La fuga di Chen terrorizza Pechino

sabato 28 aprile 2012


Chen Guangcheng, cieco fin da bambino, avvocato e dissidente cinese, è riuscito a fuggire dagli arresti domiciliari. Ha fatto perdere le sue tracce alla polizia. E ieri è "ricomparso" su Internet, come un fantasma, postando su YouTube un video in cui pone tre domande al premier di Pechino, Wen Jiabao. Gli chiede, prima di tutto, di investigare sui funzionari locali che hanno perseguitato la sua famiglia, durante la sua prigionia.

Mesi fa, infatti, quando Chen era riuscito a mandare in rete un altro video clandestino di denuncia, una banda di teppisti aveva invaso la sua casa-prigione, a Lin Yi (provincia di Shandong) picchiando lui, sua moglie e sua figlia, proibendo loro di rivolgersi a un ospedale. A sua figlia è stato negato il diritto all'istruzione: non può più andare a scuola. Chen cita alcuni funzionari del Partito, che gli hanno esplicitamente detto: «Non ci importa nulla delle leggi» (leggasi: "la legge siamo noi"). E afferma che le autorità locali abbiano ingaggiato gruppi di picchiatori per isolare la sua casa di Lin Yi. Nessuno poteva andare a fargli visita. Chiunque si avvicinasse rischiava l'arresto o il pestaggio.

La seconda richiesta di Chen Guangcheng a Wen Jiabao è: protezione per la sua famiglia. Perché, come abbiamo visto, tutti i suoi parenti sono già stati perseguitati e ora, dopo la sua fuga, potrebbero essere anche uccisi. Non appena si è diffusa la notizia del video del dissidente, suo fratello Chen Guangfu e suo nipote Chen Kegui sono stati immediatamente arrestati. Secondo alcune fonti, agli arresti sarebbe finita anche un'altra attivista per i diritti umani di Nanchino, He Peirong. Chen stesso è al sicuro? Le notizie non sono ufficiali, ma sono fatte filtrare da un'associazione per i diritti umani in Cina basata negli Stati Uniti, la ChinaAid. Il suo fondatore, Bob Fu, ha dichiarato alle agenzie che l'avvocato dissidente sia «In una località di Pechino sicura al 100%».

La terza richiesta del video di Chen Guangcheng è politica: la fine della corruzione nel sistema monopartitico di Pechino, un fenomeno che deve «essere affrontato e punito secondo la legge». Nella sua attività di avvocato, Chen ha difeso i contadini dagli abusi di potere dei funzionari locali. Che requisiscono loro le terre per sfruttarle a scopo di lucro personale. Ma è diventato famoso per un'altra causa "persa": la lotta agli abusi della "Politica del figlio unico", in base alla quale una donna non può partorire se non con il consenso delle autorità e comunque non può avere più di un figlio.

In base a questa normativa, non solo i controlli sulla vita privata delle famiglie, soprattutto nelle campagne, diventano ossessivi e morbosi. Ma chi sfugge a questa regola ferrea, può subire persecuzioni terribili: aborto forzato, multe insostenibili, distruzione della casa, sterilizzazione obbligatoria, incarcerazione, dispersione del nucleo familiare, esilio in altre province. Nell'infliggere queste vessazioni, le autorità vanno molto spesso al di là della legge. Chen Guangcheng diffuse la notizia che circa 7000 donne della provincia dello Shandong avessero subito persecuzioni. L'avvocato cieco, nel giugno del 2005, sporse denuncia contro le autorità di Lin Yi. E non venne più tollerato. Nel 2006 fu incarcerato per quattro anni e mezzo. Poi, nel 2010, finì agli arresti domiciliari. Finché non è fuggito.


di Stefano Magni