II
POLITICA
II
Corruzione, lamontagna ha partoritoun topolino
di
BARBARA DI SALVO
sempre interessante studiare la
nascita dei disegni di legge, so-
prattutto quando vengono presen-
tati con tanta enfasi da un ministro,
che lei sì che i tribunali li frequenta,
come se avesse finalmente trovato
la soluzione al problema millenario
della corruzione. La prima sorpresa,
infatti, è che il Ddl 2156-B, appro-
vato in Senato il 17 ottobre, ha la
B, appunto, perché è solo una mo-
difica del pari numero già approva-
to dallo stesso ramo del Parlamento
il 15 giugno dell’anno scorso, du-
rante il precedente governo, e me-
glio noto come Ddl Alfano-Brunet-
ta. Non solo l’ultimo testo risulta
quasi uguale a quello approvato dal-
la Camera, il 14 giugno 2012, che
aveva recepito le modifiche elabo-
rate dalla Commissione anticorru-
zione istituita ad hoc. L’unica mo-
difica sostanziale recente, derivata,
forse, da chi sì che li frequenta i tri-
bunali, è di maggiore favore per i
magistrati fuori ruolo.
Salta subito all’occhio che il se-
condo testo è lungo circa il triplo
del primo, ma questo significa forse
che sarà tre volte più efficace?
Gli inasprimenti di pena per i
reati relativi, infatti, sono pressoché
identici a quelli già previsti l’anno
scorso. Le differenze sono semmai
più favorevoli ai corrotti. Il reato di
concussione, infatti, non si applica
più agli incaricati di un pubblico
servizio, e non è dato capire perché.
Il nuovo reato introdotto, volgar-
mente detto di concussione per in-
duzione (il più comune statistica-
mente, visto che è raro che il
concussore costringa con la forza a
farsi pagare la mazzetta) ha, invece,
una pena, e relativa prescrizione, ri-
dotta. Come se non bastasse, ora
chi viene concusso, ma non costret-
to, è punito con il carcere, con l’ov-
via conseguenza che ben pochi si so-
gneranno di denunciare i concussori,
che resteranno più facilmente im-
puniti. Nel Ddl Alfano-Brunetta,
inoltre, era prevista un’aggravante
per i casi che provocavano i mag-
giori danni economici allo Stato, ma
stranamente è stata eliminata, così
È
vità della corruzione tra privati, os-
sia un reato identico a quello intro-
dotto nel 2002 (Governo Berlusconi
II), a cui hanno semplicemente cam-
biato il nome perché si vede che fa-
ceva più effetto così.
Quanto, poi, alla delega per
emanare un decreto legislativo che
finalmente disciplini la tanto di mo-
da incandidabilità dei politici con-
dannati, non è cambiato nulla dal
testo già approvato l’anno scorso.
Semmai c’è da dire che se alla Ca-
mera lo avessero approvato senza
modifiche, oggi forse il decreto sa-
rebbe già stato emesso, ma tant’è.
Fin qui la repressione. Anche dal
lato della prevenzione, però, non ve-
do significativi sviluppi che lascino
ben sperare. Sono stati ampliati i
poteri concessi alla Commissione
anticorruzione, “Civit”, già intro-
dotta con il primo Ddl. Ci mancava
proprio un’altra costosa Autorità
(
per ora costerà 4 milioni), ma ce l’-
ha imposta l’Onu per fare degli uti-
lissimi monitoraggi e pareri, oltre al
Piano nazionale per la prevenzione
della corruzione, che certo sarà ri-
solutivo.
Una novità è l’individuazione, in
ogni amministrazione pubblica, del
dirigente responsabile della preven-
zione della corruzione, che rispon-
derà personalmente e disciplinar-
mente delle violazioni del suo
ufficio. Potrebbe essere positivo se
lo indurrà a controllare meglio, un
po’ meno se sarà solo un altro in-
granaggio da ungere. Piuttosto vel-
leitario che si pensi, poi, di prevenire
il fenomeno con tanti bei progetti
di formazione dei dipendenti pub-
blici, a cui sarà spiegato, nel caso
avessero avuto dubbi in proposito,
che la corruzione non si fa perché
non è bello. A doppio taglio mi sem-
bra poi l’obbligo di rotazione dei
dirigenti, perché si rischia di molti-
plicare tempi, burocrazia e mazzette
pagate.
C’è, poi, un ampliamento, deci-
samente positivo, degli obblighi di
trasparenza, con relativa pubblica-
zione web, di tutte le attività della
pubblica amministrazione e di chi
ci lavora, che prosegue sulla linea
della digitalizzazione tracciata dalla
riforma Brunetta. Purtroppo, non
sarà immediatamente efficace per-
ché rimanda a un decreto legislativo,
che, se sarà approvato, dovrebbe
rendere finalmente pubblici molti
dati interessanti sui politici, inclusa
la situazione patrimoniale, anche di
parenti e affini, pre e post-elettorale,
dei dirigenti e dei consulenti vari.
