorale negli Usa, Barack Obama ha rivendicato, sul tema delicato della politica estera, come un merito della sua amministrazione, il processo politico scatenato dalle primavere arabe, con la capitolazione dei regimi autoritari in Tunisia, Egitto e Libia. Tuttavia nella comunità internazionale la posizione di fronte al dramma della Siria non è univoca. Al Consiglio di Sicurezza dell’Onu, sia la Russia sia la Cina hanno opposto il veto, perché non fossero approvate le sanzioni contro il regime di Assad. Inoltre si è deciso di non prolungare la missione degli osservatori dell’Onu sul teatro del conflitto siriano. Per Barack Obama è essenziale che entro il mese di novembre possa giungere al termine la guerra civile in Siria e che vi sia la definitiva capitolazione del regime di Assad. Ciò che desta preoccupazione nella comunità internazionale e grande inquietudine, vista la posizione della Siria nell’area instabile e ingovernabile del Medio Oriente, sono le conseguenze geopolitiche che la caduta di Assad e del suo regime e la possibile frantumazione del territorio della Siria potrebbero avere e produrre.

Per la Turchia sarebbe pericolosa e inaccettabile la costituzione di un’entità curda in grado di congiungersi, nella parte meridionale del suo territorio, con quella esistente nel nord dell’Iraq. La Turchia ha assicurato il proprio sostegno agli esponenti dell’Esercito Libero della Siria, impegnato contro il regime di Assad. Essendo Assad un alawita (setta islamica emanazione dello sciismo), la caduta del suo regime avrebbe l’effetto prevedibile di accrescere l’isolamento dell’Iran, Paese nel quale gli sciiti hanno il dominio assoluto. Ora il principale timore che si sta diffondendo nella comunità internazionale riguarda il rischio e la possibilità che il regime di Assad possa essere soppiantato da un governo dominato dai sunniti e soggetto al disegno politico perseguito da Al Qaeda. Secondo le valutazioni degli esperti e dell’intelligence, gli esponenti di Al Qaeda mirano a costituire un dominio politico, una volta che sia caduto Assad, sia in Siria sia in Iraq. Scenario che non può che destare timori e preoccupazioni.

Si consideri, inoltre, la circostanza che l’attuale regime siriano possiede armi chimiche, che potrebbero finire in Libano nella mani degli Hezbollah e in Palestina nella disponibilità di Hamas. Di fronte ad un probabile sviluppo in tal senso della crisi siriana, quale posizione assumerebbe Israele? Che Assad sia costretto a ritirare le sue truppe dal Golan è una notizia positiva. In ogni caso non potrebbe mai tollerare un regime sunnita corrivo e supino ai disegni politici perseguiti da Al Qaeda. Inoltre nel caso in cui le armi chimiche, oggi in possesso del regime di Assad, dovessero finire nelle mani di Hezbollah, Israele non esiterebbe, per tutelare la propria sicurezza, ad invadere il Libano, come in passato è avvenuto. Anche all’inizio degli anni Ottanta, quando cadde in Iran il regime dello Shah, sembrava che alla fine sarebbe potuta trionfare la democrazia liberale. Invece venne instaurata una teocrazia islamica, che, oltre a rappresentare un pericolo per la comunità internazionale, mira a distruggere lo Stato di Israele.

In Siria la comunità internazionale deve impegnarsi perche la rivolta del popolo contro il regime di Assad sfoci nella costituzione e nella nascita di un’autentica democrazia, in cui possano convivere pacificamente le diverse etnie religiose. La comunità internazionale non può consentire che continui la politica crudele e violenta del regime di Assad fondata sulla repressione, le cui vittime sono gli incolpevoli cittadini siriani.


di Giuseppe Talarico