Direttore ARTURO DIACONALE
            
            
              Fondato nel 1847 - Anno XVII  N.190 - Euro 1,00
            
            
              DL353/2003 (conv. in L 27/02/04 n. 46) art.1 comma 1 - DCB - Roma / Tariffa ROC Poste Italiane Spa Spedizione in Abb. postale
            
            
              Sabato 18 Agosto 2012
            
            
              delle Libertà
            
            
              
                Ilmontismo, identità evanescente del nuovo centro
              
            
            
              ono in molti ad affannarsi at-
            
            
              torno al progetto di un nuova
            
            
              e grande centro che svolga un
            
            
              ruolo di moderazione nella poli-
            
            
              tica italiana. C’è chi lo vuole con
            
            
              l’Udc di Pierfrancesco Casini e chi
            
            
              senza, chi lo vuole post-democri-
            
            
              stiano e segnato a tal punto dalla
            
            
              cultura dei vecchi cattolici demo-
            
            
              cratici da chiamarlo “cosa bian-
            
            
              ca” e chi pensa che debba essere
            
            
              il punto di aggregazione di tutte
            
            
              le molteplici sigle ed associazioni
            
            
              liberali esistenti nel paese.
            
            
              In sistesi, quindi, il nuovo e
            
            
              grande centro dovrebbe essere
            
            
              formato, secondo gli affannati
            
            
              promotori, da tre componenti
            
            
              
                S
              
            
            
              specifiche. In primo luogo dagli
            
            
              esponenti dei partiti tradizionali
            
            
              finiti nell’area centrista, l’Udc di
            
            
              Casini in testa seguito a ruota
            
            
              dalla parte di Futuro e Libertà ri-
            
            
              masta attaccata a Gianfranco Fi-
            
            
              ni. In secondo luogo dai cattolici
            
            
              progressisti che si sono ritrovati
            
            
              la prima volta a Todi e che cerca-
            
            
              no un qualche spazio politico
            
            
              puntando sulla capacità di trasci-
            
            
              namento (per la verità tutta da
            
            
              verificare) dei ministri Passera e
            
            
              Riccardi. In terzo ed ultimo luo-
            
            
              go, infine, dai liberali vecchi e
            
            
              nuovi di ogni genere e specie
            
            
              tranne quelli (che poi sono la
            
            
              maggioranza provvista di eletto-
            
            
              rato autonomo) che figurano den-
            
            
              tro il Pdl ed il Pd.
            
            
              Il mastice unitario che dovreb-
            
            
              be mettere insieme alcuni vecchi
            
            
              professionisti della politica, un
            
            
              po’ di cattolici della Cisl e di
            
            
              qualche associazione di volonta-
            
            
              riato “ bianco”, i neo-liberali di
            
            
              Montezemolo e Giannino e qual-
            
            
              che combattente e reduce dell’an-
            
            
              tico Pli oltre alcuni ministri “tec-
            
            
              nici” disposti al grande salto,
            
            
              dovrebbe essere il cosiddetto
            
            
              “montismo”. Cioè non solo la
            
            
              circostanza di aver insieme soste-
            
            
              nuto l’esperienza del governo
            
            
              anomalo del Professore ma l’im-
            
            
              pegno a portare avanti anche nel-
            
            
              la prossima legislatura l’azione di
            
            
              risanamento dei conti pubblici
            
            
              avviata dall’esecutivo dell’emer-
            
            
              genza voluto da Giorgio Napoli-
            
            
              tano.
            
            
              Ma il collante “montiano”
            
            
              non sembra avere la forza di di-
            
            
              ventare quell’elemento identitario
            
            
              senza il quale nessuna forza po-
            
            
              litica può raccogliere consensi.
            
            
              Perchè non ha un retroterra po-
            
            
              litico e culturale capace di fonde-
            
            
              re insieme componenti così diver-
            
            
              se ed in contrasto tra di loro. E,
            
            
              soprattutto, perché non ha dalla
            
            
              sua il vantaggio dei risultati della
            
            
              azione del governo.
            
            
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                Altro che“larghe intese”, il problema è il Nord
              
            
            
              elle lunghe discussioni estive
            
            
              sulle larghe intese c’è un gi-
            
            
              gantesco “non detto” e una varia-
            
            
              bile che nessuno dei principali se-
            
            
              gretari di partito si è preso la briga
            
            
              di considerare. No, non si tratta di
            
            
              Beppe Grillo ma dell’annosa quan-
            
            
              to irrisolta “questione settentrio-
            
            
              nale”. Per anni, con alterne fortu-
            
            
              ne, a farsene carico è stata la Lega
            
            
              Nord. Trattata da molti come un
            
            
              fenomeno da baraccone è stata in
            
            
              verità il catalizzatore delle paure,
            
            
              delle ansie, del malcontento che
            
            
              pervade, quasi fosse una costante,
            
            
              la spina dorsale produttiva del no-
            
            
              stro paese. Non c’è imprenditore,
            
            
              artigiano, operaio, persino impie-
            
            
              
                N
              
            
            
              gato pubblico che non ammetta
            
            
              che sì, forse i metodi un po’ spicci
            
            
              andrebbero rivisti, ma che il noc-
            
            
              ciolo del messaggio leghista ha un
            
            
              suo senso che non può essere igno-
            
            
              rato.
            
