La sharia si impone in Egitto

mercoledì 18 aprile 2012


Le istituzioni del nuovo Egitto post-Mubarak tentano di correre ai ripari, ma l'ondata di islamizzazione procede inesorabilmente. L'ultimo provvedimento-tampone è stato annunciato il 16 aprile: in vista delle prime libere consultazioni presidenziali, la Commissione Elettorale egiziana ha messo al bando 10 candidati. Secondo i funzionari si tratta solo di una misura burocratica: non possiedono i requisiti legali necessari per presentare la propria candidatura. Ma fra gli esclusi spiccano Omar Suleiman (un uomo del vecchio regime di Mubarak, ex vicepresidente e capo dei servizi segreti sotto il dittatore), Khairat al-Shater (ricco candidato dei Fratelli Musulmani) e Hazem Salah Abu Ismail (candidato del partito ultra-fondamentalista Al Nour). Militari e islamisti saranno fuori dai giochi? È ancora troppo presto per dirlo, perché gli esclusi promettono battaglia. I salafiti di Al Nour hanno difficoltà a trovare un sostituto. Ma il più potente partito Libertà e Giustizia, espressione politica dei Fratelli Musulmani, ha già rimpiazzato al-Shater con un nuovo uomo: Mohammed Morsy, leader politico del gruppo. «Noi non siamo contro gli ebrei, siamo contro il sionismo», aveva detto Morsy, forse credendo di rassicurare l'Occidente, durante la rivoluzione contro Mubarak.

L'esclusione di questi candidati non risolve il grande problema dell'Egitto. Che è quello di avere una maggioranza popolare fondamentalista. Anche se dovesse vincere un candidato "laico", il Parlamento è comunque dominato dagli islamisti. Solo per citare gli esempi più recenti: una commissione supervisionerà i programmi delle televisioni egiziane per censurare tutte le scene "immorali", fra cui semplici baci, abbracci e persino la tradizionale danza del ventre. È prevista persino la messa al bando di interi film, anche egiziani, in base a criteri puramente religiosi. E la censura si estende a tutte le produzioni degli ultimi 50 anni. La Tv egiziana, per altro, è già un ricettacolo di tendenze e ideologie radicali. Il centro studi Middle East Media Research Institute (Memri) ha scovato proprio in questi giorni un programma che dimostrerebbe come i "Protocolli dei Savi di Sion" (il classico russo dell'antisemitismo dei primi del '900) abbiano una "base scientifica". Su Al Nas Tv, il presentatore Hussam Aql lo ha ribadito lo scorso 23 marzo: «L'entità e il movimento sionista, hanno sempre "giocato" con le rivoluzioni. Cosa significa? Che dopo ogni rivoluzione la situazione è fluida, lo Stato è in ginocchio e le istituzioni sono scosse. E questa è l'occasione perfetta, per i sionisti, per sferrare il loro colpo e fare il loro gioco. Quelli che non mi credono, possono andare a leggere i Protocolli dei Savi di Sion. Non è un libro di poesie o di favole, i Protocolli dei Savi di Sion sono indubbiamente materia di scienza». Giusto per confermare quel che pensano realmente i Fratelli Musulmani, al di là della loro patina rassicurante. Sempre a proposito di ebrei, è un predicatore televisivo egiziano, Al Qaradawi, ad aver "riabilitato" il valore della Soluzione Finale di Hitler, considerandola come una "punizione divina" contro un popolo "corrotto". Al Qaradawi, per queste sue dichiarazioni televisive, è stato bandito dalla Francia. Ma in patria è ancora molto seguito e ascoltato. Soprattutto dai partiti che hanno vinto le elezioni parlamentari.


di Stefano Magni