Strage in Iraq. Ma con Saddam era peggio

giovedì 14 giugno 2012


Ecatombe in Iraq: una catena di attentati in tutto il Paese ha provocato 84 morti e 300 feriti in poche ore, secondo un bilancio ancora provvisorio. L'autobomba è il mezzo prevalentemente usato in ognuno di questi attacchi, ma sono stati usati anche Ied (ordigni artigianali posizionati sulle strade), mortai e gruppi di fuoco armati di mitragliatrici. Gli obiettivi sono dispersi in numerose città irachene: autobombe sono esplose a Baghdad, Kirkuk, Hilla, Balad, Karbala, Mosul, Taji. Si tratta di un'offensiva terroristica di prima grandezza, sconvolgente anche per gli standard di una nazione martoriata dagli scontri settari quale è l'Iraq. L'obiettivo non è tanto la polizia, oggetto di numerosi attentati, quanto la popolazione sciita. Ieri si celebrava l'anniversario della morte dell'Imam Mussa al Khadim (VIII Secolo) e ad essere colpiti sono stati soprattutto i numerosi pellegrini che si stavano recando a Baghdad, dove l'Imam è sepolto. Le prime due autobombe sono detonate, in rapida sequenza, nei pressi di un ristorante di Hilla, dove i fedeli si erano radunati in gran numero. Poi un altro ordigno è scoppiato nel mezzo di una processione, nel distretto di Saidiyah, nel Sud della capitale e un'altra processione è stata il bersaglio di un'autobomba a Taji, a Nord di Baghdad. Nessun posto era più sicuro per i pellegrini: accampamenti, punti di ristoro, luoghi di culto si sono tutti trasformati in trappole mortali. Sono stati colpiti anche bersagli istituzionali, non direttamente collegati al pellegrinaggio. A Kirkuk, nel Nord curdo, sono esplose tre bombe, di cui una contro la sede del presidente Massoud Barzani.

Di fronte alla grandissima confusione creata da questi numerosi attacchi terroristici simultanei, è ancora impossibile risalire a un mandante. Ma è chiaro che gli attacchi, o per lo meno la maggior parte di essi, fossero ben coordinati. E miranti a terrorizzare la popolazione sciita. Il metodo con cui è stata condotta l'offensiva e la sua estrema brutalità fanno pensare ad Al Qaeda, network jihadista sunnita. Il premier Nouri al Maliki (sciita) punta il dito anche contro i suoi oppositori sunniti. Sul vicepresidente Tariq al Hashemi (sunnita) pende ancora un mandato di arresto per complicità in atti terroristici. E l'opposizione (prevalentemente sunnita) ha cercato di rovesciare il governo Maliki con un voto di sfiducia. Pur senza riuscirvi.

Tuttavia, a prescindere dalla crisi attuale, l'offensiva terroristica di ieri è solo l'ultimo episodio di una lunghissima catena di violenze fra sciiti e sunniti. Questi ultimi, in minoranza nel Paese, temono di essere sopraffatti e di vedersi sottrarre il controllo delle riserve petrolifere irachene, quasi tutte concentrate nel Sud sciita e nel Nord curdo. Lo scontro è scoppiato subito dopo la caduta di Saddam Hussein e non è ancora finito. Ma non sarebbe lecito rimpiangere il vecchio dittatore. Non si stava meglio quando si stava peggio: nella sola repressione dei moti sciiti del 1991, Saddam Hussein (sunnita) fece un numero di vittime stimato fra 60mila e 200mila, a seconda delle fonti. In ogni caso: in pochi mesi, fece più morti di tutti gli scontri settari, sin qui registrati, dalla sua caduta nel 2003 ad oggi.


di Stefano Magni