Direttore ARTURO DIACONALE
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Giovedì 20 Settembre 2012
delle Libertà
Quelladelle autonomie, lamadredi tutte le riforme
rancesco Cossiga sosteneva che
le regioni vennero realizzate non
per rispettare l’impegno alle auto-
nomie locali fissato dalla Costitu-
zione ma per consentire al Partito
comunista italiano, che non poteva
andare al governo nazionale per via
della
conventio ad excludendum
im-
posta dalla guerra fredda, di usu-
fruire di una fetta consistente di po-
tere locale nelle tradizionali zone
“
rosse” del paese. Il cosiddetto “re-
gime democristiano”, quindi, non
avrebbe applicato un principio ma
colto una semplice opportunità po-
litica. Quella di consociare i comu-
nisti nella gestione del potere sia pu-
re riservando loro, almeno in una
F
prima fase, lo spazio limitato delle
regioni rosse. Il tutto, naturalmente,
per costituzionalizzare una forza po-
litica dichiaratamente anti-sistema
ed assicurare al paese quella pace
sociale e politica indispensabile per
continuare a farlo crescere dopo la
fase della ricostruzione e del mira-
colo economico. Secondo Cossiga,
quindi, l’istituzione delle regioni sa-
rebbe stata una furbata democristia-
na. Per dare al Pci un tozzo di potere
locale e costringerlo a rinunciare alle
sue velleità rivoluzionarie in cambio
di un po’ di vita comoda e ben re-
munerata per i suoi dirigenti e mi-
litanti.
Può essere che la tesi dell’ex pre-
sidente della Repubblica fosse par-
ziale, esagerata, forzata. Ma è un
fatto che l’istituzione delle regioni,
sia pure giustificata formalmente
dalle ragioni nobili di un autonomi-
smo che non aveva solo radici cat-
toliche ma anche laiche, si sia tra-
dotta in una moltiplicazione
incontrollata ed incontrollabile di
centri di potere e di spesa a vantag-
gio, non solo del vecchio Pci e dei
suoi eredi, ma di ogni formazione
politica. L’antico centralismo dello
stato non è stato minimamente can-
cellato, intaccato, ridimensionato.
Al contrario, al centralismo romano
si è aggiunto il centralismo regiona-
le. Con il risultato di dare vita ad
uno stato burocratico dalle dimen-
sioni gigantesche che ha svolto e
svolge la funzione di ammortizza-
tore sociale di alcune generazioni
della classe politica e delle sue masse
di clientes. Fino a quando è stato
possibile scaricare il costo sempre
più elevato del baraccone sul debito
pubblico, il gioco, che era nato per
costituzionalizzare il Pci e dare sti-
pendi sicuri ai quadri di tutti i par-
titi, ha funzionato. Ora che ricorrere
al debito pubblico non è più possi-
bile, perché il debito è diventato in-
sostenibile ed alla crescita è suben-
trato il declino, il vizio d’origine
torna prepotentemente alla luce.
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Mitt Romney riaccende la vera lotta di classe
itt Romney tieni duro!”
è il commento unanime
dei conservatori americani. Il suo
commento “rubato” (da una video-
camera di cellulare) sul 47% di
americani pronti a votare Obama
perché dipendenti dai soldi di Sta-
to, ha riacceso l’orgoglio dei Re-
pubblicani. Il candidato alla pre-
sidenza del Grand Old Party, se
finora era visto con un certo so-
spetto (proprio perché troppo mo-
derato, centrista o poco chiaro sul-
la lotta allo statalismo), ora è
tornato nelle grazie di chiunque
voti a destra per ridurre il peso del
governo federale. «(Romney, ndr)
non dovrebbe mai chiedere scusa
“
M
–
dichiara l’imprenditore Donald
Trump a Greta Van Susteren, di
Fox News – Abbiamo realmente
una grande percentuale di persone
che non pagano tasse. Abbiamo re-
almente una grande percentuale di
persone convinte di dover essere
aiutate dallo Stato. Ed è proprio
su questo argomento che dobbia-
mo spostare il dibattito». Alla do-
manda se la “gaffe” possa influen-
zare negativamente la campagna
elettorale, Trump risponde, secco:
«(
Romney, ndr) non andrà mai a
pescare quei voti». Perché il video
conferma solo quel che gli ameri-
cani pensano dell’amministrazione
Obama «…e, francamente, da un
punto di vista politico, l’unico mo-
do per farsi eleggere, piaccia o me-
no, sarà basarsi sui fatti: l’econo-
mia va male, nella storia dei
presidenti, questo è forse il peggio-
re di tutti, il peggiore anche nella
politica estera».
Ann Coulter, una delle più
esplosive e popolari commentatrici
conservatrici, lo ribadisce: «Non
capisco che cosa ci sia di sbagliato
(
in quel che ha detto Romney,
ndr). Mi spiego: questo è il modo
con cui i Democratici portano a
votare i loro elettori», cioè: attra-
verso la pressione dei sindacati del
settore pubblico, dando in cambio
assistenza pubblica, case, sussidi e
aiuti di Stato ai loro clienti ed elet-
tori. «Ma poi esaurisci la gente che
deve pagare per lo Stato – conclu-
de la Coulter – Non puoi agire così
in eterno. Sarebbe la fine della no-
stra Repubblica». Anche lei, come
Trump, riguardo alla possibile in-
fluenza nefasta sulla campagna, è
convinta che: «Ogni candidato re-
pubblicano sa che non può contare
su quel 47% di elettorato (…) ma
questo è un voto che divide...
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2
di
STEFANO MAGNI
I commentatori
conservatori sono
euforici. Il commento
“
rubato”al candidato
repubblicano
ha riportato il dibattito
elettorale sulla vera
questione: il conflitto
fra produttori
e consumatori di tasse
di
ARTURO DIACONALE
Toccare il regionalismo
delle clientele
e delle lottizzazioni
significa toccare
il nucleo centrale
del partitismo canceroso
che ha occupato
e che minaccia
di soffocare le istituzioni
italiane.Ma sarà difficile
La rivolta del Pd controVendola
K
Tutti contro Nichi. La studiata
indecisione del governatore pugliese,
che da un giorno all’altro cambia opi-
nione circa la propria candidatura alle
primarie del Pd, ha finito per suscitare
l’ira funesta di 30 parlamentari Pd, partiti
alla carica con una lettera al veleno indi-
rizzata al segretario Pierluigi Bersani.
«
I candidati che vengono da altri partiti
devono avere programmi compatibili
con il nostro, non possiamo trasmettere
all’esterno differenze sostanziali e con-
fliggenti su elementi cardini del pro-
getto. L’opinione pubblica ne
ricaverebbe l’immagine di un Pd dila-
niato e diviso su come governare il
paese. Tutto questo arrecherebbe grave
danno alla nostra affidabilità, credibilità
e autorevolezza» scrivono i 30 arrab-
biati. Va bene il bagno di democrazia
delle primarie, dicono, ma le consulta-
zioni «non possono inglobare tutto e il
contrario di tutto». Bersani tranquillizza
gli animi, o almeno ci prova: tutti gli al-
leati, spiega, dovranno sottoscrivere un
accordo di “cessione della sovranità”.
Poi, dice il segretario, sarà la maggio-
ranza a decidere.