Utile la norma, già prevista nel
primo Ddl, che i dipendenti pubblici
non possano cambiare casacca e,
per i 3 anni successivi, andare a la-
vorare da privati con cui hanno trat-
tato prima, onde evitare la corru-
zione postuma. Un po’ troppo lasca
e ancora da definire con un decreto
legislativo, invece, la disciplina dei
“
trombati” piazzati nelle aziende a
partecipazione pubblica, che non
solo causano una lievitazione folle
dei costi, ma portano troppo spesso
degli incapaci in posti chiave. Il di-
vieto di affidare incarichi, infatti,
dura solo un anno, vale solo per po-
sti da dirigente e di vertice (non
quindi gli innumerevoli consiglieri
d’amministrazione e dipendenti vari)
e per aziende che forniscono servizi
pubblici (escluse quindi, per esem-
pio, le fondazioni varie, incluse le
bancarie), e non si applica ai vari
candidati non eletti alle elezioni, so-
prattutto locali, dove il fenomeno è
notorio e dilagante.
Mi preoccupa non poco, poi, la
disciplina che si preannuncia per
l’assegnazione di incarichi dirigen-
ziali pubblici e in commissioni d’esa-
me o d’appalto, che sarà vietata a
chi ha subito condanne per i reati
contro la pubblica amministrazione.
Se in linea teorica è doveroso, trovo
pericoloso che valga già per le con-
danne in primo grado non passate
in giudicato, perché si scardina un
principio imprescindibile in uno Sta-
to di diritto, soprattutto come il no-
stro, dove gli errori giudiziari si spre-
cano, per tacer d’altro.
Positiva, poi, l’introduzione di
un codice di comportamento per i
dipendenti pubblici per chiarire ai
fini disciplinari, nel caso sempre
avessero dubbi, quali azioni a ri-
schio corruzione sono vietate, ma
soprattutto i doveri di servizio, in-
clusa la qualità e la diligenza. Mi
sembra assurdo, però, che il compi-
to di scrivere il codice per i magi-
strati sia affidato all’Anm, anziché
al Csm. Non che le porte girevoli
tra questi due non siano note, ma è
un po’ come se avessero affidato al-
la Fiom il compito di scrivere il co-
dice di comportamento dei dipen-
denti Fiat.
A proposito di giudici, però, il
trattamento di favore vero arriva
con l’unica modifica introdotta
nell’ultimo testo approvato al Sena-
to sull’annoso problema dei fuori
ruolo, ossia quei magistrati che non
fanno i giudici perché distaccati per
lustri in altri incarichi pubblici, con
annesso doppio stipendio e avanza-
mento di carriera. Ebbene, finalmen-
te il DDL, nel testo approvato a giu-
gno alla Camera, aveva previsto un
limite temporale di 5 anni per l’in-
carico fuori ruolo, con relativo ob-
bligo di tornare per almeno altri 5
anni in tribunale, e un limite mas-
simo complessivo di 10 anni, ma so-
prattutto aveva eliminato il doppio
stipendio.
Abbiamo scherzato. Il nuovo te-
sto limita il fuori ruolo solo agli in-
carichi di vertice ed altri da indivi-
duare con l’ennesimo decreto
legislativo. Non si applica, invece,
se si mettono a far politica, né se
vanno a fare i magistrati nelle corti
internazionali. Resta solo il limite
massimo dei 10 anni, ma il colloca-
mento fuori ruolo non può danneg-
giar loro la carriera, che continua a
correre verso la massima anzianità
come nulla fosse, e naturalmente è
sparito il divieto di doppio stipen-
dio, con buona pace dei sacrifici
chiesti ai cittadini “normali”.
In conclusione, a parole, c’è tan-
ta fretta di combattere la corruzione,
ma nei fatti le modifiche apportate
al Ddl Alfano-Brunetta, sia alla Ca-
mera che di nuovo al Senato, ren-
dono ancora lontana la conclusione
e l’emanazione dei necessari decreti
attuativi, per un risultato, peraltro,
che non sembra aggiungere molto
a quanto era già previsto ed in al-
cuni casi lo peggiora persino. Vani-
tosamente e politicamente compren-
sibile appropriarsi della paternità di
un lavoro altrui, ergendosi a pala-
dini dell’antipolitica, ma ne valeva
tecnicamente la pena?
Gli inasprimenti di pena
sono pressoché identici
a quelli già previsti
dal ddl Alfano-Brunetta.
Le differenze sono
semmai più favorevoli
ai corrotti. Il reato
di concussione, infatti,
non si applica più
agli incaricati
di un pubblico servizio.
Il nuovo reato
introdotto, invece,
ha una pena, e relativa
prescrizione, ridotta.
Come se non bastasse,
ora chi viene concusso,
ma non costretto, è
punito con il carcere.
Ben pochi denunceranno
i concussori,
che resteranno così
più facilmente impuniti
come l’aumento delle pene per chi
falsa le gare pubbliche e per le frodi
dei fornitori delle pubbliche ammi-
nistrazioni. Positiva, e già prevista
dal primo testo, la tutela per i di-
pendenti che denunciano il malaf-
fare, per evitare facili ritorsioni.
Anche le due principali presunte
novità lasciano piuttosto perplessi.
Il traffico di influenze illecite, che
dovrebbe punire chi fa da interme-
diario per le tangenti, era di fatto
già punito come concorso in corru-
zione o concussione, mentre ora non
si capisce bene cosa dovrebbe pu-
nire, visto che è lasciato molto vago
e quindi alla discrezionalità, mai po-
sitiva, del giudice, il quale può sbiz-
zarrirsi contro i lobbisti, che semmai
andrebbero regolamentati e non de-
monizzati. Il massimo, però, lo rag-
giungono con la grande asserita no-
L’OPINIONE delle Libertà
MARTEDÌ 30 OTTOBRE 2012
4