La Nato e la difesa anti-missile

martedì 22 maggio 2012


Il vertice della Nato a Chicago è servito per rimettere le cose in chiaro sull'Europa orientale. Il "reset" di Barack Obama con la Russia sembra una parentesi storica ormai chiusa. Si riprende, con quattro anni di ritardo, la vecchia strategia di George W. Bush: scudo anti-missile, accesso della Georgia alla Nato e rafforzamento delle difese delle Repubbliche Baltiche.

Lo scudo anti-missile è sicuramente il capitolo più importante e, una volta portato a termine, potrebbe costituire una svolta decisiva nella difesa dell'Europa. La tecnologia è abbastanza avanzata, oggi, da mettere in pratica, a costi contenuti, la visione che Ronald Reagan ebbe e annunciò nel lontano 1983. A trent'anni esatti dall'annuncio delle "Guerre Stellari", nel 2013, dovrà essere completata la Fase 1 del dispiegamento del nuovo sistema: missili Sm-3 1B, installati su navi che incrociano nel Mediterraneo e nel Mar Nero. Le altre tre linee di difesa saranno approntate entro il 2020 in altre tre fasi: prima in Romania (entro il 2015), poi in Polonia (entro il 2018) e infine nello spazio (2020).

Lo scudo, così, come è stato impostato, potrebbe essere efficace per parare un eventuale lancio di missili dall'Iran. Per ora i missili iraniani più potenti sinora testati (gli Shebab-3) non sono in grado di colpire bersagli oltre il Mar Nero. Ma Teheran ha in cantiere ordigni di nuova generazione, che potrebbero arrivare a colpire tutta l'Europa. Queste armi, se e quando verranno schierate, si troverebbero a dover attraversare ben tre linee di difesa (Mar Nero, Romania, Polonia) prima di arrivare sul bersaglio. Ma il problema non è tanto contenere l'Iran.

Ma rassicurare la Russia, che non digerisce, dai tempi di George W. Bush, il dispiegamento dello scudo. Tanto da ventilare minacce di "attacchi preventivi" sull'Europa, come ha fatto il generale Makarov nelle settimane scorse. L'unica difesa anti-missile che Mosca è disposta ad accettare è un singolo sistema integrato russo-europeo. La proposta della Nato, invece, consiste in uno scudo tutto europeo, anche se coordinato con quello russo. E allora i vertici del Cremlino ricominciano a temere uno scenario da guerra fredda: ragionando in termini di teoria dei giochi, chi impedisce, al giocatore che si è reso immune, di lanciare per primo le sue testate nucleari? Il pomo della discordia, oggi così come ai tempi di Bush, era il dislocamento dello scudo in Polonia, una mossa giudicata "provocatoria" dalla Russia.

La questione dello scudo è però solo una delle possibili fratture col Cremlino. L'altra è il rafforzamento dei Paesi Baltici. A scopo difensivo, chiaramente. Ma indigeribile per una Russia che vuole ripristinare una sua "sfera di influenza esclusiva" sulle repubbliche ex sovietiche. E poi è stato ribadito l'impegno a far accedere la Georgia nella Nato, a soli quattro anni dalla guerra russo-georgiana.

Tutto come nel 2008? Non proprio. Quattro anni fa si poteva contare su un'Ucraina amica e desiderosa di accedere all'Alleanza. Oggi invece l'Ucraina è alleata con Putin e rispetta sempre meno gli standard democratici e liberali chiesti dalla Nato. Nel prossimo futuro, dunque, si rischierà di entrare ugualmente in rotta di collisione con i russi, pur avendo un'importantissima pedina in meno nel proprio schieramento.


di Stefano Magni