Gli amici cinesi di Ahmadinejad

giovedì 7 giugno 2012


L'Aiea lancia l'allarme: il rappresentante americano dell'agenzia Onu per l'energia atomica, Robert Wood, ha dichiarato che la quantità di uranio arricchito accumulata dall'Iran, fino ad oggi, si spiega solo con la volontà di costruire bombe atomiche. Il materiale sinora prodotto sarebbe già sufficiente a produrre numerosi ordigni. È il secondo avvertimento in 5 mesi. Anche a febbraio, infatti, l'Aiea aveva allertato la comunità internazionale, rilevando che Teheran avesse triplicato la sua capacità di arricchimento dell'uranio. In questi giorni Robert Wood segnala anche che i lavori di demolizione del sito di Parchin, alla vigilia delle prossime ispezioni dell'Aiea, potrebbe solo servire a cancellare tracce troppo compromettenti di un programma militare.

Eppure Mahmoud Ahmadinejad ha incassato, anche ieri, la sua legittimazione internazionale. Da Russia e Cina, in particolar modo, che lo hanno invitato a partecipare, in qualità di osservatore, ai lavori del vertice della Shanghai Cooperation Organization (Sco) la più grande istituzione sovranazionale dell'Asia. Pechino e Mosca hanno ribadito la loro contrarietà a nuove sanzioni contro la Repubblica Islamica. Secondo il ministro degli Esteri Sergej Lavrov (a Pechino, al seguito del presidente Vladimir Putin), nuove misure restrittive contro l'Iran sarebbero «controproducenti». Cina e Russia si sono pronunciate per una «soluzione pacifica, attraverso il dialogo e i negoziati». Mosca e Pechino sottolineano di «non essere d'accordo sull'esercitare una pressione eccessiva imponendo sanzioni unilaterali all'Iran». Nel suo colloquio con il presidente Ahmadinejad, il premier cinese Wen Jiabao ha ribadito che la Cina è contraria all'acquisizione di armi nucleari da parte di qualsiasi Paese mediorientale. Frase doppiamente ambigua. Prima di tutto perché Teheran ha sempre ribadito che il suo programma ha scopi "pacifici" (sulla carta), dunque le armi nucleari sono ufficialmente fuori discussione in tutte le sedi negoziali. In secondo luogo, perché "qualsiasi Paese mediorientale" include anche Israele, che le armi atomiche, probabilmente, le ha già, ma non le dichiara.

Al di là di queste ambiguità, il senso dell'operazione di Pechino e Mosca è abbastanza lampante: fornire una protezione e una legittimazione politica all'Iran, per impedire ogni azione (anche solo economica, non militare) delle democrazie occidentali contro il suo programma atomico. Non resta che attendere (poco, a giudicare dal rapporto Aiea) e vedere i risultati.


di Stefano Magni