            
              Il Nord del paese si sente nella
            
            
              migliore delle ipotesi sotto-rappre-
            
            
              sentato, mentre nella peggiore per-
            
            
              cepisce la sua appartenenza allo
            
            
              stato italiano come un pegno or-
            
            
              mai troppo caro e in grado di stri-
            
            
              tolare, a colpi di burocrazia e op-
            
            
              pressione fiscale, le potenzialità di
            
            
              territori che sono per ricchezza
            
            
              prodotta ai vertici in Europa e nel
            
            
              mondo. La politica dei palazzi ro-
            
            
              mani, anche quella che si pratica
            
            
              tra gli ombrelloni di Capalbio o
            
            
              Forte dei Marmi, fatica a compren-
            
            
              dere questo dato. E il dibattito, ste-
            
            
              rile ed evanescente, sulle larghe in-
            
            
              tese post-Monti è la perfetta
            
            
              cartina da tornasole di questa in-
            
            
              capacità.
            
            
              Partito Democratico, Udc, pezzi
            
            
              importanti de Il Popolo della Li-
            
            
              bertà hanno dimostrato di aver
            
            
              completamente perso il treno giu-
            
            
              sto per parlare a questa parte del-
            
            
              l’Italia. Non sono credibili perché
            
            
              quello che le piccole e medie im-
            
            
              prese (e i loro impiegati) si aspet-
            
            
              tano oggi non è l’ennesimo vertice
            
            
              sulla legge elettorale o l’ultima pro-
            
            
              posta di alleanza per gestire il pros-
            
            
              simo parlamento. C’è un paese rea-
            
            
              le fuori da Montecitorio che chiede
            
            
              soluzioni concrete in grado di li-
            
            
              berare le forze vive della nostra so-
            
            
              cietà e di rimuovere una volta per
            
            
              tutte le zavorre statali che ne fre-
            
            
              nano lo sviluppo. A queste istanze
            
            
              la politica romana risponde con fe-
            
            
              ste di partito dal sapore antico o
            
            
              sfilate di sedicenti big della politica
            
            
              in grado di parlare per ore senza
            
            
              dire nulla di concreto.
            
            
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              di
            
            
              
                SIMONE BRESSAN
              
            
            
              C’è una variabile
            
            
              che finora nessuno
            
            
              dei principali segretari
            
            
              di partito si è preso
            
            
              la briga di considerare.
            
            
              No, non si tratta
            
            
              di Beppe Grillo
            
            
              ma dell’annosa (quanto
            
            
              irrisolta)“questione
            
            
              settentrionale”
            
            
              di
            
            
              
                ARTURO DIACONALE
              
            
            
              Come può una forza
            
            
              politica che si propone
            
            
              di rappresentare
            
            
              una novità, pensare
            
            
              di ottenere la fiducia
            
            
              degli italiani lasciando
            
            
              intendere che l’unico
            
            
              futuro su cui possono
            
            
              impegnarsi è fatto di
            
            
              nostalgia e sacrifici?
            
            
              
                «Spezzeremo le reni agli evasori»
              
            
            
              K
            
            
              
                Mario Monti come Benito Mus-
              
            
            
              
                solini? Sembrerebbe di sì. E non si
              
            
            
              
                tratta certo di basse insinuazioni circa
              
            
            
              
                il rispettivo rapporto con la democrazia.
              
            
            
              
                È solo che a entrambi sembrano pia-
              
            
            
              
                cere un sacco le battaglie perse in par-
              
            
            
              
                tenza. L’uomo di Predappio era
              
            
            
              
                convinto di poter liquidare senza bat-
              
            
            
              
                tere ciglio non solo la scalcagnatissima
              
            
            
              
                Grecia, ma persino l’impero britannico
              
            
            
              
                e la superpotenza industriale statuni-
              
            
            
              
                tense. La storia racconta che finì diver-
              
            
            
              
                samente. Il professore bocconiano sta
              
            
            
              
                invece cercando di convincere gli ita-
              
            
            
              
                liani che basti fare la voce grossa per
              
            
            
              
                sradicare da un giorno all’altro l’eva-
              
            
            
              
                sione fiscale.
              
            
            
              
                Il problema è che le guerre si vincono
              
            
            
              
                (o si perdono) in base al potenziale of-
              
            
            
              
                fensivo che si è in grado (o non si è in
              
            
            
              
                grado) di schierare. E se il premier è
              
            
            
              
                convinto di curare il cancro dell’eva-
              
            
            
              
                sione spremendo a più non posso il
              
            
            
              
                contribuente e lasciando carta bianca
              
            
            
              
                ad Equitalia nella sua caccia alle stre-
              
            
            
              
                ghe, otterrà lo stesso risultato di chi
              
            
            
              
                pensava di poter piegare la Perfida Al-
              
            
            
              
                bione con sette milioni di baionette.