Flop missilistico per la Nord Corea

sabato 14 aprile 2012


Tanto rumore per un flop. La Corea del Nord ha voluto, a tutti i costi, lanciare un missile a lunga gittata, a scopi "civili" (per mandare in orbita un satellite), al prezzo di un miliardo e mezzo di dollari, a costo di violare la Risoluzione 1718 dell'Onu e di mandare a monte un accordo con gli Usa che avrebbe garantito 240mila tonnellate di derrate alimentari. Il missile è stato lanciato ieri mattina. Ed è esploso in volo dopo appena due minuti. Se il buon giorno si vede dal mattino, questa è stata la prima visibile mossa internazionale del nuovo dittatore Kim Jong-un.

Il lancio era stato preceduto da un mese di annunci, polemiche e alta tensione militare. La data del lancio, inizialmente, era attesa per il 15 aprile, 100mo anniversario della nascita di Kim Il-sung, fondatore del "regno eremita" stalinista. Ma nessuna data ufficiale era stata annunciata e gli analisti sudcoreani, giapponesi e americani si aspettavano un lancio in un periodo di tempo dal 12 al 16 di aprile. È avvenuto il 12, come previsto. La conseguenza immediata dell'annuncio del lancio è stata la fine dell'accordo (appena stipulato) con gli Stati Uniti: cibo in cambio della sospensione dei test missilistici e del programma nucleare. Ora, il missile non ha funzionato e il cibo, di fondamentale importanza per un Paese che patisce la carestia da un quindicennio, ora verrà a mancare. Benché maldestra, questa provocazione ha provocato anche un risveglio dell'Onu sulla questione nordcoreana. Violare apertamente una Risoluzione del Consiglio di Sicurezza non è un atto che possa rimanere senza risposte. E gli Stati Uniti, già da ieri, hanno ripresentato il dossier di Pyongyang all'attenzione del massimo organo dell'Onu. «Nonostante il fallimento del tentativo di lancio del missile - ha dichiarato Jay Carney, portavoce della Casa Bianca - la provocazione nordcoreana minaccia la sicurezza regionale, viola le leggi internazionali e contraddice i suoi recenti impegni». Fra i membri permanenti, persino la Russia (solitamente sulla sponda opposta rispetto agli Usa) ha preso le distanze dal "regno eremita". Ancor prima che il lancio avvenisse, Vitalij Churkin, l'ambasciatore del Cremlino all'Onu, aveva definito l'eventuale provocazione nordcoreana come una aperta «violazione» delle risoluzioni Onu. La Cina, unico alleato del regime di Pyongyang, non ha promulgato alcun comunicato ufficiale in merito alla vicenda. La sua posizione consiste nell'invitare «entrambe le parti» (Corea del Nord e… resto del mondo?) a «contenere le proprie azioni».

È comunque evidente, al di là delle sfumature diplomatiche dei vari membri del Consiglio di Sicurezza, che il fallito test missilistico abbia infilato la Corea del Nord in un cul de sac, da cui è molto difficile uscire. Già isolato sul piano internazionale, il "regno eremita", attualmente, non può che percorrere due strade: mettere la coda fra le gambe e tornare al tavolo dei negoziati (alle condizioni dettate dagli Stati Uniti, a questo punto) o continuare ad innalzare la tensione militare. Pur sapendo, però, che non è in condizioni di affrontare un conflitto. In entrambi i casi, qualunque cosa scelga, Pyongyang dovrà compiere una mossa perdente. 


di Stefano Magni