n recente rapporto del Cen-
sis ha rilevato che il ceto me-
dio, la cui ricchezza è scesa dal
66
al 48 per cento del totale, è
sempre più povero, tanto che
molte famiglie sono costrette a
vendere oro e gioielli.
È un’Italia che soffre e che è
molto arrabbiata con il governo
Monti, quella che ha ritratto il
46
° rapporto del Censis sulla si-
tuazione sociale: il carico fiscale
è aumentato in modo sproposi-
tato, specie dopo l’introduzione
dell’Imu; il risparmio si è drasti-
camente ridotto; i ragazzi e le lo-
ro famiglie non investono più sul-
l’istruzione, in assenza di
prospettive di lavoro; la disoccu-
pazione sta seminando lo scon-
forto, mentre all’orizzonte l’incu-
bo del licenziamento rischia di
trasformarsi in realtà.
Nei giorni scorsi sono giunti
i dati dell’Istat ad aggiornarci sul-
la situazione economica dell’Ita-
lia: nel terzo trimestre il Pil è di-
minuito dello 0,2 per cento
rispetto al trimestre precedente e
del 2,4 per cento nei confronti
del terzo trimestre del 2011. A
ottobre la produzione industriale
è calata del 6,2 per cento, in ter-
mini tendenziali. Si tratta del
quattordicesimo calo consecutivo
su base annua.
Nella media dei primi dieci
mesi del 2012, la produzione è
diminuita del 6,5 per cento, ri-
spetto allo stesso periodo dell’an-
no precedente. Nel rapporto sul
reddito e le condizioni delle fa-
miglie, l’Istituto di statistica sot-
tolinea poi che oltre un quarto
degli italiani è a rischio povertà
o esclusione sociale. Le famiglie
più esposte sono quelle più nu-
merose e/o con un basso numero
di percettori di reddito; in parti-
colare le famiglie a monoreddito.
U
Secondo la Banca d’Italia, la ric-
chezza delle famiglie dal 2010 al
2011
è scesa del 3,4 per cento,
mentre sono in aumento le disu-
guaglianze tra le famiglie: il 10
per cento delle famiglie più ricche
detiene il 45 per cento della ric-
chezza; nel secondo trimestre del
2012
la spesa delle famiglie è sce-
sa dell’1 per cento rispetto al pe-
riodo precedente, registrando il
quinto calo consecutivo. Sempre
secondo la Banca d’Italia, il de-
bito pubblico, durante il governo
Monti, è aumentato in modo
considerevole, passando dai 1943
miliardi del gennaio 2012 ai
2014
miliardi di oggi, con un au-
mento del 3,7 per cento, pari a
circa 71 miliardi: in conseguenza
di ciò il rapporto fra debito e Pil
è salito al 126,4 per cento, men-
tre la crescita continua a rimane-
re un miraggio.
Monti dovrebbe fare un ba-
gno di umiltà e smettere gli abiti
da maggiordomo della Merkel e
di portavoce delle banche d’affari
e della grande industria: se non
fa questo, a prescindere dalla sua
futura collocazione politica, può
solo arrecare ulteriore danno al-
l’Italia e agli italiani.
GIUSEPPE BIANCHI
di
RUGGIERO CAPONE
are sia impossibile porre un
freno all’invecchiamento della
popolazione. Saranno troppo po-
chi i lavoratori italiani che do-
vranno sostenere la popolazione
degli opulenti pensionati: ovvero
gli operai che dovranno lavorare
sodo perché Monti e colleghi
mantengano inalterate le proprie
garanzie pensionistiche e stipen-
diarie (valga l’esempio del senato
a vita). Ora torna utile all’upper
class italiana la sostituzione d’un
20%
di connazionali con altret-
tanti extracomunitari. Ovvero
sostituire l’italiano assatanato di
diritti con chi s’accontenta d’uno
stipendio molto inferiore e tante
garanzie in meno sul profilo pre-
videnziale e pensionistico. Ga-
rantire il futuro dei ricchi (siano
essi dirigenti di stato o impren-
ditori) questo è il succo del-
l’agenda Monti. Per meglio ga-
rantire l’alta borghesia, necessita
falcidiare chi economicamente in
difficoltà.
L’upper class italiana è demo-
graficamente stagnante: dire in
declino accluderebbe anche un
fattore di difesa, la totale chiu-
sura alle idee che partono dal
basso. Paragonare la compagnia
di Monti alle comunità dell’uo-
mo di strada equivale a mettere
sullo stesso piano vampiri e uma-
ni: i primi si nutrono del sangue
dei secondi, ed il compito di que-
sti ultimi viene ridotto al solo so-
stentamento dei primi.
La gang della demografia (gli
imprenditori amici di Monti) cer-
cano di dirci che sono a corto di
lavoratori, ma di fatto non vo-
gliono gli italiani. A questi ultimi
consigliano di non essere choosy,
quindi migrare. Abbandonare
l’Italia per realizzare lontano dal
P
Belpaese una vita alla portata
delle loro possibilità economi-
che. Vale la pena mostrare una
foto dell’Italia su cui si proietta
il futuro politico dell’agenda
Monti, ovvero un paese reale con
il 24% di disoccupazione: per-
centuale inusuale per l’Italia, ma
già definita dalla Fornero come
fisiologica per le evolute demo-
crazie postindustriali. Troppi la-
voratori per troppo poco lavoro?
Di fatto il gruppo di lavoro che
ha elaborato l’agenda Monti (in
primis il professor Ichino) sa be-
nissimo che la forza lavoro ita-
liana è non impiegabile nel siste-
ma impresa-lavoro previsto dai
loro programmi. Si tratta di uo-
mini e donne a cui viene precluso
l’impiego fisso ma anche l’impre-
sa, e perché il sistema bancario
non permetterà mai che questa
gente abbia un input iniziale nei
settori più semplici e primari (ve-
dasi agricoltura, ulteriormente
disincentivata dalle ultime misure
fiscali).
