II
CULTURA
II
NiccolòTommaseo: pensatore
cosmopolita dal cuore italiano
di
NICCOLÒ DIMIVI
ato in Dalmazia, da genitori
italiani, come molti dalmati
dell’epoca, a causa della pregressa
dominazione veneta, Niccolò Tom-
maseo era di cultura e di sentimenti
italiani. Fece i suoi primi studi con
uno zio, un frate francescano, e poi
li proseguì al Seminario di Spalato.
Passò, quindi, a Padova, per stu-
diare diritto, alloggiando presso il
Seminario ove conobbe Rosmini,
allora studente di teologia. I due
divennero amici, legati da una re-
ciproca stima che durerà nel tempo
(sarà ospite di Rosmini a Rovere-
to). Dopo gli studi di diritto, andò
a Milano, lavorando come giorna-
lista e frequentando altri personag-
gi del mondo intellettuale cattolico
tra cui Cesare Cantù e il Manzoni,
verso il quale nutrirà sempre una
grande stima e che Manzoni ricam-
bierà con un atteggiamento bene-
volo. Iniziò anche a collaborare
all’«Antologia» di Vieusseux e fu
per questo motivo che si trasferì a
Firenze (1827), dove il Vieusseux
gli aveva offerto una collaborazio-
ne fissa. Qui strinse amicizia con
Gino Capponi e durante il suo sog-
giorno fiorentino ebbe una sofferta
relazione amorosa con una popo-
lana. A causa delle proteste del go-
verno austriaco per un suo articolo
a favore della rivoluzione greca, pe-
rò, dovette lasciare Firenze per Pa-
rigi dove arrivò da esule squattri-
nato e irrequieto e dove pubblicò,
fra l’altro, l’opera politica «Del-
l’Italia» (1835), la cui stampa fu fi-
nanziata da un suo ex compagno
di studi, il sacerdote Giovanni Ste-
fani, che aiutava generosamente i
fuorusciti italiani. L’opera fu intro-
dotta in Italia con il titolo, voluta-
mente contraffatto, per motivi di
censura, «Opuscoli inediti di Fra
Girolamo Savonarola». Da Parigi
fece una puntata in Svizzera per in-
contrare Mazzini. Dopo quest’in-
contro i suoi sentimenti repubbli-
cani e antisabaudi saranno più
determinati. Passati alcuni anni a
Parigi, si spostò in Corsica per le
sue ricerche di italianistica e in
quell’occasione definì la lingua cor-
sa come il più puro dei dialetti ita-
liani. Dalla Corsica passò a Vene-
zia: qui proseguì la sua poliedrica
produzione editoriale e intensificò
il suo impegno politico. A seguito
di alcune sue dichiarazioni sulla li-
bertà di stampa, venne arrestato
dalla polizia asburgica (1847). Fu
N
liberato assieme a Daniele Manin
e, durante il periodo della Repub-
blica di San Marco, assunse impor-
tanti incarichi (fu anche Ministro
della Pubblica Istruzione). Ritornati
gli austriaci a Venezia, andò in esi-
lio a Corfù (1849), allora sotto il
controllo britannico, dove continuò
a scrivere altri saggi, tra cui una
monografia in due volumi sugli ul-
timi avvenimenti politici veneziani
e l’opera «Rome et le monde», in
lingua francese, in cui, in quanto
cattolico, dichiarava la necessità
della rinuncia da parte della Chiesa
del potere temporale. Si adoperò
anche per un riavvicinamento tra
la Chiesa Cattolica e gli Ortodossi.
Contemporaneamente era diventa-
to insofferente per la cosiddetta via
moderata all’unità d’Italia, da rag-
giungere tramite la monarchia sa-
bauda. Si trasferì, anche se a ma-
lincuore, a Torino, ma ritornò
presto a Firenze (1859), dove restò
fino alla morte. Furono anni di ri-
strettezze finanziarie e vi condusse
un’esistenza appartata e interamen-
te dedicata agli studi. Fra gli amici
che gli rimasero vicino vi fu Gino
Capponi. Qui la sua opposizione
verso i Savoia e la politica unitaria
di Cavour divenne radicale, tanto
da rifiutare, con dignità e coerenza,
alcuni riconoscimenti ufficiali, tra
cui la cattedra universitaria offer-
tagli dal ministro F. De Sanctis, la
prebenda del nuovo governo na-
zionale e la nomina a senatore del
Regno.
Tommaseo s’impegnò in molti
settori dell’attività letteraria. In les-
sicografia è presente con due opere,
ancor oggi, fondamentali: il «Di-
zionario dei sinonimi» e il «Dizio-
nario della lingua italiana» (in otto
volumi). Negli studi etnografici si
distinse con la raccolta, in quattro
volumi, di canti popolari (toscani,
corsi, illirici, greci). Nell’attività di
critica letteraria si schierò con i ro-
mantici nella polemica sulla lingua
e redasse un notevole commento
alla Divina Commedia (tre volumi)
in cui mise in evidenza le fonti bi-
bliche del poema dantesco. In nar-
rativa si affermò con il romanzo
«Fede e Bellezza», in parte auto-
biografico, in cui narra la storia
d’amore di Giovanni, esule italiano
in Francia, per la bella Maria,
anch’essa italiana, i quali proveni-
vano, entrambi, da esperienze pro-
vate dalla sventura e segnate dal
peccato e che, tuttavia, erano ani-
mati da una forte fede religiosa, tal-
volta offuscata, ma mai perduta.
