Annan pasticcia anche in Siria

martedì 10 luglio 2012


Provaci ancora Annan. L’ex segretario generale delle Nazioni Unite e attuale inviato dell’Onu per la crisi siriana, Kofi Annan, il 12 aprile scorso aveva chiesto un cessate–il–fuoco e l’inizio di un processo di pace nella guerra civile siriana. Benché il regime di Assad avesse accettato il piano, lo ha violato nella prima settimana successiva al 12 aprile. Dalla seconda metà di aprile ad oggi, la violenza del conflitto ha assistito ad un’escalation senza precedenti. Sebbene non vi sia una precisa conta dei morti, è comunque di quest’ultimo periodo il massacro di Homs, così come l’eccidio nella provincia di Hama. Damasco accusa gli insorti, per aver violato la tregua. Gli insorti fanno notare che gli eccidi sono comunque stati commessi dall’esercito regolare e da milizie pro–regime. Di chiunque siano le responsabilità, una cosa è certa: il piano di pace di Kofi Annan è fallito. Eppure l’ex segretario generale insiste, recandosi in Siria proprio in questa settimana, per riproporlo pari–pari. Dopo essersi incontrato con il presidente Bashar al Assad ieri, Annan ha dichiarato di aver discusso «…sulla necessità di porre fine alla violenza e sui metodi per raggiungere questo obiettivo. Abbiamo raggiunto un accordo che verrà condiviso con l’opposizione armata. Ho sottolineato l’importanza di mantenere il dialogo politico e il presidente lo ha accettato. Il presidente Assad mi ha assicurato che il governo manterrà gli impegni presi sul piano di pace in sei punti che, naturalmente, dovrà essere implementato in un modo molto migliore rispetto a quanto è stato fatto finora». 

Il problema del piano di pace, però, è proprio nell’interlocutore: Assad. E nel suo principale alleato internazionale: Putin. Entrambi hanno dimostrato ampiamente di non voler porre fine al conflitto, né di cercare una soluzione politica che escluda il mantenimento al potere dell’attuale regime. 

«Il meglio che si possa dire su Kofi Annan è che stia tentando di fare un patto col diavolo – commenta il politologo Charles Krauthammer sul Washington Post – che in questo caso è il presidente russo Vladimir Putin, per cercare di convincere il brutale dittatore della Siria, Bashar al Assad, a lasciare il potere. Ma la Russia non ha mostrato alcuna seria intenzione di estromettere Assad». Nel suo memorandum sul massacro di Srebrenica, in Bosnia nel 1995, reso possibile dalla passività dei caschi blu dell’Onu, Annan sottolineava la responsabilità degli Stati membri del Consiglio di Sicurezza, troppo restii a passare all’azione per prevenire l’eccidio. Ma lo stesso Kofi Annan, allora, era a capo delle missioni di peacekeeping. Non è da considerarsi responsabile, in qualche misura, di quel che avvenne? Krauthammer constata che le “debolezze dell’Onu” individuate dall’ex segretario generale sul caso Srebrenica, siano perfettamente riscontrabili anche nello stesso piano di pace proposto da Annan alla Siria. «La “diffusa ambiguità interna all’Onu sull’uso delle forza per ottenere la pace”, una “ideologia istituzionale di imparzialità, anche di fronte a un tentativo di genocidio” e uno sforzo di “mantenere la pace… quando non c’è alcuna pace da mantenere”. I negoziati, benché condotti in buona fede, stanno ancora fornendo un pretesto per l’inazione e dando al regime di Assad il tempo necessario per continuare ad uccidere».


di Stefano Magni