Direttore ARTURO DIACONALE
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Martedì 25 Settembre 2012
delle Libertà
Cacciamoli tutti. È il momento di biografie pulite
a reazione immediata ed istin-
tiva allo scandalo delle ruberie
e degli sprechi alla Regione Lazio
è quella di recuperare ed adeguare
al tempo presente il motivo do-
minante della Crociata contro i
Catari e lanciare un appello al
“
cacciateli tutti, Dio ricompenserà
i suoi!”. Comportandosi in questo
modo si liscerebbe il pelo all’in-
dignazione popolare e ci si collo-
cherebbe nella comoda scia di
quei grandi media che di fatto
hanno promosso e conducono la
battaglia contro la casta politica
in nome della morale e della le-
galità. Ma cacciarli tutti scarican-
do sul Padreterno il compito di
L
rimborsare in qualche modo i po-
chissimi non colpevoli, però, non
è solo un “vasto programma” (co-
me diceva De Gaulle a chi gli
chiedeva di combattere i coglioni)
.
È anche una scelta rischiosa. Per-
ché nasconde il pericolo di lastri-
care di ottime e sacrosante inten-
zioni una strada che può portare
dritta verso un inferno peggiore
del male che si vuole eliminare.
Il rischio non è nascosto. È
sotto gli occhi di tutti. La cam-
pagna contro la casta è degene-
rata in gogna mediatica indiscri-
minata, proprio all’insegna
dell’“uccidiamoli tutti”. Che vie-
ne diretta senza distinzioni di sor-
ta contro presunti colpevoli già
considerati condannati ed ipote-
tici innocenti ritenuti comunque
responsabili di aver commesso in
ogni caso un qualche vergognoso
peccato. Fosse anche quello, non
mortale ma veniale, del cattivo
gusto. Ma ciò che che è ancora
più evidente in questa campagna
condotta all’insegna della incor-
ruttibile virtù è l’obbiettivo che
si vuole perseguire una volta can-
cellata una classe politica chiara-
mente indegna, inadeguata, com-
posta in gran parte di affaristi e
di cialtroni da strapazzo.
Questo obbiettivo non è quel-
lo fisiologico di qualsiasi demo-
crazia. Cioè il cambio della classe
politica con la sostituzione della
parte corrotta con la parte vir-
tuosa. Con la cacciata all’oppo-
sizione della destra ed il trionfo
della sinistra o viceversa. L’ob-
biettivo, visto che agli occhi dei
grandi media tutti sono respon-
sabili di tutto, è molto più ambi-
zioso ed alto. È il cambio di siste-
ma con il passaggio dalla
democrazia alla tecnocrazia. Che
non è solo il governo dei tecnici
espressi dalle Università o dalle
banche e dei burocrati provenien-
te dai piani alti dei ministeri e de-
gli enti pubblici...
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2
CaroMichele Serra mi scusi,ma Fiorito sarà lei!
ichele Serra, dall’alto delle sue
occhiaie intellettuali, giorni fa
ha decretato: Fiorito siamo noi. E
ha scritto che lui lo conosce Fiorito,
non quello di Anagni, ma quello che
alberga in ogni persona che incon-
tra: «Dietro il bancone di un bar.
Alla guida di un autobus. Alla cassa
di una pescheria. In coda all’ufficio
postale»; perché Fiorito «è un nor-
motipo popolare italiano. È uno di
noi». Quindi, non rompete le balle,
guardatevi allo specchio e trovate
quanto assomigliate “ar Batman del-
la Ciociaria”. Inutile dire che per
Serra i Fiorito sono dovunque tran-
ne, per esempio, nella redazione di
Repubblica
perché, in fondo in fon-
M
do, quel “noi” è un modo per dire
voi; insomma, Fiorito siamo tutti
noi, tranne me. Il ragionamento di
Serra, comunque, è chiaro: «Fiorito
è un prodotto della democrazia».
Lui non nasce ricco e potente, è uno
del popolo, e siccome il popolo fa
schifo, ecco che poi vota quelli come
Fiorito. Quindi, «bisogna cambiare
il popolo, migliorare le persone, la
loro cultura, le loro ambizioni». Dire
che Fiorito è un prodotto della de-
mocrazia, è come dire che le cazzate
che scrive Serra sono un prodotto
della libertà di stampa. Potrebbero
essere vere entrambe le cose ma ciò
non toglie che non tutti sono Fiorito
e che non tutti scrivono cazzate. La
realtà è che la responsabilità verso
la
polis
,
che dovrebbe essere l’essen-
za dell’agire politico, è un prodotto
di ciò che un fine ed aristocratico
intellettuale conservatore di nome
Roger Scruton ha chiamato la “vir-
tù della nazionalità”: è la lealtà na-
zionale a fondare la cittadinanza, ed
è la società di cittadini quella che
consente di condividere diritti e do-
veri e rispettare obblighi reciproci.
Obblighi che nascono nel momento
in cui si riconosce un’appartenenza
fondata su comuni radici e una vo-
lontà di condivisione futura sancita
da un contratto sociale. I Fiorito na-
scono quando il “noi” a fondamen-
to della lealtà nazionale viene disin-
tegrato. La democrazia c’entra poco,
se non a giustificare il ribrezzo per
la parola “popolo” che accomuna
gli intellettuali radical-chic ai tecno-
crati. Anche perché se la democrazia
viene privata del senso della nazione,
si riduce ad essere una semplice pro-
cedura di governo o peggio ancora
un modello organizzativo, regola-
torio, e quindi a trasformarsi in oli-
garchia (che è più o meno ciò che è
avvenuto in Italia).
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2
di
GIAMPAOLO ROSSI
Se l’editorialista
di Repubblica avesse
letto Pareto, capirebbe
che in questo paese
non fa schifo il popolo
ma l’élite (di cui fa parte)
che ha disintegrato
il senso di appartenenza
comune. È l’élite che va
cambiata, non il popolo
di
ARTURO DIACONALE
L’alternativa a questa
nuova forma di fascismo
tecnocratico non è
la difesa ad oltranza
di una classe politica
composta e dominata
da oligarchi mascalzoni.
Mandiamoli tutti a casa,
ma non per sostituirli
con i “nuovi squadristi”
RegioneLazio,Polverini al capolinea
K
Renata resta in sella, ma il
conto alla rovescia è ormai iniziato. Ieri
la governatrice ha incontrato il leader
del Pdl, Angelino Alfano. Sarebbe stato
proprio lui a convincerla a rimandare
l’addio alla Pisana almeno quanto
basta per portare a termine il progetto
di tagli della spesa regionale, e lanciare
così l’immagine di un partito deciso a
cambiare marcia di propria iniziativa.
Prima di Alfano, il pressing sull’ex sin-
dacalista era arrivato da Silvio Berlu-
sconi, timoroso che un crollo della
giunta di centrodestra ingenerasse
una reazione a catena in grado di de-
stabilizzare definitivamente anche il
precario equilibrio di Roberto Formi-
goni in Lombardia, e che un ritorno
alle urne troppo repentino segnasse
una Caporetto per il Popolo della Li-
bertà nel Lazio.
Anche senza le dimissioni della presi-
dente, però, la tenuta del governo la-
ziale resta comunque appesa ad un
filo: si fanno infatti sempre più forti i
malumori all’interno dell’Udc, sempre
più pronto a ritirare da un momento
all’altro la propria fiducia.