II
POLITICA
II
L’onnipresente Nobili
la stakanovista del Pdl
Scandalo fondi regionali:
la Sicilia almicroscopio
Sallusti in galera?
Scatta la solidarietà
rriva oggi in Corte di Cassa-
zione, salvo ritiro concorda-
to della querela da parte del giu-
dice che ha promosso il giudizio,
il caso dell’attuale direttore del
Giornale
Alessandro Sallusti,
condannato in primo grado a 5
mila euro di pena pecuniaria e a
14
mesi di reclusione in appello
senza condizionale (il giornalista
è stato ritenuto socialmente pe-
ricoloso) per diffamazione a mez-
zo stampa.
L’autore dell’articolo incrimi-
nato, un corsivo, comparso nel
2007
su
Libero
di cui Sallusti era
direttore era comparso con lo
pseudonimo, Dreyfus. Sallusti è
stato condannato per omesso
controllo e qualora la forma del-
la sentenza non lasci appigli di
critica finirà in galera. La condi-
zionale viene concessa a tutti. A
lui no.
La vicenda ora sta suscitando
reazioni bipartisan e riflessioni.
«
È inaccettabile che un giornalista
per fare il suo lavoro e per le sue
opinioni - scrive la Fnsi - rischi la
galera». Più concreta la Corte dei
diritti dell’uomo che esaminando
il caso del greco Kydonis nel
2009
condannò la Grecia con la
motivazione «i giornalisti mai in
carcere per il reato di diffamazio-
ne». Figuriamoci per omesso con-
trollo di migliaia di articoli, sette
giorni su sette, 365 giorni l’anno.
A
In materia la Corte di Strasburgo
ha osservato «il carcere, previsto
nei casi di diffamazione negli or-
dinamenti interni, ha un effetto
deterrente sulla libertà del gior-
nalista d’informare, con effetti ne-
gativi sulla collettività che ha il
diritto di ricevere informazioni».
Una condanna del genere non
è da paese civile. «Succede solo in
Italia - aggiunge la Fnsi - e questa
è una delle ragionali per cui siamo
così in basso nella graduatoria
mondiale sulla libertà di stampa».
L’Ordine dei giornalisti presie-
duto da Enzo Jacopino ha chiesto
l’intervento del ministro della
Giustizia Paola Severino per ca-
pire come sia possibile che una
sanzione passi nei due gradi di
giudizio da 5 mila euro di multa
al carcere. Contro la condanna e
l’ipotesi che Sallusti finisca in car-
cere si stanno mobilitando in tanti
(
da Antonio Di Pietro a Marco
Travaglio, da Walter Veltroni a
Corrado Formigli).
Ma querelare è una moda ita-
liana e il record in materia spetta
ai magistrati. Oltre alla telefonata
di solidarietà del presidente del
Senato Renato Schifani, il porta-
voce del Quirinale Pasquale Ca-
scella ha fatto sapere che Giorgio
Napolitano sta seguendo il caso
e si riserva di acquisire ogni ele-
mento utile di valutazione.
SERGIO MENICUCCI
avvero i radicali coi soldi pub-
blici si sono comportati “co-
me tutti gli altri”? Può passare alla
storia quello che ha avuto il corag-
gio di dire l’onorevole Massimo
D’Alema a
La7
dalla Gruber, senza
praticamente alcun contraddittorio,
e cioè che i radicali del gruppo
consiliare del Lazio hanno intasca-
to i soldi come tutti gli altri e quin-
di devono fare autocritica?
In Italia può succedere anche
questo, con la politica e l’informa-
zione che ci ritroviamo. Eppure ba-
sta andarsi a leggere le sei doman-
de e le sei risposte (nonchè i
documenti di bilancio allegati)
pubblicate sul sito dei Radicali del
Lazio per capire come le cose non
stiano affatto così. Innanzitutto le
delibere che aumentavano i fondi
ai singoli gruppi sono state decise
dall’ufficio di presidenza pressochè
all’unanimità con il piccolo parti-
colare che in quell’organismo i
consiglieri regionali della lista Bo-
nino, Berardo e Rossodivita non
hanno ingresso. Poi quando la de-
libera è andata in aula i due sud-
detti risultano gli unici ad avere
votato contro, insieme al rappre-
sentante di Sel. Infine neanche un
soldo dei centomila euro a testa
erogati ai consiglieri come gruppo
è stato travasato sui loro conti per-
sonali, come dimostra il bilancio
da loro consegnato allo stesso Riz-
zo e dal quale si evince che nei con-
D
ti del gruppo è ancora giacente la
notevole somma di euro 273 mila
circa, «pronta ad essere restituita
alla regione Lazio». Scrivono sul
loro sito gli stessi consiglieri su ci-
tati che «le delibere dell’ufficio di
presidenza nonostante i nostri
emendamenti per la trasparenza
non sono pubbliche e non ci sono
state neanche fornite in relazione
agli accessi agli atti che abbiamo
inoltrato ai sensi dell’articolo 30,
comma 3, dello Statuto della Re-
gione».