Quindi il progetto montiano
parte dal postulato che gli italia-
ni residenti in Italia potrebbero
godere di ricchezza diffusa se ac-
cettassero un ritorno alla situa-
zione demografica del quadrien-
nio ‘58/’62: ovvero circa
50
milioni di popolazione attiva.
Nel 2012 la popolazione attiva
è di 60milioni: ergo, se Monti
scoprisse le carte dovrebbe dirci
apertamente che 10milioni d’ita-
liani (ovviamente disoccupati)
devono migrare, mentre 2milioni
d’extracomunitari dovrebbero
entrare o essere regolarizzati a
bassi salari nel comparto indu-
stria/artigianato. Siamo troppi e
schizzinosi... ma questo ce lo ri-
petono quotidianamente da circa
un anno.
Solo con questa epocale rivo-
luzione demografica si potrebbe-
ro garantire per il prossimo mez-
zo secoli i diritti dei benestanti,
assicurando all’Italia la cosiddet-
ta “pace sociale” (ovvero la fine
delle proteste di piazza). A ben
guardare l’agenda Monti non è
certo una novità. Nell’Inghilterra
di Elisabetta I venivano istituiti
per legge nel 1576 gli stabilimen-
ti di correzione per poveri e men-
dicanti: le “Houses of correction”
miravano alla punizione della
povertà tramite i lavori forzati.
Una posizione che viene ri-
marcata nell’Inghilterra vittoria-
na, quella dell’ormai avviata “ri-
voluzione industriale”: una
nuova legge contro la povertà,
emanata nel 1834, aboliva la
“
carità legale”, proibiva l’aiuto
a domicilio e costringeva i poveri
nelle nuove workhouse (case di
lavoro). Ai poveri che rimaneva-
no in Inghilterra toccava la re-
clusione, mentre veniva facilitata
una migrazione dei meno abbien-
ti nelle lontane colonie. Ed oggi
difficilmente le economie europee
potranno garantire una piena oc-
cupazione degli italiani in diffi-
coltà: la domanda di lavoro è
molto elevata, e nuove leggi in-
tendo far calare i salari in fun-
zione della forte offerta di ma-
nodopera. Così succede che
l’economia cresce, ma arricchisce
esponenzialmente l’upper class
dopo aver garantito il blocco del-
l’ascensore sociale per i disagiati.
Ecco che l’agenda Monti da in-
put a trasporto pubblico e infra-
strutture tutte (soprattutto quelle
sanitarie) perché vengono pro-
gettate in funzione del calo de-
mografico, quindi dei soli ab-
bienti. Un programma fatto per
chi si recherà a votare, e perché
i professori sanno che la gente in
disagio diserta le urne.
II
POLITICA
II
Secondo il Censis,
la ricchezza del ceto
medio è scesa dal 66
al 48%del totale.
E la produzione
industriale è calata
del 6,2%. Si tratta
del 14° calo consecutivo
segue dalla prima
Magistrati, politica
e questione morale
(...)
Che a quanto pare vale e deve valere
per chiunque decida di interrompere il
proprio mestiere per dedicare una fase
della propria vita all’attività politica. Ma
non vale e non può valere per chi fa il
grande salto con garanzia di ritorno al-
l’indietro dalla magistratura al Parlamen-
to.
Perché se si osa sollevare il tema della
pubblica moralità nei confronti di chi tie-
ne famiglia ammantata con la toga si ri-
schia l’accusa di attentare alla indipen-
denza ed all’autonomia di quella
particolare categoria della pubblica am-
ministrazione che per misteriose ragioni
costituzionali ha stipendi intoccabili anche
dai tagli di spesa imposti dalla superiori
ragioni morali della pubblica austerità.
Sollevare la questione morale sul paraca-
dute dell’aspettativa dei magistrati, invece,
è assolutamente necessario. Perché se è
impossibile modificare per legge il privi-
legio delle toghe si può e di deve almeno
avviare una azione di pressione morale
sui magistrati decisi a entrare in politica
affinché decidano autonomamente di ri-
nunciare ai privilegi che danneggiano la
giustizia e la loro stessa credibilità. In fon-
do che ci vuole? Basta che invece di chie-
dere l’aspettativa rassegnino le dimissioni.
Grasso, Ingroia, Dambruoso, date l’esem-
pio!
ARTURO DIACONALE
La verità di Ingroia
(
e la mia verità)
(...)
Sì, è vero (e per me un titolo di me-
rito) anche se, evidentemente per distra-
zione o dimenticanza, il magistrato ha
omesso di far seguire al termine stato la
precisazione «che ha combattuto la ma-
fia».
Infine, circa il “senso di colpa” di cui par-
la, è opportuno che non se la ponga la
domanda perché se veramente sa – come
vuol far capire agli eventuali lettori del
suo libro col titolo “Io so” – non può
non sapere chi invero deve avere un senso
di colpa a fronte di tutti gli altri uomini
dello stato che sono stati uccisi.
Se non lo sa, si legga e studi, i processi,
le sentenze e rapporti giudiziari sui ma-
fiosi e mafia degli organi di polizia dagli
anni della fine della seconda guerra mon-
diale in poi. Allora lo saprà e potrà dire
“
Io so”, con cognizione di causa e in pie-
na coscienza. Potrei dire tante altre cose
ma temo sia inutile.
BRUNO CONTRADA
L’AgendaMonti, un invito
all’emigrazione forzata
Economia, 2012
“
anno terribile”
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L’Opinione si rinnova
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SABATO 29 DICEMBRE 2012
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