La "Signora" torna in Parlamento

martedì 3 aprile 2012


Giornata storica per la Birmania: Aung San Suu Kyi, dopo 15 anni di arresti domiciliari e 1 anno di libertà, è entrata in Parlamento. Benché le elezioni suppletive si siano svolte domenica 1 aprile, la notizia non è affatto un "pesce". Le autorità della Birmania, ancora chiamata Myanmar dalla giunta militare al potere, confermano che la dissidente storica è stata eletta a Kawhmu, un distretto povero nella provincia di Yangon (ex Rangoon). Le elezioni suppletive sono state stra-vinte dalla Lega Nazionale per la Democrazia, il suo partito di opposizione alla giunta militare. Secondo dati ancora provvisori (i definitivi verranno divulgati solo nel prossimo fine settimana) ha vinto 44 seggi sui 45 in palio. Nel collegio di Kawhmu, la dissidente, premio Nobel per la Pace, è stata votata dall'80% dell'elettorato. Mentre in Europa si festeggia e si inizia a rimettere mano alla politica delle sanzioni al Myanmar, mentre dalla Casa Bianca giungono commenti di cauto ottimismo, è la stessa vincitrice a gettare acqua sul fuoco degli entusiasmi facili. La "Signora" ricorda, infatti, che questa è solo la prima tappa di un percorso politico ancora lento e difficile. Vediamo il perché.

Prima di tutto, queste elezioni, benché storiche, non segnano un ribaltamento degli equilibri di potere in Birmania. Il 1 aprile si votava per 45 seggi lasciati vacanti da deputati cooptati dai ministeri dell'esecutivo di Thein Sein. Il fatto è il parlamento è costituito da 664 seggi, l'80% dei quali è ancora nelle mani del Partito dell'Unione, Solidarietà e Progresso. Il voto decisivo sarà nel 2015, quando si voterà a livello nazionale per il rinnovo del potere legislativo. E' comunque difficile ribaltare questo rapporto di forza perché, secondo la nuova costituzione riformata, il 25% dei seggi è riservato ai militari. Dunque gli avversari della Lega Nazionale della Democrazia godono già in partenza di un "premio di maggioranza" destinato a drogare l'esito delle future consultazioni elettorali. E di qui al 2015 può ancora succedere di tutto, specie se la giunta militare (che regna ancora, pur non governando direttamente) avrà il timore di andare veramente a casa.

Secondo: anche in queste elezioni suppletive, la Lega Nazionale per la Democrazia ha subito numerosi brogli e frodi elettorali. In alcuni seggi gli elettori hanno trovato schede truccate e hanno votato con difficoltà. In altri distretti sono stati manipolati i registri degli aventi diritto al voto: molti gli elettori rimossi e altri, già defunti, sono stati tenuti nelle liste. Il giorno prima del voto, Aung San Suu Kyi già denunciava delle frodi "inaccettabili" e i governi di Usa e Ue avvertivano che le sanzioni sarebbero state riviste solo in caso di elezioni libere, eque e trasparenti. L'esito del voto è stato comunque positivo. Nonostante i brogli. Ma è stata solo una piccolissima prova di forza. Inutile dire quanto e cosa si possa temere per le prossime consultazioni del 2015, quando sarà tutto il Paese a recarsi alle urne.

Infine, ma non da ultimo, nello stato del Kachin (nel Nord) l'esercito combatte ancora contro la locale minoranza etnica. In quello stato non si è potuto votare il 1 aprile. Quante di queste "emergenze" militari si potranno aprire nei prossimi tre anni? Abbastanza da ostacolare il processo democratico.

Intanto, però, un piccolo mattone è stato tolto dal muro della dittatura.


di Stefano Magni