di
BARBARA DI SALVO
on vedo perché stupirsi della
decisione dell’Ilva di chiudere
lo stabilimento di Taranto. Semmai
mi stupisco che abbiano aspettato
tanto. D’altronde la magistratura
ha deciso di perseguire ed arrestare
chiunque si sia azzardato a cercare
di far continuare la produzione, ar-
rivando persino a sequestrare il po-
co acciaio prodotto come corpo del
reato (anziché la pistola, qui abbia-
mo l’acciaio fumante), quindi c’è
da presumere che siano soddisfatti
di questa decisione ormai inevita-
bile. Non vedo perché stupirsi, poi,
che la magistratura abbia di fatto
esercitato un potere politico, usando
le leggi e i processi come grimaldel-
lo per ottenere risultati in contrasto
con gli unici che dovrebbero occu-
parsi di economia, industria, lavoro,
sanità ed ambiente in Italia. Sono
vent’anni che politici, giornalisti e
simpatizzanti delle toghe sostengo-
no a spada tratta la magistratura
quando entra a piedi pari nella vita
politica. Come utili idioti hanno
gioito ogni volta che veniva colpita
la parte avversa, senza comprendere
che non siamo allo stadio e quando
gli arbitri si mettono a segnare a
porta vuota dopo aver espulso tutti
i giocatori di entrambe le squadre,
non solo è finito lo spettacolo, ma
è morta la democrazia. Non serve
scomodare Montesquieu per com-
N
prendere che se un gruppo di per-
sone non trova limiti al potere, né
costituzionali, né legislativi, né di
responsabilità personale, è inevita-
bile che continui ad espanderlo sen-
za controllo. Non vedo perché stu-
pirsi, quindi, se oggi un gip o un pm
decidano di disinteressarsi del tutto
dei provvedimenti del governo,
dell’Aia ormai approvata, che, in
tutta Europa e in qualsiasi altro
paese civile e democratico, è l’unico
provvedimento che deve regola-
mentare uno stabilimento del gene-
re, senza che un giudice si possa az-
zardare a metterlo in discussione.
Se ritengono che le loro sentenze
siano prioritarie rispetto a qualsiasi
legge o provvedimento governativo,
è ovvio che se questa sicumera va-
leva per politici avversi, valga a
maggior ragione per un tecnico che
politico non è. Bisognava preoccu-
parsene quando si è permesso a cer-
ti magistrati di cominciare a pren-
dere questa pericolosa strada ed ora
ormai è tardi per piangere sulla de-
mocrazia massacrata.
Piuttosto, mi stupirei che quella
che doveva essere la panacea di tutti
i mali, il governo sottratto al voto
del popolo ignorante, in mano a
tecnici non corrotti dai palazzi della
politica, che ha fatto della credibilità
la sua unica ragione di esistere, an-
ziché preoccuparsi solo delle banche
straniere, non si sia posto il proble-
ma di ottenere anche una credibilità
interna nei confronti della magistra-
tura, dei lavoratori che manda a ca-
sa e di qualsiasi investitore estero
che si guarderà bene dal venire in
un paese dove la legge ed i provve-
dimenti autorizzativi sono così alea-
tori. Mi stupirei che in tutti questi
lunghi mesi di braccio di ferro tra
l’Ilva e la magistratura, l’unico mi-
nistro che se ne sia occupato (a
quanto pare con scarsi risultati) è
quello dell’ambiente, Clini. Una vi-
cenda tanto importante per tutta
l’Italia, come minimo doveva coin-
volgere quello del lavoro, Fornero,
dello sviluppo (o meglio sottosvi-
luppo) economico, Passera, della
giustizia, Severino, della salute, Bal-
duzzi, ma soprattutto quello che
dovrebbe avere il compito istituzio-
nale di coordinarli tutti ed assumer-
si la responsabilità di ogni azione,
ed omissione, del governo, il presi-
dente del Consiglio. Ma non vedo
perché stupirsi se Monti non ha fat-
to, ottenuto e concluso assoluta-
mente nulla sull’Ilva in questi mesi,
in cui se ne è evidentemente disin-
teressato, salvo oggi apparire come
uno che corre ai ripari e cerca di
metterci la “pezza”. D’altronde si
è sempre saputo che il suo princi-
pale obiettivo fosse fare compiti a
casa che soddisfacessero la Merkel...
a cui in fondo in fondo non dispia-
cerà di veder così eliminato dal
mercato uno dei principali concor-
renti delle acciaierie tedesche.
II
POLITICA
II
Il caso Ilva è figlio illegittimo
della dittatura giudiziaria
SuTaranto scoppia
la guerra a sinistra
Il futuro? Renzi eMeloni. Per ora,meglioMonti
a sinistra italiana gioisce per i
risultati ottenuti dalle primarie.
