In Corea del Nord è finita la ricreazione

martedì 24 aprile 2012


Se vivete nella Corea del Sud, è bene che siate preoccupati. Molto preoccupati. Perché la Cina sta di nuovo serrando i ranghi con la Corea del Nord e gli effetti si stanno vedendo subito: Pyongyang ha blindato le frontiere e minaccia azioni militari contro Seul.

Prima di tutto è stata smentita la notizia, per altro non ufficiale, del cambio di politica cinese nei confronti dei fuggitivi nordcoreani. Verranno comunque rispediti in patria, dove sono destinati alla pena di morte o ai campi di concentramento. Lo ha detto, all'agenzia Asia News, Kim Yong Hwa, direttore dell'Associazione per i diritti umani dei rifugiati coreani: «Il governo cinese sta continuando come al solito nella sua durezza. L'unica eccezione riguarda donne coreane che siano sposate con uomini cinesi: data la carenza di donne in Cina per la politica del figlio unico, chiudono un occhio. In ogni caso, parlare di miglioramento della situazione è del tutto sbagliato». Inoltre, Kim Jong-un, il nuovo dittatore, ha tolto il controllo della frontiera cinese dalle mani dell'esercito, per assegnarlo all'ancora più dura polizia della Sicurezza Nazionale, l'equivalente nordcoreano del Kgb.

La svolta bellicista nordcoreana si manifesta soprattutto nei rapporti con la Corea del Sud. Secondo un comunicato ufficiale dell'esercito, un'operazione speciale inizierà «presto» e sarà in grado di «ridurre l'obiettivo in cenere». La retorica incendiaria dei comunisti nordcoreani non è una novità, ma si è intensificata dopo il fallito lancio di un missile sperimentale, lo scorso 12 aprile e il conseguente irrigidimento delle relazioni con gli Usa e i vicini. Il venerdì scorso, il "popolo" ha addirittura invocato la morte del presidente sudcoreano. E anche qui, come nella questione dei profughi, la Corea del Nord può permettersi di estremizzare la sua politica perché sa di avere il sostegno della Cina. Venerdì scorso, proprio mentre Pyongyang lanciava parole di morte contro i suoi nemici del Sud, il diplomatico di Pechino Dai Bingguo, rassicurava l'alleato che: «l'amicizia e la cooperazione fra Cina e Corea del Nord passeranno ad uno stadio superiore».

Rimarranno delusi tutti coloro che si attendevano una mano dalla Cina per gettare acqua sul fuoco della crisi coreana. E soprattutto sono ormai cadute le illusioni di una Corea del Nord in fase di cambiamento dopo la morte di Kim Jong-il. I due peggiori incidenti militari fra Nord e Sud, l'affondamento della corvetta Cheonan e il bombardamento dell'isola di Yeopyeong, sono avvenuti proprio nella fase della successione. Gli ottimisti si erano precipitati a pensare che fosse uno schermo di durezza militare necessario a "proteggere" la fase delicata di un passaggio di consegne. Visti a posteriori, però, sembrerebbero i sintomi della nuova politica estera di Kim Jong-un. «Dobbiamo evitare tutte le tentazioni di "testare" le intenzioni del nuovo leader o di "scoprire" come possiamo trattare con lui - scrive l'analista americano Dan Blumenthal sulle colonne della National Review - Noi abbiamo sempre tentato di capire le intenzioni dei Kim per almeno due decenni. Ora non siamo in un periodo di incertezza: siamo certi di quel che vuole la famiglia Kim. L'unica incertezza è su quando e come avverrà la prossima azione pericolosa». Sarà solo allarmismo da "neocon"?


di Stefano Magni