Pubblicò anche raccolte di poesie,
fra cui ricordiamo «Confessioni»,
versi tipici per l’accorata cristiana
introspezione. Fu veramente un
protagonista della vita letteraria di
metà Ottocento. Nutrì grande at-
tenzione ai problemi della lingua
italiana ed ebbe una grande sensi-
bilità per la poesia e le tradizioni
popolari. Amò l’Italia e si sentì
sempre veneziano ed italiano (ben-
ché fosse nato in Dalmazia), pur
nutrendo, allo stesso tempo, senti-
menti cosmopoliti. Tommaseo è
una figura significativa fra i catto-
lici liberali italiani dell’Ottocento,
pur se avvertì fortemente, nelle sue
carni, le contraddizioni fra i valori
cristiani e le istanze della moderni-
tà. Ebbe rapporti diretti con i cat-
tolici liberali francesi, in particolare
con de Lamennais. Lacordaire e
Montalembert, che incontrò prima
a Firenze e poi a Parigi. Fu un let-
tore entusiasta di l’Avenir, di cui si
era proposto di pubblicare una mi-
scellanea di articoli tradotti in ita-
liano, con il titolo Dio e libertà, che
era il motto de l’Avenir. Il pensiero
di Tommaseo deve molto al catto-
licesimo liberale francese, anche se
Tommaseo non condivise sempre
il pensiero di de Lamennais: la ricca
corrispondenza intercorsa con loro
lo dimostra ampiamente. D’altron-
de già nell’«Antologia» Tommaseo
aveva scritto che «erroneamente
nel passato si sia ritenuto il Cristia-
nesimo contrario alla libertà». E
nella circolare (scritta da Vieusseux,
Lambruschini e Tommaseo) del
1833, inviata ai collaboratori
dell’«Antologia», si affermavano
gli ideali sociali, cioè il grande in-
teresse di voler porre «al centro
dell’attenzione del nuovo anno la
questione delle classi inferiori, la
questione delle donne e quella dei
proletari». Tommaseo aderì con-
vintamente al cristianesimo e nel
suo romanzo «Fede e Bellezza», vi
sono le attestazioni più evidenti.
Poiché ebbe una parte non secon-
daria nei moti politici di quegli an-
ni, alcuni hanno visto una qualche
contraddizione tra il suo profondo
sentimento religioso e il suo gene-
roso slancio rivoluzionario. Il cat-
tolico Tommaseo visse la sua fede
religiosa in una drammatica ten-
sione tra colpa ed espiazione, tra
peccato e pentimento. Con il suo
liberalismo, si propose di dimostra-
re la piena compatibilità del catto-
licesimo con le moderne idee di li-
bertà e di progresso. Voleva
arrivare, o almeno avvicinarsi, «al
punto, ove il paese potesse gover-
narsi da se stesso mediante la de-
mocrazia». La sua azione politica
era di prospettiva: «il raggiungi-
mento dell’indipendenza nazionale,
con il favore di un’iniziativa del po-
polo perché il processo fosse il più
consensuale possibile». L’unità
d’Italia per Tommaseo era un fatto
di popolo perché «bisognava valo-
rizzare la storia dei popoli e rivol-
gere l’attenzione all’elevazione del
popolo». Era convinto che «i pro-
tagonisti della storia siano i popoli,
perché in essi si depositano i grandi
valori». In Tommaseo si confron-
tano costantemente, anche se non
sempre in maniera armoniosa, fede
religiosa e ricerca della libertà, pa-
triottismo e difesa della tradizione
italiana, l’ideale federalista e l’av-
versione alla potenza della monar-
chia sabauda.
Puntate precedenti dedicate
ai cattolici liberali:
10 e 24 giugno;
8, 15, 22, 29 luglio;
5, 12, 19 agosto 2012.
In lui si confrontano
costantemente, fede
religiosa e ricerca
della libertà.
È una figura significativa
fra i cattolici liberali
italiani dell’Ottocento,
ma avvertì,
le contraddizioni
fra i valori cristiani
e le istanze
della modernità.
Ebbe rapporti diretti
con i cattolici liberali
francesi, in particolare
con de Lamennais.
Lacordaire
e Montalembert,
che incontrò prima
a Firenze e poi a Parigi.
Il suo pensiero
deve molto
al cattolicesimo
liberale francese,
anche se Tommaseo
non condivise
sempre le idee
di de Lamennais:
la ricca corrispondenza
intercorsa con loro
ne è la prova
L’OPINIONE delle Libertà
DOMENICA 26 AGOSTO 2012
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