In Quebec si rafforza l'indipendentismo

venerdì 3 agosto 2012


In Quebec, la provincia autonoma francofona del Canada, una protesta studentesca locale sta provocando un effetto collaterale molto più importante: potrebbe provocare la caduta del governo liberale e spianare la strada al partito indipendentista.

La protesta dei giovani è del tutto analoga a quella avvenuta nel Regno Unito l’anno scorso. Gli studenti non accettano la riforma varata dal governo locale, guidato dal liberale Jean Charest, volta ad aumentare le rette universitarie, dai 2168 dollari canadesi attuali ai 3793 entro il 2017. Si tratta di una riforma molto graduale, finalizzata a far cassa, ma le organizzazioni studentesche ritengono che sia inaccettabile, considerando anche che le rette, dal 1968 ad oggi sono già aumentate del 300%. Dallo scorso febbraio ad oggi si sono svolte numerose proteste, spesso degenerate in scontri con la polizia.

A maggio, per cercare di placare il disordine, il governo locale ha proposto la nuova Legge 68, che vieta picchetti e manifestazioni che non siano stati precedentemente segnalati e approvati dalla polizia. In questo modo, però, il governo ha gettato benzina sul fuoco, rendendo la contestazione ancor più violenta e dilagante. A questo punto si sono rese necessarie elezioni anticipate: erano previste per la fine del 2013, ma si terranno a settembre prossimo. Jean Charest, annunciandole, ha espresso il desiderio di far sentire finalmente la voce della “maggioranza silenziosa”, contraria ai disordini continui. Ma potrebbe ricevere una brutta sorpresa dalle urne: secondo un sondaggio effettuato da Leger Marketing alla fine di luglio, i cui risultati sono stati pubblicati ieri, è in testa il Parti Quebecois, indipendentista, con una maggioranza relativa del 33%, contro il 31% del Partito Liberale.

Se si votasse oggi, insomma, gli indipendentisti andrebbero al governo e, grazie alla distribuzione dei seggi, avrebbero una maggioranza abbastanza solida. In caso di vittoria, il Parti Quebecois punterebbe subito a indire un terzo referendum per l’indipendenza, dopo quelli tentati (e perduti) nel 1980 e nel 1995.


di Stefano Magni