L'Impero può colpire ancora

domenica 1 aprile 2012


La difesa anti-missile è di nuovo protagonista del dibattito sulla denuclearizzazione. Barack Obama ha dichiarato che le armi atomiche sono ancora un pericolo per l'umanità. Poi, a margine della conferenza, incontrandosi con Medvedev, ha chiesto all'ex presidente russo di mediare con il nuovo presidente, Vladimir Putin, sullo scudo anti-missile, come rivela un imbarazzante fuori onda. Obama ha bisogno che il suo omologo russo porti un po' di pazienza, che attenda per lo meno le elezioni. Se Obama vincerà, promette maggior "flessibilità". Che, tradotto in soldoni, vuol dire che limiterà la portata del suo programma di difesa. Curioso: in pubblico si denuncia il pericolo della malattia (le armi atomiche), ma in privato si promette di limitare la diffusione della sua cura (lo scudo anti-missile). Non si tratta, in realtà, di una dinamica inedita. Questo dibattito va avanti sin dal 1983.

Se le armi atomiche continuano ad essere considerate come una spada di Damocle sull'umanità, vuol dire che lo scudo serve. Ma appena se ne parla, spuntano i problemi, non tanto tecnici, ma soprattutto finanziari, politici ed etici. E allora si accantona il progetto, o lo si rallenta, o si scende a compromessi. Il 23 marzo 1983, l'allora presidente americano Ronald Reagan, parlando ai cittadini americani, promise solennemente e pubblicamente, di mettere assieme i «migliori cervelli della nazione» per elaborare uno scudo stellare che rendesse «obsolete» le armi atomiche. Fino a quel momento era stata adottata solo una strategia di «distruzione massiccia assicurata». Una dottrina "folle" (Mad, acronimo di "Massive Assured Destruction", in inglese vuol dire anche folle, matto) su cui pochi, però, avevano sollevato obiezioni di natura etica. Di fatto si tratta di una minaccia di reciproco annientamento: se lanci i missili contro le mie città, io li lancio contro le tue. 

Reagan, per motivi etici più ancora che strategici, decise di opporsi a quella logica e di adottare una strategia radicalmente alternativa: pensare, prima di tutto, alla difesa dei propri cittadini, non alla distruzione di quelli dello Stato nemico. Eppure la sua proposta sollevò una corale indignazione, con l'unica eccezione di Margaret Thatcher in Gran Bretagna, che sostenne il progetto sin da subito.

Perché indignazione? Perché, da un punto di vista politico, i governi europei, pur minacciati dai missili sovietici, si erano "abituati" alla Mad e vedevano in ogni cambiamento un potenziale pericolo. E anche negli Usa il programma di Reagan era ostacolato dalla stessa logica e dal Trattato Abm (Anti-Ballistic Missile), firmato da Richard Nixon e Leonid Breznev un decennio prima, che prevedeva il rispetto di un'altra dottrina incomprensibile quanto la Mad: la "vulnerabilità". Il concetto di vulnerabilità si può tradurre in: "stai fermo e fatti puntare addosso le mie armi". Altrimenti si viola la Mad. Quando Putin e Medvedev si indignano per lo scudo anti-missile, non sono preoccupati per un suo (impossibile) uso offensivo, ma perché viola la "vulnerabilità" dell'Europa e degli Usa. La paura è che qualcuno (Russia, Cina o una potenza nucleare minore), possa lanciare le sue atomiche prima che gli Usa diventino virtualmente "invulnerabili". Nel caso di chi crede nelle ideologie anti-americane, la paura è che gli Usa, divenendo indistruttibili, inizino a loro volta a distruggere il mondo, senza temere conseguenze.

Solo in questa ottica si può comprendere la resistenza ad un sistema puramente difensivo. Ed è solo per questo motivo che tutti i presidenti statunitensi sono scesi a compromessi sullo scudo anti-missile. Lo stesso Ronald Reagan, nel suo secondo mandato, volle trasformare il concetto di scudo, da una protezione per gli americani e per i loro alleati, in una protezione per tutti (americani, alleati e nemici) contro le armi atomiche. Nel 1986, prima del fallito vertice con Gorbachev a Reykjavik, si dichiarò addirittura disposto a condividere la tecnologia anti-missile con i sovietici, così da creare un sistema globale. Reagan, contrariamente a quel che si disse più volte, non stava del tutto bluffando. Alcuni sistemi d'arma anti-missile, come il Patriot, lo Hoe (Homing Overlay Experiment) e il laser Miracl erano già stati testati con successo fra il 1984 e il 1985. Fu la diplomazia, più che la tecnologia, a impedire di realizzare il progetto in tempi rapidi.

Il successore di Reagan, George Bush padre, si concentrò su uno scudo orbitale che potesse proteggere tutti i Paesi del mondo. Ma proprio per questo motivo lo scudo divenne troppo costoso e complesso per essere realizzato in tempi utili.

Bill Clinton ridusse drasticamente il budget a tutti i programmi ed eliminò il progetto più promettente, il "Brilliant Pebble" (concepito nel 1988), un satellite da intercettazione che avrebbe potuto abbattere un missile in tutte le sue fasi di volo, dal decollo al rientro nell'atmosfera. Così facendo, Clinton dimostrò di non condividere il concetto stesso di una difesa anti-missile.

Ci ritornò George W. Bush, che nel 2002 rilanciò tutti i programmi lasciati in sospeso e si ritirò dal Trattato Abm, considerandolo ormai obsoleto. Ma anche il "falco" George W. Bush non considerò lo scudo anti-missile come un programma di difesa dei cittadini americani, bensì come un sistema di protezione globale contro gli Stati canaglia e le loro eventuali follie atomiche. E per questo si arenò nelle sabbie mobili della diplomazia. Anche solo per schierare una singola componente della difesa anti-missile in Europa, contro un eventuale lancio dall'Iran, si impegnò in due anni di braccio di ferro con la Russia. E nel 2009, quando gli succedette Barack Obama, gli americani gettarono la spugna.

Obama, giustappunto, è un altro presidente che non crede nella filosofia della difesa anti-missile: vuoi per motivi di budget, vuoi per motivi politici, l'attuale presidente ha tagliato tutto il tagliabile e annullato programmi che, tecnologicamente parlando, erano molto promettenti. Nel suo secondo mandato, se dovesse vincere le elezioni, Obama promette di essere ancora più "flessibile", dunque più disponibile a rinunciare ad altre componenti dello scudo. E allora continuiamo a farci puntare addosso i missili nucleari: dormiremo più tranquilli.


di Stefano Magni