Una spia al fianco della Clinton?

sabato 21 luglio 2012


Michele Bachmann, madrina dei Tea Party, è nell’occhio del ciclone. È accusata di razzismo e paranoia dal suo collega repubblicano John McCain (senatore ed ex candidato alla presidenza nel 2008) per aver puntato il dito contro Huma Abedin, la consigliera musulmana di Hillary Clinton, accusandola di essere il “cavallo di Troia” dei Fratelli Musulmani nel Dipartimento di Stato. Puntuale la contro–accusa dei colleghi repubblicani centristi: la madrina del Tea Party è come McCarthy, l’uomo della “caccia alle streghe” contro i comunisti negli anni ’50. Mai paragone è stato meno opportuno.

La “caccia alle streghe” era più che fondata, considerando che, nei primi anni ’50, gli Usa pullulavano di spie al soldo di Mosca. E nel decennio precedente gli agenti sovietici erano arrivati ai vertici del potere americano: Alger Hiss al Dipartimento di Stato, Herry Dexter White al Tesoro, Klaus Fuchs e i coniugi Rosenberg ben addentro ai segreti del programma nucleare americano. Insomma, McCarthy non era paranoico: viveva in un periodo in cui lo spionaggio comunista era un pericolo concreto e tangibile. Se la Bachmann è una vera “maccartista”, vuol dire che ha fiutato anche lei un pericolo analogo, stavolta dato dai Fratelli Musulmani? Il suo sospetto ricade su una donna laica, che veste all’occidentale, sposata con un deputato ebreo (Anthony Weiner). A prima vista, insomma, l’accusa lanciata dalla Bachmann contro Huma Abedin è totalmente infondata. Qualche altro dettaglio, invece, suggerirebbe il contrario. Sempre a proposito di parenti, la madre di Huma, Saleha Abedin, è una delle dirigenti del Comitato Islamico Internazionale per la Donna e il Bambino che promuove l’implementazione della legge coranica (sharia), fra cui anche la legalizzazione della poligamia, dei matrimoni con donne minorenni e la depenalizzazione dell’infibulazione.

Tale mamma tale figlia? Huma non ha mai preso pubblicamente le distanze dall’ideologia di sua madre. Anzi, è stata proprio lei a organizzare per Hillary Clinton una visita al collegio femminile Dar el Hekma (di cui Saleha Abedin è una delle fondatrici) in Arabia Saudita. Un ex esponente (poi pentito) dell’Olp e dei Fratelli Musulmani, Walid Shoebat, intervistato da Front Page Magazine, sottolinea anche lo strano silenzio di una madre fondamentalista islamica sul matrimonio misto (con un ebreo–americano) della figlia: «È estremamente raro vedere una donna musulmana che sposa un non musulmano, ancor più raro che il matrimonio venga accettato da parenti fondamentalisti. A meno che Huma non abbia “uno scopo più elevato” ed un’eccezione venga fatta solo per lei, se è un orecchio in grado di ascoltare le più sensibili informazioni ai vertici degli Usa». Magari sono solo paranoie. Ma intanto è sempre più evidente, soprattutto in Egitto, che gli Stati Uniti stiano sostenendo i Fratelli Musulmani, non i loro oppositori laici, come dimostra anche l’ultima visita della Clinton in Medio Oriente. È sempre più palese una strategia della Casa Bianca volta a cercare alleati fra “i più moderati dei fondamentalisti” (leggasi: i Fratelli Musulmani), ovunque siano scoppiate le rivoluzioni della Primavera Araba. E chi è l’ispiratore o l’ispiratrice di questa politica?


di Stefano Magni