L'India ci prende in giro

sabato 19 maggio 2012


Ennesimo schiaffo dell'India alla diplomazia italiana. Ci avevano detto che i marò Massimiliano Latorre e Salvatore Girone sarebbero stati liberati presto. Oggi sarebbero scaduti i termini della loro carcerazione preventiva e sarebbe stata possibile la loro libertà dietro cauzione. La Corte Suprema di New Delhi, inoltre, due settimane fa, aveva disposto il trasferimento dei due militari dal carcere ad una "sede più consona". Nello specifico: un ex riformatorio di Kochi. E invece? Invece lo stato del Kerala ha rinviato (di altri 20 giorni) il trasferimento. E nel frattempo la polizia del Kerala ha presentato i suoi capi d'accusa, 89 giorni dopo l'inizio della vicenda e proprio 1 giorno prima della possibile liberazione dei due militari italiani. Quindi Latorre e Girone restano in carcere.

Lo Special Investigation Team (Sit) guidato dal commissario di polizia Ajith Kumar aveva presentato documenti contenenti diversi capi d'imputazione, in base agli articoli 302 (omicidio), 307 (tentato omicidio), 427 (comportamento pericoloso che provoca danni) e 34 (associazione a delinquere) del Codice Penale indiano. La corte ha però ammesso solo i primi due. Il Sit indica che l'incidente è avvenuto a 20,5 miglia nautiche dalla costa di Neendakara, nella cosiddetta "zona contigua". Un dato diverso da quello sostenuto nel primo rapporto, in cui si affermava che il luogo del fatto era a 33 miglia dalla costa indiana, in piene acque internazionali.

Con eccezionale tempismo, l'annuncio della presentazione dei documenti da parte del commissario Ajith Kumar è giunto proprio mentre il sottosegretario agli Esteri Staffan De Mistura e la delegazione italiana si trovavano a colloquio con i marò nel carcere di Trivandrum. E a qualche ora dall'incontro dello stesso De Mistura con il "chief minister" del Kerala, Oommen Chandy. De Mistura ha detto di quella riunione che: «è stata ferma, senza convenevoli. Ho mostrato il mio totale disappunto». «L'unica cosa che lui poteva e doveva fare in questa vicenda dei nostri marò era eseguire la richiesta della Corte Suprema di rendere operativo il trasferimento invece di accettarla allontanandone però l'esecuzione di altri 20 giorni». Sul resto, ha aggiunto, «abbiamo convenuto che la parola è ora ai giudici». Dei giudici indiani, però. Non di quelli italiani. Perché, con un altro schiaffo, tirato nelle scorse settimane, la magistratura di New Delhi ha deciso di ritardare fino alla fine di luglio l'emissione della sentenza sulla giurisdizione.

Poco dopo la diffusione della notizia, l'Ambasciatore a New Delhi, Giacomo Sanfelice, è stato richiamato a Roma per consultazioni con il governo. Il bilancio della vicenda, per ora, è totalmente negativo per l'Italia. Per un duplice omicidio dai contorni ancora oscuri, ma avvenuto certamente in acque internazionali (stando ai rilevamenti satellitari, indipendentemente da quel che dice la polizia indiana), due militari italiani sono prigionieri in India senza una sentenza, senza una prova o una testimonianza attendibile. L'Italia ha pagato 20 milioni di rupie (circa 300mila euro) alle famiglie dei pescatori uccisi, pur non sapendo se siano vittime dei nostri marò o di altri ancora ignoti uccisori. Abbiamo certamente alleviato il dolore di due famiglie. Ma non abbiamo riportato a casa i due nostri concittadini.


di Stefano Magni