Pagina 1 - Opinione del 18-8-2012

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Direttore ARTURO DIACONALE
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Sabato 18 Agosto 2012
delle Libertà
Ilmontismo, identità evanescente del nuovo centro
ono in molti ad affannarsi at-
torno al progetto di un nuova
e grande centro che svolga un
ruolo di moderazione nella poli-
tica italiana. C’è chi lo vuole con
l’Udc di Pierfrancesco Casini e chi
senza, chi lo vuole post-democri-
stiano e segnato a tal punto dalla
cultura dei vecchi cattolici demo-
cratici da chiamarlo “cosa bian-
ca” e chi pensa che debba essere
il punto di aggregazione di tutte
le molteplici sigle ed associazioni
liberali esistenti nel paese.
In sistesi, quindi, il nuovo e
grande centro dovrebbe essere
formato, secondo gli affannati
promotori, da tre componenti
S
specifiche. In primo luogo dagli
esponenti dei partiti tradizionali
finiti nell’area centrista, l’Udc di
Casini in testa seguito a ruota
dalla parte di Futuro e Libertà ri-
masta attaccata a Gianfranco Fi-
ni. In secondo luogo dai cattolici
progressisti che si sono ritrovati
la prima volta a Todi e che cerca-
no un qualche spazio politico
puntando sulla capacità di trasci-
namento (per la verità tutta da
verificare) dei ministri Passera e
Riccardi. In terzo ed ultimo luo-
go, infine, dai liberali vecchi e
nuovi di ogni genere e specie
tranne quelli (che poi sono la
maggioranza provvista di eletto-
rato autonomo) che figurano den-
tro il Pdl ed il Pd.
Il mastice unitario che dovreb-
be mettere insieme alcuni vecchi
professionisti della politica, un
po’ di cattolici della Cisl e di
qualche associazione di volonta-
riato “ bianco”, i neo-liberali di
Montezemolo e Giannino e qual-
che combattente e reduce dell’an-
tico Pli oltre alcuni ministri “tec-
nici” disposti al grande salto,
dovrebbe essere il cosiddetto
“montismo”. Cioè non solo la
circostanza di aver insieme soste-
nuto l’esperienza del governo
anomalo del Professore ma l’im-
pegno a portare avanti anche nel-
la prossima legislatura l’azione di
risanamento dei conti pubblici
avviata dall’esecutivo dell’emer-
genza voluto da Giorgio Napoli-
tano.
Ma il collante “montiano”
non sembra avere la forza di di-
ventare quell’elemento identitario
senza il quale nessuna forza po-
litica può raccogliere consensi.
Perchè non ha un retroterra po-
litico e culturale capace di fonde-
re insieme componenti così diver-
se ed in contrasto tra di loro. E,
soprattutto, perché non ha dalla
sua il vantaggio dei risultati della
azione del governo.
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Altro che“larghe intese”, il problema è il Nord
elle lunghe discussioni estive
sulle larghe intese c’è un gi-
gantesco “non detto” e una varia-
bile che nessuno dei principali se-
gretari di partito si è preso la briga
di considerare. No, non si tratta di
Beppe Grillo ma dell’annosa quan-
to irrisolta “questione settentrio-
nale”. Per anni, con alterne fortu-
ne, a farsene carico è stata la Lega
Nord. Trattata da molti come un
fenomeno da baraccone è stata in
verità il catalizzatore delle paure,
delle ansie, del malcontento che
pervade, quasi fosse una costante,
la spina dorsale produttiva del no-
stro paese. Non c’è imprenditore,
artigiano, operaio, persino impie-
N
gato pubblico che non ammetta
che sì, forse i metodi un po’ spicci
andrebbero rivisti, ma che il noc-
ciolo del messaggio leghista ha un
suo senso che non può essere igno-
rato.
Il Nord del paese si sente nella
migliore delle ipotesi sotto-rappre-
sentato, mentre nella peggiore per-
cepisce la sua appartenenza allo
stato italiano come un pegno or-
mai troppo caro e in grado di stri-
tolare, a colpi di burocrazia e op-
pressione fiscale, le potenzialità di
territori che sono per ricchezza
prodotta ai vertici in Europa e nel
mondo. La politica dei palazzi ro-
mani, anche quella che si pratica
tra gli ombrelloni di Capalbio o
Forte dei Marmi, fatica a compren-
dere questo dato. E il dibattito, ste-
rile ed evanescente, sulle larghe in-
tese post-Monti è la perfetta
cartina da tornasole di questa in-
capacità.
Partito Democratico, Udc, pezzi
importanti de Il Popolo della Li-
bertà hanno dimostrato di aver
completamente perso il treno giu-
sto per parlare a questa parte del-
l’Italia. Non sono credibili perché
quello che le piccole e medie im-
prese (e i loro impiegati) si aspet-
tano oggi non è l’ennesimo vertice
sulla legge elettorale o l’ultima pro-
posta di alleanza per gestire il pros-
simo parlamento. C’è un paese rea-
le fuori da Montecitorio che chiede
soluzioni concrete in grado di li-
berare le forze vive della nostra so-
cietà e di rimuovere una volta per
tutte le zavorre statali che ne fre-
nano lo sviluppo. A queste istanze
la politica romana risponde con fe-
ste di partito dal sapore antico o
sfilate di sedicenti big della politica
in grado di parlare per ore senza
dire nulla di concreto.
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di
SIMONE BRESSAN
C’è una variabile
che finora nessuno
dei principali segretari
di partito si è preso
la briga di considerare.
No, non si tratta
di Beppe Grillo
ma dell’annosa (quanto
irrisolta)“questione
settentrionale”
di
ARTURO DIACONALE
Come può una forza
politica che si propone
di rappresentare
una novità, pensare
di ottenere la fiducia
degli italiani lasciando
intendere che l’unico
futuro su cui possono
impegnarsi è fatto di
nostalgia e sacrifici?
«Spezzeremo le reni agli evasori»
K
Mario Monti come Benito Mus-
solini? Sembrerebbe di sì. E non si
tratta certo di basse insinuazioni circa
il rispettivo rapporto con la democrazia.
È solo che a entrambi sembrano pia-
cere un sacco le battaglie perse in par-
tenza. L’uomo di Predappio era
convinto di poter liquidare senza bat-
tere ciglio non solo la scalcagnatissima
Grecia, ma persino l’impero britannico
e la superpotenza industriale statuni-
tense. La storia racconta che finì diver-
samente. Il professore bocconiano sta
invece cercando di convincere gli ita-
liani che basti fare la voce grossa per
sradicare da un giorno all’altro l’eva-
sione fiscale.
Il problema è che le guerre si vincono
(o si perdono) in base al potenziale of-
fensivo che si è in grado (o non si è in
grado) di schierare. E se il premier è
convinto di curare il cancro dell’eva-
sione spremendo a più non posso il
contribuente e lasciando carta bianca
ad Equitalia nella sua caccia alle stre-
ghe, otterrà lo stesso risultato di chi
pensava di poter piegare la Perfida Al-
bione con sette milioni di baionette.