Summit iracheno per la Siria

venerdì 30 marzo 2012


Ieri si è tenuto a Baghdad un nuovo summit della Lega Araba sulla questione Siria. Nell'agenda c'era, in primo piano, la soluzione politica proposta da Kofi Annan, inviato delle Nazioni Unite ed ex segretario generale dell'Onu. Il suo piano è articolato in sei punti: una transizione della Siria che tenga conto delle «aspirazioni del popolo», una tregua monitorata dall'Onu, aiuti umanitari alla popolazione, liberazione dei prigionieri arbitrariamente incarcerati, libertà di movimento per i giornalisti, libertà di assemblea e di manifestazione. Questo programma, secondo i dissidenti del Consiglio Nazionale Siriano, lascia il tempo che trova. Il regime di Bashar al Assad ha già provocato circa novemila morti (stando alle stime delle Nazioni Unite) e nel frattempo ha promesso mediazioni e una riforma costituzionale, con tanto di referendum per approvarla. Ha messo in scena una finta liberazione di prigionieri, semplicemente trasferendoli in altre carceri lontane dagli occhi degli osservatori della Lega Araba. E' chiaro che il regime di Damasco prende tempo per completare l'annientamento dell'opposizione interna. Il piano Annan difficilmente potrà cambiare il corso degli eventi.

La notizia, però, non è il summit in sé. È Baghdad. Fino a poco fa sarebbe stato impensabile tenere una conferenza internazionale nella capitale dell'Iraq. Ieri, invece, circa la metà dei 22 leader dei Paesi della Lega, hanno deciso di recarsi in quella che, fino al 2007, era considerata la città più pericolosa del mondo. Non che non vi siano stati problemi di sicurezza: il summit era segreto fino al giorno stesso. E, nonostante tutto, sono state segnalate alcune esplosioni nei pressi del Palazzo Presidenziale, sede del vertice.

Ma è comunque un progresso.

Prima di tutto, perché uno dei leader arabi che si sono recati personalmente a Baghdad è l'emiro del Kuwait, Sabah al-Ahmed al-Jaber al-Sabah. È la prima volta che si reca in Iraq da quando l'ex dittatore Saddam Hussein invase il suo Paese nel 1990. Secondo, più in generale: si parla di un vertice di leader arabi che parlano di diritti umani, contro un dittatore arabo, nella capitale di un Paese arabo che si è liberato di una dittatura. Un uomo, che fosse entrato in coma nel 2003 e ne fosse uscito ieri non avrebbe potuto credere a questa notizia. I diritti umani, fino all'ultimo anno, non erano mai entrati nell'agenda della Lega Araba (a meno che non si parlasse dei diritti dei soli palestinesi). La legittimità di un dittatore arabo, fino all'ultimo anno, non era mai stata messa in discussione. Nemmeno re Hussein di Giordania, autore del "Settembre Nero", lo sterminio dei palestinesi nel 1970, era stato messo all'indice. Nemmeno il padre di Bashar al Assad, Hafez, era stato condannato o bandito dalla Lega per il massacro di Hama del 1982, un crimine da decine di migliaia di vittime. E poi… in Iraq. Saddam era lo sponsor più palese di gruppi terroristi palestinesi e il più grande destabilizzatore del Medio Oriente. Basti pensare agli 8 anni di guerra con l'Iran (1 milione di morti), all'invasione del Kuwait, alla minaccia di aggressione all'Arabia Saudita. Ieri, nella capitale dell'ex tiranno si è discusso di democrazia, fra arabi. Possiamo dire che George W. Bush qualche merito lo ha avuto?


di Stefano Magni