In effetti non si può negare che, fi-
nalmente, il dibattito politico ha
scosso l’opinione pubblica, richia-
mando una moltitudine di scorag-
giati e senza speranza a riflettere sul
fatto che oltre ai Berlusconi, Bersani,
Fini, Casini, Di Pietro, esistono an-
che i partiti e un dibattito interno
con differenti punti di vista e opi-
nioni. Bene! Sicuramente bene per
il richiamo alla partecipazione attiva
e il contrasto all’astensionismo (ol-
tre il 50% nelle ultime regionali si-
ciliane). Ma, cosa dire del messaggio
politico proposto dai principali pro-
tagonisti? Sul finire del 2010 lanciai,
proprio da queste pagine, un acco-
rato appello alla necessità di un
«
cambio generazionale». Per evitare
e andare contro alla corsa al prota-
gonismo, agli interessi di parte, al
business politico personalizzato (co-
sa che immancabilmente è emersa
in ogni sua componente), allora
scrissi: «Come mi piacerebbe vedere
L
alle prossime elezioni Matteo Renzi
e Giorgia Meloni competere nella
prossima contrapposizione eletto-
rale». Dopo due anni, forse, si po-
trebbe verificare questa eventualità.
Renzi il “rottamatore”; colui che
oltre che al ricambio generazionale
in ambito dirigenza dei Ds, ha aper-
to indistintamente a tutti coloro che
hanno voglia di cambiamento e di
pulizia interna. Financo Berlusconi
lo ha definito come l’uomo che può
finalmente aprire ad una reale “so-
cialdemocrazia”, mentre ,secondo
Roberto Reggi, è «l’unico soggetto
in grado di allargare la platea degli
elettori in maniera molto significa-
tiva, perché dà risposte concrete ai
problemi delle persone». E la Me-
loni? Nata e cresciuta alla scuola
della Garbatella, donna di indubbia
cultura e vissuta a costante contatto
con la gioventù italiana. Chi meglio
di lei potrebbe interpretare il pen-
siero politico del centrodestra ita-
liano post-Berlusconi? Anche lei, co-
me Renzi, a mio giudizio purtroppo,
schierata contro un governo Mon-
ti-Bis.
Certamente dietro questi due in-
novativi personaggi esiste l’eventua-
lità, molto realistica, che i candidati
premier del nostro sistema bipolare
possano essere Berlusconi e Bersani.
Beh, in questo caso, non credo che
ci siano dubbi sulla possibilità di
cambiare il sistema; anzi, con l’in-
ventiva e lo charme politico che ma-
nifestano entrambi c’è da aspettarsi
solo un consolidamento dello status
quo, fondato su quella voglia di
protagonismo che ha portato l’Italia
sul baratro finanziario e al declino
di credibilità a livello internazionale.
Ma, anche nel caso di vittoria di
uno dei due tra la Meloni e Renzi,
quali speranze di riuscita avrebbe
un loro governo? Entrambi, infatti,
continuano a enfatizzare, a stigma-
tizzare, a rilanciare problematiche
interne quanto mai veritiere e reali
(
produttività, lavoro, welfare, cre-
scita, ecc.), ma sicuramente lontane
dal contesto internazionale in cui
l’Italia è immersa e di cui non ne
potremo “mai” fare a meno. Cam-
biamenti a livello internazionale ne
sono accaduti tanti, forse troppi, in
questi ultimi tre anni. Dalla crisi fi-
nanziaria, alle rivoluzioni “arabe”.
In tutto questo l’economia, per ra-
gioni legate al mercato mondiale e
le relative interazioni finanziarie, si
è imposta in modo primario e prio-
ritario, affermandosi in molti casi
in maniera drammatica (Grecia, Ir-
landa, Portogallo, Spagna, Italia, ma
anche Giappone e, ultimi non a ca-
so, gli Usa) e imponendo nuove re-
gole del gioco. Spesso hanno inte-
ragito a livello immediato sul
sociale, ma che ancor più spesso
hanno generato “turbolenze” poli-
tiche internazionali con sviluppi in
contesti che esulano dal semplice
scenario nazionale.
In Mediterraneo, in particolare,
quello che era l’asse prioritario
Atlantico, Usa-Europa, che sino ad
ieri ha dettato le regole della finanza
e dell’economia a livello mondiale,
oggi appare più un rapporto bila-
terale Usa-Gran Bretagna, per l’asse
finanziario, e Usa-Francia per la di-
plomazia e la sicurezza internazio-
nale, mentre nel settore economico
l’Europa, malgrado i differenti av-
visi, rappresenta l’unico, se non l’ul-
timo, bastione di sicurezza per con-
trastare sia le deficienze strutturali
manifestate da alcune nazioni, in-
cluso l’Italia, ma soprattutto la crisi
internazionale e la recessione in at-
to, e attuare politiche congiunte di
crescita economica. La storia di
questi giorni insegna che, senza
l’Europa, Grecia, Irlanda, Portogal-
lo, Spagna e Italia sarebbero scom-
parse dallo scenario economico-
commerciale internazionale. Tutto
questo è andato ad inficiare la con-
siderazione e il peso diplomatico
dell’Italia. La Libia, l’Iraq, le rivo-
luzioni arabe, l’Afghanistan, il caso
India, la drammatica situazione in
Siria, il giudizio sia di Obama che
di Romney nelle elezioni americani,
sono tutte evidenze della caduta di
considerazione che il mondo intero
esprime nei confronti dell’Italia. Se
non fosse per la presenza dei nostri
contingenti militari in alcune di que-
ste aree, l’Italia non sarebbe nean-
che più menzionata come attore di
fatti internazionali. Monti, con la
sua politica di governo, ha ridato
credibilità all’Italia, innanzitutto in
ambito Ue; cosa fondamentale per-
ché ad essa comunque è legato il
nostro futuro. Il carisma e la rico-
nosciuta professionalità del profes-
sore stanno servendo, passo dopo
passo, a ridare dignità al nome del-
l’Italia nel contesto internazionale.
