La vittoria di Obama? Un regalo al Gop

sabato 30 giugno 2012


L’Obamacare è salva e il presidente, tranne imprevisti, ha la via spianata per la sua rielezione il prossimo novembre. Il presidente ha vinto la più lunga (3 anni) e importante battaglia politica del suo mandato. E può benissimo digerire la sconfitta che ha subito, lo stesso giovedì, al Congresso, dove la Camera ha votato, a maggioranza schiacciante, una mozione di sfiducia nei confronti del Procuratore Generale Eric Holder, sul caso “Fast and Furious”.

La Corte Suprema degli Stati Uniti, con un voto di 5 contro 4, ha giudicato costituzionalmente legittimo il cuore della riforma della sanità voluta da Barack Obama: è lecito l’obbligo individuale di possedere una copertura assicurativa “minima indispensabile” sulla sanità.

L’introduzione della copertura sanitaria universale è salutata dai progressisti come una sorta di “civilizzazione” dell’America. Da Michael Moore in là, a sinistra la sanità privata americana non è mai stata digerita. Il mondo liberal preme per un servizio sanitario nazionale, come nei Paesi europei (o a Cuba). L’Obamacare, per la sinistra statunitense, è già un compromesso. Per i sostenitori dell’Obamacare, comunque, la riforma permette di coprire quei 30 milioni di americani sprovvisti di copertura sanitaria. E che rischiano di svenarsi, se devono ricorrere a cure mediche. Analisti più libertari, come Richard Rahn (del Cato Institute), fanno però notare che questa cifra impressionante, 30 milioni, vada analizzata in dettaglio. Per constatare che la maggior parte dei non assicurati consista in minorenni (che godono della copertura dei genitori) o maggiorenni non coperti solo per brevi lassi di tempo. In ogni caso, i sostenitori della riforma, sentono di dormire sonni più tranquilli, ora che sanno che tutti gli americani dovranno essere assicurati.

I conservatori e i libertari, che si sono sempre battuti contro la riforma sanitaria oppongono argomenti che, visti nell’ottica (statalista) italiana, possono sembrare delle inezie. C’è per esempio un “piccolo” dettaglio da definire: quale copertura sanitaria è obbligatoria? Include anche l’aborto o la contraccezione? Su questo è sorto un dibattito intensissimo che sta durando da due anni e non è ancora risolto. La sentenza della Corte Suprema parrebbe dar ragione ai progressisti. I libertari lamentano che l’Obamacare possa introdurre un maggior controllo sulle scelte di vita personali. Finora sono delle compagnie private che dettano le regole. Certe assicurazioni, per esempio, non vogliono coprire i fumatori, considerandoli troppo a rischio. Ma c’è sempre la possibilità di rivolgersi alla concorrenza. Con l’Obamacare, invece, si andrà necessariamente verso una standardizzazione dei criteri di rischio. Proprio perché tutti, d’ora in avanti, saranno obbligati ad avere una copertura, sarà necessario che tutti rispettino certe “minime” regole. E c’è da scommettere che si tratterà di una standardizzazione al rialzo, verso il criterio di rischio più esteso, non verso quello più limitato. Non puoi farti del male, perché “pesi sulla società”, come si usa dire in tutti i sistemi sanitari nazionalizzati. Il salutismo, in America, è già una moda dilagante sin dagli anni Novanta. In futuro, a causa dell’Obamacare, è possibile che diventi ancora più oppressivo. 

L’altra inezia consiste nella difesa dei diritti dei singoli stati. I governi locali, fino ad ora, erano liberi dei decidere in materia sanitaria. Mitt Romney, attuale candidato repubblicano alla presidenza, quando era governatore del Massachusetts, introdusse una riforma sanitaria simile a quella di Barack Obama. Altri stati, invece, sono molto più liberisti. La Obamacare introduce un criterio di standardizzazione, valido per tutti gli stati. Di fatto, la sentenza di giovedì, segna un altro passo avanti del governo centrale (federale) a scapito delle autorità locali.

L’argomento dei democratici in difesa della riforma è soprattutto economico. Secondo Obama, la sanità costerà meno. Ma, come rileva il conservatore Mitch McConnell (leader della minoranza repubblicana al Senato), l’obbligo di assicurazione (con il relativo sostegno finanziario pubblico) è, a tutti gli effetti, una tassa. Lo ha affermato anche il giudice della Corte Suprema John Roberts, nel momento in cui dice: «Il requisito dell’Affordable Care Act (la riforma sanitaria, ndr) secondo cui certi individui devono pagare una multa per non essersi dotati di una copertura sanitaria, può essere, a ragione, definito come una tassa. Siccome la Costituzione non vieta una tassa di questo tipo, non è lecito per noi vietarla».

Secondo McConnell, questa riforma risulterà nel «… più grande aumento di pressione fiscale nella storia recente americana». L’aumento della tassazione è stimato, secondo fonti repubblicane, in almeno 813 miliardi di dollari, spalmati nei prossimi 10 anni. Almeno servirà ad abbassare i costi della sanità privata? No, secondo le stime di un’associazione che rappresenta oltre 100mila operatori del settore assicurativo sanitario, la National Association of Health Underwriters (Nahu). Secondo la direttrice della Nahu, Janet Trautwein, la riforma «Non affronta le vere cause dell’aumento dei costi sanitari e avrà, piuttosto, un forte impatto sui costi che dovranno essere affrontati dai datori di lavoro».

Su queste premesse, i Repubblicani si preparano a dar battaglia, di qui a novembre, con un unico slogan: “Respingere l’Obamacare”, forte dei sondaggi che rivelano l’impopolarità dell’assicurazione obbligatoria. Ma per loro, dopo la sentenza, la strada è in salita. Per l’emisfero destro della politica americana, la giornata di giovedì ha almeno riservato la soddisfazione della mozione di censura a Eric Holder. Il Procuratore Generale (ministro della giustizia, secondo i nostri termini) è ritenuto responsabile di non aver fornito al Congresso i documenti richiesti su “Fast and Furious”, l’operazione con cui la polizia americana ha fornito armi ai boss messicani per scoprire le rotte del traffico di armamenti, ma è finita in una involontaria donazione di strumenti di morte ai cartelli del narcotraffico. D’ora in avanti i Repubblicani tenderanno a capitalizzare al massimo questo scandalo, mettendo sotto torchio Holder (che, da oggi in poi, potrebbe essere incriminato) e tutta l’amministrazione. Possono cercare di ripetere il “miracolo” del Watergate, che trascinò nella polvere il presidente Nixon quando era al massimo della sua popolarità. Se non ci fosse stata quella sentenza sull’Obamacare, la destra americana ieri avrebbe avuto di che festeggiare.


di Stefano Magni