Colpito al cuore il regime di Damasco

giovedì 19 luglio 2012


Decapitato, con una sola bomba, l’apparato di sicurezza siriano. Un attentatore suicida si è fatto esplodere all’interno dello stato maggiore, uccidendo sul colpo il ministro della Difesa, Daoud Rajiha, il suo vice, Assef Shawkat e il capo delle operazioni di sicurezza, Hassan Turkmani, ferendo invece (in un primo momento era dato anch’egli per morto) il ministro dell’Interno Mohammed al Shaar.

L’attentatore era ben inserito nei vertici, probabilmente era una guardia del corpo dei ministri del regime di Damasco, secondo fonti della sicurezza siriana. Altre esplosioni sono avvenute nei pressi dello stato maggiore della 4^ divisione, che protegge il palazzo presidenziale. Si è trattato di un attacco al cuore del potere, anche da un punto di vista familiare. Assef Shawkat era il cognato di Bashar al Assad. Il generale Daoud Rajiha, cristiano ortodosso, era uno dei principali punti di contatto fra il regime e la comunità cristiana in Siria. Il suo ruolo si potrebbe paragonare (con le debite proporzioni) a quello di Tareq Aziz nell’ex regime di Saddam Hussein. 

L’attentato allo stato maggiore siriano è stato rivendicato dall’Esercito Siriano Libero, che sino a ieri si era detto estraneo alle azioni terroristiche. La sua firma sulla bomba di un attentatore suicida è un segnale di escalation senza precedenti: i ribelli vogliono disfarsi del regime una volta per tutte e ritengono di avere i mezzi per farlo. 

Si tratta della più vigorosa offensiva degli insorti dall’inizio della guerra civile. E non si limita ai soli, singoli, attentati. Ma anche alla guerriglia metropolitana, strada per strada, fin nel cuore della capitale. “Vulcano di Damasco” è il nome dell’operazione militare, che l’Esercito Siriano Libero considera come il suo atto finale per la vittoria. La battaglia si è estesa a ben cinque distretti della capitale: si combatte a Dumar, Kfar Sousa, Midan, Qabum e Barzeh, una corona di fuoco stretta al cuore del regime. Per la prima volta, in questi tre giorni, l’esercito regolare ha impegnato in battaglia carri armati ed elicotteri d’attacco all’interno della città. Testimoni oculari hanno riferito notizie di un contrattacco con mezzi corazzati nel quartiere di Kfar Sousa. I carri, secondo queste testimonianze, sparavano sulle abitazioni civili, senza curarsi troppo di distinguere fra civili e uomini armati. Le stesse scene riportate dalle varie province in guerra, insomma, ora iniziano a vedersi anche nella capitale.

Oltre all’Esercito Siriano Libero, anche i Fratelli Musulmani siriani stanno cercando di sfruttare al massimo l’onda di questa offensiva e sono usciti allo scoperto con dichiarazioni altisonanti. «Damasco sia la porta che si apre sulla vittoria» recita il loro ultimo comunicato. Anche questo è un segnale importante che il successo dei ribelli appare possibile, se non imminente.

I media siriani, soprattutto l’agenzia Sana, sminuiscono l’entità dei successi degli insorti. Le notizie ufficiali parlano di gravi perdite fra i “terroristi” e di quartieri “liberati” dall’esercito. Comunque ammettono che vi siano scontri nella capitale. Potrebbe arrivare il momento in cui un ministro dell’Informazione, intento a dichiarare che la situazione è “sotto controllo”, venga interrotto dall’irruzione delle truppe nemiche, come era avvenuto a Baghdad nel 2003.


di Stefano Magni