A prescindere dalle prossime elezio-
ni, chi mai potrà assicurare all’Eu-
ropa gli impegni cui dobbiamo sot-
tostare e, di conseguenza,
riguadagnarsi il posto a livello in-
ternazionale cui Monti ci sta por-
tando? Non credo che per il pros-
simo futuro ci possa essere una
guida di governo diversa da Monti.
Per ora, anche i due “innovatori”
non ne fanno cenno, ma dovendo
a breve affrontare la stesura di un
programma di governo da pubbli-
cizzare in campagna elettorale,
chiunque sarà chiamato a rappre-
sentare la propria coalizione si ren-
derà conto che se veramente vor-
ranno cambiare la drammatica e
sconfortante situazione politica e
istituzionale della seconda Repub-
blica, dovranno affrontare e pro-
porre modifiche sostanziali alla no-
stra Costituzione.
FABIO GHIA
Soltanto il carisma
del premier può ridare
all’Italia la sua dignità
internazionale
Il ruolo del nostro paese
nello scacchiere
mondiale è ormai ridotto
ai minimi storici
guerra nella sinistra per la vi-
cenda Ilva di Taranto. France-
sco Barbato, deputato Idv, ha at-
taccato Bersani e Vendola sulla
vicenda del siderurgico tarantino.
Ma, a stretto giro di posta, è arri-
vata la dissociazione del capogrup-
po Antonio Borghesi: «A nome del-
l’intero gruppo dell’Italia dei Valori
mi dissocio dalle parole dell’ono-
revole Barbato, prive di qualunque
logica e fondamento, e porgo a Ber-
sani e Vendola le mie personali scu-
se e quelle di Idv. Le responsabilità
della situazione dell’Ilva sono ben
altre e per le stesse sarà la magistra-
tura a chiarirne i contorni». Bar-
bato era stato molto duro nella sua
presa di posizione: «Bersani e Ven-
dola - ha detto il deputato Idv -
hanno responsabilità politiche evi-
denti sul dramma del caso Ilva di
Taranto. È di queste ore la notizia
riportata sui principali quotidiani
italiani che Pierluigi Bersani nel
2006,
prima di diventare ministro
dello Sviluppo Economico, ha rice-
vuto 98mila euro come finanzia-
mento diretto dal gruppo Riva in
vista delle Politiche che porteranno
la coalizione di centrosinistra al go-
verno. Colui che si candida a pre-
mier e alla guida del nostro Paese
ha ricevuto soldi e pressioni dal
proprietario dell’Ilva per mettere a
tacere il troppo zelante deputato
del Pd Della Seta, che chiedeva che
venissero rispettate le leggi ambien-
È
tali; Bersani metta in chiaro che
rapporto ha con imprenditori che
evadono e ammazzano il territorio,
i cittadini e il lavoro. È evidente che
Riva distribuiva soldi a destra e a
sinistra per fare l’imprenditore al
di fuori e al di sopra della legge».
Emerge come la vicenda Ilva, nata
con la cessione Iri firmata da Prodi,
sia proseguita sul tavolo dell’Indu-
stria che fu di Bersani. Un nodo
scorsoio per la nuova sinistra di go-
verno, che oggi non sa come giu-
stificare i decenni di comportamen-
to ondivago. Barbato ha poi
continuato su Vendola: «È incon-
cepibile che un governatore di Re-
gione si adoperi, diciamo, così tanto
per fare fuori il direttore generale
dell’Arpa Puglia, Giorgio Assenna-
to, tentando di sconfessarne il la-
voro anti-Ilva. Lo stesso sistema
usato per la sanità. Basta sentire le
intercettazioni tra Vendola e Tede-
sco, l’uomo di D’Alema e quindi
grande supporter di Bersani. Cam-
biare la legge a piacimento per fare
spazio agli amici rappresenta il mo-
do di governare del sistema Vendo-
la-Bersani. È inquietante che questi
siano gli uomini del futuro gover-
no». E qualcuno rammenta come
Vendola fosse anti-Ilva nei primi
anni ‘90, mentre oggi teme la chiu-
sura dei vari impianti industriali
pugliesi (sta per scattare anche la
chiusura dell’Enel di Bari).
RUGGIERO CAPONE
L’OPINIONE delle Libertà
GIOVEDÌ 29 NOVEMBRE 2012
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