In precedenza, ricordano sem-
pre sul sito, i Radicali avevano pro-
posto l’anagrafe pubblica degli elet-
ti e dei nominati come primo atto
della legislatura. Risposta? Dopo
due anni, nonostante la prepara-
zione di un testo base, la commis-
sione non licenzia per l’aula il testo
perché «c’è un problema sulla vo-
stra norma che vuole la pubblicità
sul bilancio dei gruppi e i rendi-
conti dei consiglieri». In pratica
quelli che oggi sono stati cacciati
dal tempio dalla stessa Polverini,
con una mossa propagandistica a
detta dei più, erano gli stessi che
osteggiavano la trasparenza radi-
cale. E non si trattava solo degli
esponenti del Pdl, ma anche di
quelli del Pd e dell’Italia dei valori.
Solo il vendoliano nel consiglio ha
tenuto posizioni analoghe a quelle
di Berardo e Rossodivita. Resta da
chiedersi a questo punto se la Pol-
verini sapesse, fosse inconsapevole
o facesse finta di non sapere.
E anche per questa domanda i
radicali del gruppo consiliare del
Lazio hanno una risposta puntuale:
«
La presidente Polverini è capo
della maggioranza, e sa benissimo
tutto. Uno dei maggiori gruppi pre-
senti in Consiglio porta il suo no-
me: Lista Polverini, 13 consiglieri.
In realtà queste cifre sono state ve-
rosimilmente contrattate nelle ses-
sioni di bilancio proprio dalla mag-
gioranza, la presidente Polverini
infatti tramite l’assessore Cetica,
per tenere buona la maggioranza
e far passare tranquillamente le leg-
gi finanziarie e di bilancio, sapeva
che questo era il prezzo da pagare
ai consiglieri della propria maggio-
ranza».
DIMITRI BUFFA
D’Alema attacca. I Radicali:
«
Non votammo il bilancio»
L’esponente del Pd
accusa Torre Argentina
di aver partecipato
alla spartizione
della torta nel Lazio.
Dura la replica: «Solo
noi ci astenemmo
dal voto unanime»
di
GIANLUCA PERRICONE
on sappiamo se corrisponda a verità
quanto dichiarato alla stampa dall’ex
capogruppo del Pdl al consiglio regionale
del Lazio, Franco Fiorito, quando ha fatto
pubblicamente sapere che «Lidia Nobili era
diventa una vicenda umana, mi perseguitava
per chiedermi soldi, più di quanti gliene
spettassero. A fine mese mi presentava a piè
di liste fatture da decine di migliaia di euro
della società Lallaria srl». Vogliamo credere
che la consigliera pidiellina eletta a Rieti
non abbia compiuto alcun atto al di fuori
della legge: sarà la magistratura, che ha se-
questrato tutti i conti dei consiglieri regionali
del partito di Berlusconi, a decidere se de-
terminati comportamenti siano o meno re-
stati nell’ambito della legalità.
Il caso della professoressa Nobili, diri-
gente scolastica attualmente in aspettativa,
ha però anche risvolti di etica politico-am-
ministrativa. Lidia Nobili, infatti, è anche
consigliere comunale e membro di tre com-
missioni. La stessa dottoressa Nobili è anche
consigliere provinciale. Non solo, ma siede
anche in quattro commissioni. In Regione,
la stakanovista consigliera azzurra è vice-
presidente della Commissione Sanità e mem-
bro di altre due commissioni ancora.
Possibile mai che il Pdl reatino non abbia
avuto nessuno da presentare in lista pur di
alleviare le così numerose fatiche istituzio-
nali della professoressa? Ed è possibile mai
che, almeno una volta entrata in consiglio
regionale, all’interessata non sia venuto nep-
pure in mente (appunto per etica politico-
amministrativa) di cedere il passo (e lo
N
scranno) ai primi dei non eletti al Comune
e alla Provincia?
Lei intanto ha precisato che con i fondi
regionali del Pdl pagava le interviste: «Con
le emittenti locali c’è questa usanza: realiz-
zano un’intervista, un servizio, solo se a pa-
gamento». I prezzi variano, «cento, duecen-
to, mille euro, dipende anche dallo spazio
che si ha: dieci minuti, mezz’ora, un’ora.
Poi la televisione fa la fattura e ce la manda.
Sono costi per l’attività politica». «Fiorito
–
ha sostenuto ancora la Nobili - non mi
dava mai il denaro che mi spettava; non po-
tevo più camminare per strada dalla vergo-
gna: tutti a chiedermi conto di pagamenti,
per attività elettorali, che non potevo sal-
dare».
Come se non bastasse, la professoressa
se la prende, chissà poi perché, pure con un
suo collega di gruppo (anch’egli reatino ed
eletto nella lista del Pdl con oltre 14mila
preferenze): «c’è un altro consigliere reatino,
Antonio Cicchetti. Chiedete le sue, di fatture.
Come li ha impiegati i soldi? Lui sta lì anche
da più tempo di me. Avrà fatto attività po-
litica...» lasciando intendere chissà cosa.
La replica dell’ex sindaco di Rieti non si
è fatta attendere: «La magistratura ha se-
questrato i conti dei consiglieri del Pdl, com-
preso, ovviamente, il mio. E non c’era, per-
tanto, bisogno dell’auspicio avvelenato di
una collega acchè venissero oculatamente
verificati. Nessuna concessione da parte mia
è stata fatta a pranzi, cene, porchette, nolo
auto, regali o addobbi per alberi di Natale.
E non ho mai finanziato carri mascherati
recanti cartelli col mio nome associato al
simbolo della Regione».
arrivata anche in Sicilia l’onda lunga
del “caso Fiorito”. La procura di Paler-
mo, infatti, ha aperto un’inchiesta sulle spe-
se dei gruppi parlamentari all’Assemblea
regionale siciliana per verificare eventuali
irregolarità o sprechi. Un’indagine, che al
momento non presenta né indagati né ipo-
tesi di reato, ma che pesa egualmente come
un macigno sull’incandescente campagna
elettorale per le elezioni del prossimo 28
ottobre. Già, i costi della politica e in questo
caso la gestione dei fondi destinati ai gruppi
parlamentari che alla Sicilia costeranno que-
st’anno ben 12 milioni e 650 mila euro, una
cifra record che pone l’isola in testa alle re-
gioni italiane in questa speciale classifica.
Qualcosa in meno del 2010 e 2011 (13 mi-
lioni e 700 mila euro) e quasi la stessa cifra
del 2009. Un taglio che sembra però solo
un’operazione di lifting contabile, visto che
dal prossimo anno i gruppi avranno 100
mila euro in più da dividersi. L’incremento
è previsto nel bilancio triennale dell’Ars. E
se i magistrati, sulla scia delle indagini nella
capitale, vogliono vederci chiaro sull’attività
dei gruppi parlamentari all’Assemblea si-
ciliana, il presidente dell’Ars, Francesco Ca-
scio ha convocato il prossimo 2 ottobre il
consiglio di Presidenza per approvare la ri-
duzione dei contributi dei gruppi a Palazzo
dei Normanni. Un “regalo” di fine legisla-
tura ai siciliani sulle cui spalle, ha affermato
Cascio «non è accettabile continuare a gra-
vare con tutta una serie di costi che potreb-
bero essere facilmente abbattuti». E intanto,
non si placa la polemica sulle spese riservate
del presidente dimissionario Raffaele Lom-
bardo accusato dal candidato a governatore
È
Claudio Fava di «pratiche clientelari». Dei
200
mila euro previsti nel bilancio del 2011
la spesa è schizzata a 500 mila euro. Una
cifra lievitata del 150% ed elargita a circa
200
tra enti cattolici, associazioni ed anche
a semplici cittadini. Dopo la pubblicazione
di questi dati, immediata è stata la replica
del governatore che però, secondo Fava,
precisano ben poco su quei 500 mila euro
prelevati dal capitolo delle spese riservate
a disposizione del presidente della Regione.
Per questi fondi non è prevista la rendicon-
tazione secondo le procedure contabili in
quanto si tratta di spese iscritte in capitoli
di bilancio di finanza pubblica. Ogni prov-
vedimento, come precisa la presidenza, è
erogato previo ordine di accreditamento
vistato e registrato dalla Ragioneria. Ed è
proprio osservando la rendicontazione che
ci si accorge che la spesa dei fondi riservati
nel 2010 era stata di 240 mila euro, mentre
nel 2009 si aggirava intorno ai 300 mila
euro. Cifre ben distanti dai 500 del 2011.
«
È stato utilizzato per fornire aiuti concreti
a soggetti particolarmente bisognosi, a per-
sone svantaggiate e poste ai margini della
società», si è giustificato Lombardo, ag-
giungendo che «è vero che la spesa è pas-
sata da 200 a 500 mila euro, ma questo a
causa di una crisi che ha colpito le fasce
più deboli». Precisazioni che però non han-
no convinto Fava che ha incalzato: «Si trat-
ta della più clamorosa ammissione della
concezione privatistica e clientelare del po-
tere, che si serve dell’elargizione e dello
sfruttamento dello stato di bisogno dei di-
seredati».
ROSAMARIA GUNNELLA
L’OPINIONE delle Libertà
MERCOLEDÌ 26 SETTEMBRE 2012
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